Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44986 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44986 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BADOLATO il 11/03/1981
avverso l’ordinanza del 20/06/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANZARO
Udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto
RITENUTO IN FATTO
NOME NOME è imputato davanti al Tribunale di Catanzaro per i reati di cui agli artt. 81, 44, comma 1, lett. a) d.P.R. n. 380 del 2001 e art. 181 in relazione all’art. 142, comma 1, lett. c) e g) d.lgs. n. 42 del 2004 nonché per i reati di cui agli artt. 624, 625, 734 cod. pen. per avere effettuato abusivamente estrazione di materiale inerte a ridosso delle sponde del torrente Vodà, in Badolato, dove veniva rintracciata una parete rocciosa scavata all’interno della quale gli operatori v p.g. dei Carabinieri della i(egione forestale rinvenivano un impianto per il trattamento di materiali inerti, nonché un sistema di grigliatura, carrelli, ponteggi predisposti per la selezione e il lavaggio del ricavato degli inerti e degli assorbimenti di ghiaia e sabbia, unitamente a un impianto idrico con pompa di aspirazione delle acque provenienti dal flusso naturale. Durante il sopralluogo del 27/1/2022 nella cava abusiva gli operatori di polizia giudiziaria appartenenti ai Carabinieri della regione forestale Calabria rintracciavano anche un mezzo meccanico escavatore ed un autocarro, regolarmente funzionanti e ubicati in zona paesaggistica ambientale senza alcun titolo autorizzativo e/o abilitativo, che venivano posti in sequestro.
NOME NOME impugna l’ordinanza n. 59 del 2024 / emessa dal Tribunale del riesame di Catanzaro in data 20/06/2024.con la quale, su ricorso del pubblico ministero, veniva riformata l’ordinanza di dissequestro emessa dal Tribunale monocratico di Catanzaro. Con un unico motivo di impugnazione il ricorrente lamenta l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge in riferimento all’art. 321 cod. proc. pen. ) considerando che il giudice monocratico di Catanzaro, dopo aver verificato l’insussistenza di un permanente nesso di strumentalità tra il bene in sequestro e la condotta in contestazione, aveva proceduto al dissequestro dell’autocarro e dell’escavatore. Invece ilTribunale del riesame di Catanzaro disponeva nuovamente il sequestro sui beni precisando la sussistenza del periculum in mora.
Tale ultimo provvedimento viene aggredito dal ricorrente perché non Precisa quali siano stati gli errori motivazionali commessi dal giudice del dissequestro, il quale invero ha ritenuto un rapporto soltanto occasionale tra i beni in sequestro e il reato contestato. La considerazione fondamentale sottoposta dal ricorrente a questa Corte di cassazione riguarda il fatto che il COGNOME, imprenditore sin dal 2004, solamente di recente è stato attenzionato per i reati contestati non avendo riportato in passato condanne per condotte legate alla propria attività lavorativa,e i in secondo luogo che il Caporale si trova tuttora detenuto per l’espiazione di una pena definitiva per reati di diversa natura, ulteriore elemento che attestava l’impossibilità per lo stesso di reiterare
la condotta illecita “in quanto l’attività lavorativa è in modo evidente da delegare ad un collaboratore da assumere”.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio, in linea con una consolidata giurisprudenza di legittimità, rileva innanzitutto che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Conf. Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008; COGNOME, Rv. 239692-01).
Nel caso dell’ordinanza impugnata si espone in modo esauriente e particolareggiato il periculum in mora e il fumus delicti per i fatti per cui si procede, sia in considerazione della sussistenza dell’idoneità astratta ad incidere sull’originario assetto del territorio sottoposto a vincolo paesaggistico in assenza o in difformità nel caso concreto di qualsiasi autorizzazione, sia in concreto per la possibilità tecnica e logistica che i mezzi in sequestro siano non solo funzionali ma addirittura necessari anche soltanto per il mero esercizio abusivo dell’attività di coltivazione della cava, finalizzata all’estrazione, al ti -asporto e alla cessione degli inerti.
A tal proposito, secondo i consolidati arresti di legittimità, “il sequestro preventivo c.d. impeditivo implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito e in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti” (così il precedente specifico di questa Corte sul medesimo contesto criminoso oggetto del provvedimento in esame Sez. 5, n. 20046, del 26/04/2023, PM c. Ierace, nonché Sez. 3, n. 40480 del 27/10/2010, Orlando, Rv. 248741-01; Sez. 4, n. 32964 del 01/07/2009, COGNOME, Rv. 244797-01; Sez. 3, n. 1806 del 04/11/2008, COGNOME, Rv. 242262-01; Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691-01; conf. tra le ultime Sez. 2, n. 26901 del 27/05/2022, COGNOME, n. m.). , /
Peraltro, con riguardo alla nozione di cosa pertinente al reato, di cui all’applicato comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen., la Corte di cassazione ha affermato che, ai fini dell’adozione della misura cautelare del sequestro Preventivo delle cose «pertinenti al reato» finalizzato a evitare la protrazione del reato, non è necessario accertare, a differenza di quanto richiesto per i sequestro ai fini di confisca, l’esistenza di un collegamento strutturale fra il be da sequestrare e il reato commesso, in quanto la “pertinenza” richiesta dal comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen. comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (Sez. 3, n. 9149 del 17/11/2015, dep. 2016, Plaka, Rv. 266454).
Come emerge (non soltanto a livello indiziario) dal contesto investigativo e in particolare da accertamenti di polizia giudiziaria (che i ricorrente non pone in dubbio), sussiste in particolare un periculum in mora che legittima il sequestro preventivo dei beni utilizzati e che potrebbero ulteriormente costituire idoneo strumento a reiterare il medesimo reato mediante l’escavazione e il trasporto degli inerti, da parte dell’imputato che Sebbene detenuto avrebbe comunque facoltà di disporne mediante atti giuridici efficaci per terze persone.
In relazione a tale evidente necessaria strumentalità dell’escavatore e dell’autocarro rispetto alla gestione e all’utilizzo di una cava abusiva e di tut l’impianto per l’estrazione di inerti, gli argomenti difensivi appaioienerici irrilevanti rispetto alla preciSazione, con cui l’ordinanza impugnata dà atto della gravità permanente della condotta in relazione al bene giuridico della tutela dell’assetto del territorio sottoposto a vincolo paesaggistico, dove l’imputato sarebbe intervenuto in assenza o in difformità di qualsiasi autorizzazione o abilitazione, nonché del rapporto funzionale dei beni in sequestro rispetto a tale abusiva attività.
La difesa considera che COGNOME svolge l’attività di imprenditore sin dal 2004 e come egli sia stato attenzionato per reati contestati soltanto in tempi più recenti, ma tale considerazione non ha alcun valore logico in relazione alla sussistenza e permanenza del nesso di funzionalità organizzativa, tecnica e logistica tra la disponibilità dei mezzi in sequestro e l’estrazione abusiva d inerti.
La considerazione offerta dalla difesa che l’imputato si trovi in stato di detenzione per l’espiazione di una pena definitiva per reati di diversa natura non elide il pericolo che l’imputato, rientrando nella disponibilità dei mezzi in sequestro possa mediante altri soggetti, anche per interposta persona, utilizzare gli stessi per reiterare il reato accertato o altri reati simili, com
resto anche la difesa, in un passaggio del ricorso, evidenzia laddove afferma che “l’attività lavorativa è in maniera evidente da delegare ad un collaboratore da assumere”.
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I motivi di ricorso, oltre che ‘superfiqiii rispetto all’evidente pertinenzialità dei beni rispetto ai reati contro la tutela del paesaggio, sono anche incongruenti rispetto al reato di furto aggravato degli inerti per cui si procede.
Il ricorso, pertanto, è inammissibile sia perché l’ordinanza impugnata espone in termini esaurienti, logici e congrui la sussistenza dei requisiti fondamentali del fumus delicti e del perículum in mora, sia per l’aspecificità dei motivi di ricorso proposti dalla difesa che non si confrontano con i vari punti dell’ordinanza ma sostanzialmente si limitano a una generica manifestazione di dissenso.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende. Il Collegio manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen. 21
Così deciso in Roma il 15 ottobre 2024
il Consigliere estensore