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Sequestro preventivo e lingua: la traduzione non è un diritto

Un imprenditore contesta un sequestro preventivo per frode fiscale, lamentando la mancata traduzione degli atti e prove ignorate. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, specificando che il diritto alla traduzione non è automatico per lo straniero, ma subordinato alla prova dell’incapacità di comprendere l’italiano. Il sequestro preventivo è confermato.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo e lingua: quando è dovuta la traduzione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8146 del 2024, torna su un tema delicato: i presupposti per l’applicazione di un sequestro preventivo e i diritti dell’indagato straniero. In particolare, la Corte chiarisce che il diritto alla traduzione degli atti processuali non è una conseguenza automatica dello status di straniero, ma richiede la prova concreta dell’incapacità di comprendere la lingua italiana. Questa pronuncia offre spunti fondamentali sui limiti del sindacato di legittimità in materia di misure cautelari reali.

I fatti del caso: imprenditore e fatture sospette

Il caso ha origine da un’indagine per reati fiscali a carico di un imprenditore di nazionalità straniera. Secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe utilizzato un sistema di fatture per operazioni inesistenti, emesse da società ‘cartiere’, al fine di evadere le imposte. A seguito di queste accuse, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Cagliari emetteva un decreto di sequestro preventivo sui beni dell’indagato.
L’imprenditore presentava richiesta di riesame, che veniva però rigettata. Decideva quindi di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi a tre principali motivi di doglianza.

I motivi del ricorso: traduzione, prove e periculum

La difesa dell’imputato ha costruito il ricorso su tre pilastri:

1. Violazione del diritto di difesa: Si lamentava la mancata traduzione in lingua madre (cinese) dell’informazione di garanzia e del decreto di sequestro, sostenendo che l’indagato non fosse in grado di comprendere la lingua italiana.
2. Vizio di motivazione sulle prove: La difesa sosteneva che il Tribunale non avesse adeguatamente considerato la documentazione prodotta (fatture, bonifici, registri contabili) che, a suo dire, dimostrava la realtà delle operazioni commerciali e il pagamento effettivo delle fatture contestate.
3. Insussistenza del ‘periculum in mora’: Veniva contestata la sussistenza di un concreto pericolo di dispersione del patrimonio, requisito necessario per il mantenimento del sequestro, evidenziando che l’attività d’impresa era proseguita regolarmente per anni senza irregolarità riscontrate.

La decisione della Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dalla difesa. La decisione si fonda su principi consolidati sia in materia di diritti linguistici nel processo penale sia sui limiti del giudizio di legittimità per le misure cautelari reali.

Il diritto alla traduzione non è un automatismo

Riguardo al primo motivo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il diritto all’assistenza di un interprete o alla traduzione degli atti non discende automaticamente dallo status di straniero. È necessario che l’incapacità di comprendere la lingua italiana sia accertata in concreto. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che tale incapacità non fosse provata. Anzi, diversi elementi deponevano in senso contrario: l’indagato operava come imprenditore in Italia da anni, aveva sottoscritto una procura notarile in italiano dichiarando di averne compreso il contenuto, aveva conferito mandato ai difensori in italiano e aveva persino inviato una email in lingua italiana alla Guardia di Finanza.

I limiti del giudizio di Cassazione sul sequestro preventivo

In merito al secondo e al terzo motivo, la Corte ha ricordato che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di sequestro preventivo è consentito solo per violazione di legge. Non è possibile, in sede di legittimità, rimettere in discussione l’analisi dei fatti o la valutazione delle prove compiuta dal giudice del riesame, a meno che la motivazione non sia totalmente assente o manifestamente illogica.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale di Cagliari fosse tutt’altro che apparente. Il giudice del riesame aveva correttamente evidenziato la presenza di solidi indizi di reato, basati sulla creazione di un impianto contabile fraudolento che si avvaleva di società non operative, prive di struttura e beni. La Corte ha specificato che la presenza di flussi finanziari a fronte delle fatture non esclude la falsità delle operazioni, essendo anzi una modalità tipica per la creazione di fondi neri. Anche il ‘periculum in mora’ è stato ritenuto motivato in modo congruo. Il Tribunale lo ha desunto dalla propensione dell’indagato a utilizzare espedienti per dissimulare la realtà economica, un comportamento che rivela una personalità non affidabile circa la conservazione del patrimonio a garanzia del Fisco. Di conseguenza, il pericolo di dispersione del denaro è stato considerato concreto e attuale.

Conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi. Primo, il diritto alla traduzione nel processo penale per un cittadino straniero non è assoluto, ma va valutato caso per caso, basandosi su elementi concreti che dimostrino la sua effettiva incapacità di comprendere l’italiano. Secondo, il ricorso in Cassazione contro un sequestro preventivo non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, ma deve limitarsi a censurare eventuali violazioni di legge o vizi radicali della motivazione. La decisione sottolinea come un impianto accusatorio basato su indizi solidi di un sistema fraudolento possa giustificare ampiamente il mantenimento di una misura cautelare reale, anche a fronte di prove difensive che, pur formalmente corrette (come i pagamenti), non riescono a scalfire la sostanza illecita dell’attività contestata.

Un indagato straniero ha sempre diritto alla traduzione degli atti processuali?
No, il diritto all’assistenza di un interprete e alla traduzione degli atti non discende automaticamente dallo status di straniero. Deve essere accertata in concreto l’incapacità di comprendere la lingua italiana. Se l’indagato dimostra con i suoi comportamenti (es. attività imprenditoriale pluriennale in Italia, sottoscrizione di atti in italiano) di comprendere la lingua, tale diritto può essere escluso.

Il pagamento delle fatture è sufficiente a dimostrare che le operazioni non sono fittizie ai fini del sequestro preventivo?
No. Secondo la Corte, la presenza di un flusso di pagamenti non esclude di per sé il carattere fittizio delle operazioni. Anzi, la contabilizzazione di fatture false accompagnate da dazioni di denaro è un meccanismo tipico utilizzato per la creazione di fondi neri.

In un ricorso per cassazione contro un sequestro preventivo, si possono contestare le valutazioni di merito del giudice?
No, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti o di fornire una diversa valutazione delle prove, a meno che la motivazione del provvedimento impugnato sia completamente mancante o manifestamente illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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