Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11200 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11200 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 14/02/2025
R.G.N. 42145/2024
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Patti il 24/06/1982, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza emessa in data 24/10/2024 dal Tribunale di Messina, sezione per il riesame
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con le quali il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni scritte del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Messina, sezione per il riesame, ha confermato il decreto emesso in data 4/10/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti che aveva disposto il sequestro preventivo c.d impeditivo in relazione al reato di cui all’art. 646 cod. pen. con riferimento a due vetture nella disponibilità di COGNOME NOME in virtø di contratto di leasing stipulato con la società Alphabet s.p.a. e non restituite, nonostante la risoluzione dello stesso per mancato pagamento dei canoni.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME tramite difensore fiduciario, proponendo i seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b e e), cod. proc. pen., violazione del divieto di ne bis in idem essendo pendenti presso la Procura della Repubblica del
Tribunale di Patti altri procedimenti penali aventi ad oggetto l’appropriazione indebita delle stesse vetture oggetto di sequestro, tra cui quello portante n. 3165/23 RGNR rispetto al quale il Pubblico ministero aveva depositato richiesta di archiviazione; si lamenta altresì la contraddittorietà ed illogicità della motivazione con la quale il collegio della cautela aveva disatteso tale doglianza proposta con la richiesta di riesame.
4.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) e e), cod. proc. pen, la violazione di legge in relazione agli artt. 309, comma 9, 322, 324 del codice di rito ed il vizio di motivazione.
Il Tribunale del riesame avrebbe omesso di motivare sulla doglianza difensiva con la quale si rappresentava la mancata trasmissione della richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura ablativa e degli atti di indagine contenuti nel fascicolo n. 1488/2024 RGNR (riunito al presente procedimento n. 1425/2024 RGNR), con particolare riferimento alla istanza di riesame proposta avverso il decreto di sequestro probatorio originariamente disposto sulle due vetture e ai motivi nuovi depositati nell’ambito di tale procedura con relativi allegati, atti di evidente rilevanza ai fini della decisione in quanto dimostrativi del regolare pagamento dei canoni di locazione.
4.3. Con il terzo motivo si deduce ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione di legge in relazione all’art. 646 cod. pen.
Il Tribunale del riesame ha configurato il fumus del reato di appropriazione indebita sulla scorta di un non meglio specificato prospetto da cui risulterebbe il mancato pagamento dei canoni di leasing per complessivi euro 6.631,00, rispetto al quale difetta la condizione di procedibilità in quanto l’atto di querela indica, invece, un insoluto (peraltro pagato) pari a euro 828,94.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile.
Come Ł noto, il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo (o probatorio) Ł ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv. 254893; Sez. 2, n.18952 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 2, n. 45739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608); non rientra, invece, nellanozione di violazione di legge – l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, Vespoli, Rv. 242916).
3.Tanto premesso Ł inammissibile il primo motivo di ricorso.
Quanto alla dedotta violazione del ‘ ne bis in idem ‘ processuale, si tratta di doglianza manifestamente infondata.
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi in tema di litispendenza che ha escluso poichØ, nel caso di specie, mancava l’imprescindibile presupposto della identità del fatto in quanto la documentazione allegata all’istanza di riesame non dimostrava la perfetta corrispondenza storico naturalistica della vicenda oggetto del presente procedimento e di quella relativa agli ulteriori procedimenti instaurati presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Patti a carico di COGNOME per il reato di appropriazione indebita (pag. 2 dell’ordinanza impugnata).
Valga altresì considerare che, anche ove sussistente l’ idem factum , lo stesso ricorrente aveva documentato nell’istanza di riesame come il parallelo procedimento n. 3165/23 RGNR non fosse
stato definito con pronuncia giurisdizionale, avendo il Pubblico ministerosemplicemente formulato richiesta di archiviazione. Anche sotto questo profilo, pertanto, non si configurava alcuna preclusione processuale al disposto sequestro preventivo.
L’ulteriore deduzione di contraddittorietà ed illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata Ł doglianza non consentita in questa sede.
4. Manifestamente infondato Ł anche il secondo motivo di ricorso.
Con l’istanza di riesame l’odierno ricorrente aveva invocato la declaratoria di inefficacia del decreto di sequestro preventivo per incompleta trasmissione degli atti al Tribunale, mancando la richiesta di sequestro preventivo, in forma integrale, avanzata dal Pubblico ministero, l’istanza di riesame avente ad oggetto il decreto di sequestro probatorio originariamente emesso in relazione alle due vetture, nonchØ i motivi aggiunti (con relativi allegati) depositati nel diverso procedimento n. 1488/2024 RGNR e poi confluiti nel presente procedimento.
Il collegio della cautela ha disatteso tale doglianza poichØ si trattava di documentazione non fondante il provvedimento oggetto della richiesta di riesame, così facendo corretta applicazione del principio affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità – che qui si ribadisce – secondo cui la caducazione del vincolo consegue soltanto alla mancata trasmissione al Tribunale del riesame, da parte del pubblico ministero, degli atti posti a base del provvedimento cautelare impugnato (Sez. 5, n. 19979 del 15/02/2024, Bakar, Rv. 286384; Sez. 3, n. 25632 del 29/01/2018, B., Rv. 273348; Sez. 5, n. 21205 del 03/03/2017, Guglielmo, Rv. 270050; Sez. 2, n. 20191 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 263522).
5. ¨, infine, manifestamente infondato anche il terzo motivo di ricorso.
Il Tribunale del riesame, in punto di fumus del reato di appropriazione indebita, dopo avere affermato la validità della querela sporta dalla società RAGIONE_SOCIALE, ha richiamato il prospetto agli atti da cui emergeva il mancato pagamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE, dei canoni di leasing per le due vetture sottoposte a vincolo dal novembre 2023 al settembre 2024, con conseguente complessiva esposizione debitoria di euro 6.631,51 e ha osservatoche la documentazione difensiva dimostrava l’esistenza di bonifici solo sino al 31 ottobre 2023 effettuati dall’indagato in favore della querelante a copertura di ratei pregressi a tale data e non regolarmente corrisposti; ha quindi evidenziato che COGNOME, seppure a conoscenza della intervenuta diffida ad adempiere, con contestuale risoluzione del contratto e richiesta di restituzione dei veicoli, aveva trattenuto tali beni, pur non avendone piø titolo.
Il collegio della cautela ha, dunque, rappresentato le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostravano indiziariamente la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale.
Va ricordato che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, per costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non deve tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa e, quindi, in un’anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, COGNOME, Rv. 215840).
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 14/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME COGNOME