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Sequestro preventivo e fallimento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari prevale sulla procedura fallimentare. La Curatela di una società fallita aveva impugnato un sequestro di oltre 267.000 euro, sostenendo che non potesse applicarsi ai beni del fallimento. La Corte ha respinto il ricorso, affermando che il Codice della crisi d’impresa sancisce la prevalenza delle misure cautelari reali. Inoltre, ha ribadito che la confisca di denaro, essendo un bene fungibile, è sempre diretta e non richiede la prova della provenienza illecita della specifica somma sequestrata.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo su Beni Fallimentari: La Prevalenza dello Stato sui Creditori

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, affronta un tema cruciale: il conflitto tra le esigenze della giustizia penale e la tutela dei creditori in una procedura fallimentare. La questione centrale riguarda la legittimità di un sequestro preventivo per reati tributari eseguito sui beni di una società già dichiarata fallita. La decisione chiarisce che le misure cautelari reali prevalgono sulla gestione fallimentare, segnando un punto fermo a favore dell’erario.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal ricorso presentato dalla Curatela fallimentare di una società di costruzioni. La Curatela si opponeva a un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Siena per un importo di 267.804,00 euro. Il sequestro era legato a presunte violazioni fiscali (art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000) commesse dalla società prima della dichiarazione di fallimento.

I motivi del ricorso della Curatela erano tre:
1. Il sequestro finalizzato alla confisca non può essere eseguito sui beni già appresi dalla massa fallimentare.
2. Il sequestro non può colpire beni acquisiti successivamente alla commissione del reato.
3. Mancava il cosiddetto periculum in mora, ovvero il rischio concreto che i beni potessero essere dispersi.

Il Tribunale del riesame aveva già rigettato la richiesta, spingendo la Curatela a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Curatela, ritenendolo infondato in ogni suo punto. Gli Ermellini hanno fornito una motivazione solida, basata sia sulla normativa recente che su principi consolidati della giurisprudenza, anche a Sezioni Unite. La sentenza stabilisce in modo inequivocabile la supremazia delle misure cautelari penali rispetto alle procedure concorsuali.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi fondamentali.

1. La Prevalenza delle Misure Cautelari Reali sul Fallimento

Il primo e più importante punto riguarda l’interpretazione dell’art. 317 del Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019). Questa norma, entrata in vigore prima del sequestro in questione, prevede esplicitamente la prevalenza delle misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, sulla gestione fallimentare. La Corte ha sottolineato che, anche prima dell’entrata in vigore formale della norma, questo principio era già applicabile in via interpretativa. Le Sezioni Unite (sent. n. 40797/2023) hanno infatti chiarito che l’avvio di una procedura fallimentare non impedisce né l’adozione né il mantenimento di un sequestro preventivo per reati tributari.

2. La Natura della Confisca di Denaro come Bene Fungibile

Il secondo motivo di ricorso, relativo all’impossibilità di sequestrare beni non direttamente collegati al reato, è stato respinto sulla base di un altro principio chiave stabilito dalle Sezioni Unite (sent. n. 42415/2021). Poiché il denaro è un bene fungibile, la confisca della somma che costituisce il profitto del reato è sempre considerata ‘diretta’, non ‘per equivalente’. Ciò significa che non è necessario dimostrare che le specifiche banconote o i fondi presenti sul conto corrente siano esattamente quelli derivanti dall’evasione fiscale. È sufficiente che nel patrimonio del reo sia presente una somma di denaro di valore corrispondente al profitto illecito. Di conseguenza, l’obiezione della Curatela sull’origine lecita dei fondi sequestrati è stata giudicata irrilevante.

3. Il Pericolo di Dispersione (Periculum in Mora) nel Fallimento

Infine, la Corte ha smontato la tesi della mancanza del periculum in mora. Secondo i giudici, il pericolo di dispersione delle somme è insito nella natura stessa della procedura fallimentare. L’obiettivo del fallimento è, infatti, liquidare l’attivo e distribuirlo tra i creditori. Questo processo, se non interrotto dal sequestro, frustrerebbe lo scopo della misura cautelare, che è proprio quello di assicurare che i beni, profitto del reato, siano disponibili per la futura confisca a favore dello Stato. La procedura di riparto tra i creditori rappresenta, quindi, essa stessa il pericolo che il sequestro mira a neutralizzare.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giuridico di grande importanza pratica. Stabilisce che le pretese dello Stato derivanti da reati tributari hanno la precedenza sui diritti dei creditori concorsuali. Per le curatele fallimentari, ciò significa che la presenza di procedimenti penali per reati fiscali a carico della società fallita rappresenta un ostacolo significativo alla liquidazione dell’attivo. Il sequestro preventivo può sottrarre risorse cruciali alla massa fallimentare, riducendo le somme disponibili per soddisfare i creditori. Questa decisione riafferma la funzione afflittiva e ripristinatoria della confisca penale, che mira a recuperare i profitti illeciti sottraendoli definitivamente alla disponibilità del reo, anche quando quest’ultimo sia un’entità giuridica soggetta a fallimento.

Una procedura di fallimento può bloccare un sequestro preventivo per reati tributari?
No. Secondo la Corte di Cassazione, basandosi sul Codice della crisi d’impresa e su precedenti sentenze delle Sezioni Unite, le misure cautelari reali come il sequestro preventivo prevalgono sulla gestione fallimentare. L’avvio del fallimento non impedisce l’adozione o il mantenimento del sequestro.

È possibile sequestrare denaro di una società se non si può provare che derivi direttamente dal reato fiscale commesso?
Sì. La Corte ha ribadito che il denaro è un bene fungibile. Pertanto, la confisca di una somma di denaro pari al profitto del reato è sempre considerata ‘diretta’. Non è necessario provare che le specifiche somme sequestrate siano le stesse ottenute illecitamente; è sufficiente che una somma equivalente si trovi nel patrimonio della società.

Perché la procedura di fallimento stessa è considerata un rischio che giustifica il sequestro preventivo?
Perché lo scopo della procedura fallimentare è liquidare i beni e distribuire il ricavato ai creditori. Questo processo, secondo la Corte, costituisce di per sé il ‘periculum in mora’ (pericolo di dispersione), in quanto renderebbe impossibile la futura confisca dei beni a favore dello Stato. Il sequestro serve a neutralizzare questo rischio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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