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Sequestro preventivo e fallimento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7439/2024, ha rigettato il ricorso del curatore di una società fallita che chiedeva il dissequestro di somme vincolate per reati tributari. Il caso analizza il conflitto tra sequestro preventivo e fallimento, stabilendo che la misura penale prevale sulla procedura concorsuale, indipendentemente dal fatto che il sequestro sia avvenuto prima o dopo la dichiarazione di fallimento. La decisione si fonda su un recente intervento delle Sezioni Unite, che ha sancito l’obbligatorietà della confisca del profitto dei reati fiscali, sacrificando l’interesse dei creditori privati a favore di quello erariale.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Fallimento: La Cassazione Sancisce la Prevalenza della Misura Penale

Il rapporto tra sequestro preventivo e fallimento rappresenta da tempo uno dei nodi più complessi e dibattuti del nostro ordinamento, ponendo in conflitto due esigenze fondamentali: da un lato, la necessità dello Stato di reprimere i reati e confiscarne i profitti; dall’altro, la tutela dei creditori che, in buona fede, vantano diritti sul patrimonio di un’impresa insolvente. Con la recente sentenza n. 7439 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su questo tema, consolidando un orientamento di netta prevalenza della misura penale sulla procedura concorsuale.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore energetico era stata oggetto di un sequestro preventivo su una somma di denaro, finalizzato alla confisca del profitto derivante da presunti reati tributari. Successivamente al sequestro, la società veniva dichiarata fallita. Il curatore del fallimento, agendo nell’interesse della massa dei creditori, presentava istanza per ottenere la revoca del sequestro e la restituzione delle somme, sostenendo che tali risorse dovessero essere destinate al soddisfacimento dei creditori concorsuali.

La richiesta veniva respinta sia dal Tribunale di primo grado sia, in sede di appello, dal Tribunale del riesame. Quest’ultimo, pur riconoscendo la legittimazione del curatore ad agire, aderiva all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il sequestro penale, se intervenuto prima della dichiarazione di fallimento, prevale sulla procedura concorsuale. Di conseguenza, il curatore proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte e il Principio di Prevalenza nel Sequestro Preventivo e Fallimento

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo infondato. La Corte ha basato la sua decisione su un principio di diritto recentemente cristallizzato da una pronuncia delle Sezioni Unite (Sentenza n. 40797/2023), che ha risolto il contrasto giurisprudenziale in materia.

Il principio cardine è il seguente: il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari prevale sempre sulla procedura fallimentare, indipendentemente dall’anteriorità o posteriorità del vincolo penale rispetto alla dichiarazione di fallimento. Cade, quindi, il criterio temporale che in passato aveva orientato molte decisioni.

Le Motivazioni: L’Obbligatorietà della Confisca e l’Interesse Pubblico

Le motivazioni della Corte si fondano su argomenti solidi e di sistema. In primo luogo, si sottolinea la natura obbligatoria della confisca prevista dall’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000 per i reati tributari. Tale obbligatorietà riflette un interesse pubblico primario: quello dello Stato a recuperare quanto illecitamente sottratto all’Erario e a ristabilire l’equilibrio economico alterato dal reato. Questo interesse viene considerato prevalente rispetto a quello, pur meritevole di tutela, dei creditori privati.

La Corte evidenzia come la linea scelta dal legislatore, specialmente con le recenti riforme (come il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), sia quella di allinearsi a una logica di prevalenza dello strumento penale. Il sequestro, in quest’ottica, non colpisce un patrimonio generico, ma il profitto specifico del reato, ovvero un’utilità economica che non sarebbe mai dovuta entrare nel patrimonio dell’impresa se questa avesse agito lecitamente. Di conseguenza, i beni sequestrati, pur rimanendo formalmente nella titolarità del fallito, non possono essere considerati parte dell’attivo su cui i creditori possono rivalersi.

In sostanza, la confisca opera come una sanzione con un effetto ripristinatorio, che giustifica il sacrificio delle pretese creditorie. La deroga prevista per il “terzo estraneo” al reato non può applicarsi né alla società, che è la beneficiaria diretta del profitto illecito, né, di conseguenza, alla massa dei suoi creditori, rappresentata dal curatore.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La pronuncia in esame ha implicazioni pratiche di notevole portata. Per i curatori fallimentari, si riducono drasticamente le possibilità di recuperare all’attivo fallimentare beni e somme di denaro che siano stati oggetto di sequestro per reati tributari. La prevalenza assoluta della misura penale significa che tali risorse sono destinate in via prioritaria allo Stato.

Per i creditori di imprese coinvolte in procedimenti penali per reati fiscali, il rischio di veder frustrate le proprie aspettative di recupero del credito aumenta considerevolmente. La sentenza conferma che il loro diritto cede il passo di fronte all’esigenza pubblicistica di sanzionare l’illecito tributario e recuperarne i proventi.

In definitiva, la Cassazione consolida un sistema in cui la lotta all’evasione fiscale e ai crimini economici assume una posizione di preminenza, anche a costo di incidere sui diritti patrimoniali dei soggetti terzi che hanno intrattenuto rapporti commerciali con l’impresa insolvente.

Un sequestro preventivo per reati tributari prevale su un fallimento dichiarato successivamente?
Sì. La sentenza afferma la prevalenza della misura cautelare penale indipendentemente dall’anteriorità o posteriorità del vincolo rispetto alla procedura concorsuale (oggi liquidazione giudiziale).

Qual è il principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite citate nella sentenza?
Le Sezioni Unite (sent. n. 40797/2023) hanno stabilito che l’avvio della procedura fallimentare non osta all’adozione o alla permanenza del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari. Il sequestro deve prevalere in virtù dell’obbligatorietà della confisca cui la misura è diretta.

I creditori di una società fallita possono rivalersi sui beni sequestrati per reati tributari commessi dalla società?
No. La sentenza chiarisce che l’obbligatorietà della confisca del profitto dei reati tributari comporta la prevalenza del vincolo penalistico sui diritti dei creditori. Tali beni, infatti, restano nella titolarità del fallito ma devono essere sottratti per essere confiscati, sacrificando così l’interesse dei creditori privati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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