Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7439 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7439 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, quale curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE. avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Santa Maria Capua Vetere in data 20/04/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO in sost. AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza il Tribunale cautelare di Santa Maria Capua Vetere ha respinto l’appello proposto dal curatore del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Napoli Nord aveva respinto la richiesta di dissequestro della somma di denaro oggetto di sequestro in danno della società fallita, nel procedimento penale nei confronti di COGNOME NOME NOME NOME, finalizzato alla confisca prevista dall’art. 12 bis d.lgs 1 marzo 2000, n. 74.
fallimento a chiedere la revoca del sequestro, ha argomentato che, nel caso di specie, il fallimento della società RAGIONE_SOCIALE era avvenuto in epoca posteriore all’apposizione del vincolo cautelare sui beni della persona giuridica da parte del GIP, sicchè non poteva trovare applicazione il più recente indirizzo giurisprudenziale secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 12 bis del d.Lvo n. 74 del 2000, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito attribuendo al curatore il compito di gestire tale il patrimonio al fine di evitarne depauperamento, con la conseguenza che in siffatte ipotesi potrebbe essere eseguito solo quello finalizzato alla confisca per equivalente sui beni dell’indagato e ha richiamato il pacifico indirizzo giurisprudenziale che ritiene prevalente il sequestro laddove quest’ultimo sia intervenuto prima della dichiarazione di fallimento della società. Ha poi aderito, pur dando atto che al momento della decisione era stata rimessa alle Sezioni Unite la soluzione del contrasto, all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto di un reato tributario può essere eseguito, ove questo sia stato commesso nell’interesse di una società dichiarata fallita, su beni societari compresi nell’attivo fallimentare, non potendosi attribuire alla dichiarazione del fallimento effetti preclusivi rispetto all’operatività della cautela reale. Sulla base di tali ragi ha respinto l’appello cautelare.
Propone ricorso per cassazione il curatore del fallimento, a mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 12 – bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e 321, comma 2, cod.proc.pen. Argomenta il ricorrente che, sebbene il fallimento della RAGIONE_SOCIALE fosse intervenuto successivamente all’apposizione del vincolo reale, non di meno, vi sarebbero ragioni confermative dell’esigenza di bilanciamento degli interessi che derivano dalla storica sentenza Focarelli. Peraltro, osserva il ricorrente, anche in una recente ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite (n. 7633/2023) la questione dei rapporti tra fallimento e sequestro penale posteriore alla dichiarazione di fallimento confermerebbe l’assunto difensivo. La questione centrale sarebbe, come anche evidenziato nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, a prescindere dall’anteriorità o posteriorità del sequestro, nell’appartenenza dei beni ad un soggetto estraneo al reato, da cui la necessità di affrontare la questione se il curatore sia o meno persona estranea al reato, se non si debba sempre ricorrere a criteri di bilanciamento di interessi e delle finalità perseguita con lo strumento penale e con la procedura concorsuale, se il denaro possa essere
sottoposto a vincolo in quanto res pericolosa o meno, da cui la necessità di prevalenza del sequestro penale. Infine, se è pur vero che la persona giuridica è la beneficiaria del profitto del reato, inteso quale risparmio di spesa, e se questo può essere sottoposto a sequestro nei confronti dell’ente dovendosi qualificare il sequestro di denaro quale sequestro in via diretta, va allora rilevato che chi agisce per la restituzione dei beni in caso di fallimento non è l’ente beneficiario del risparmio fiscale, ma la massa dei creditori concorsuali a mezzo dell’organo della procedura. Il giudice penale, richiesto di dissequestrare il denaro sottoposto a sequestro, nella prospettiva di bilanciamento di interessi, dovrebbe verificare nel caso concreto le ragioni del credito e la spettanza di questo, escludendo i casi nei quali la restituzione possa operare in favore del reo o di soggetti titolari di credit fittizi.
2.2. Con il secondo motivo chiede che venga sollevata questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 47 Cost, degli artt. 321 comma 2, cod.proc.pen. nonché dell’articolo 12 bis decreto legislativo 74 del 200 e 317 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (d.lgs n. 12 gennaio 2019 n. 14) nella parte in cui rinvia alla disciplina del decreto legislativo n. 159 del 2011. Il rinvio interpretativo alla disposizione del codice antimafia comporterebbe l’equiparazione del denaro che proviene dal circuito criminale, preso in considerazione dal decreto legislativo del 2011, al denaro che proviene da fattispecie criminose di tutt’altro genere. Il rinvio alle norme di tutela del terzo cui all’art. 52 del d.lgs n. 159 del 2011, fuori dalla procedura concorsuale, comporterebbe una equiparazione irragionevole in quanto il denaro dell’ente beneficiario dell’evasione fiscale sarebbe equiparato a quello conseguito dalla criminalità mafiosa, indipendentemente dall’effettiva esigenza di tutela della collettività che si rinviene, invece, nell’eliminare dal circuito economico il denaro della criminalità mafiosa. Il terzo, infatti, esercita i sensi dell’art. 52 del c decreto legislativo il suo diritto di credito a condizioni diverse dalla procedura concorsuale. La stessa nozione di buona fede di cui al codice antimafia sarebbe diversa rispetto alla nozione che si interpreta in NOME ambiti. Pertanto, sussisterebbe una manifesta violazione delle norme indicate in epigrafe con l’art. 3 e 47 della Costituzione giacché si regolerebbero allo stesso modo fattispecie tra loro intrinsecamente diverse con un ingiustificato sacrificio di tutela del credito correlato a posizione di creditori concorsuali che in buona fede hanno contrattato con l’imprenditore. La questione è altresì rilevante perché se decisa in senso invocato dalla difesa farebbe concludere per la non soccombenza della procedura concorsuale rispetto al sequestro penale fiscale, non potendosi equiparare l’evasione fiscale ai reati di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011 sulla base della natura del denaro profitto dell’illecito fiscale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La questione di diritto sollevata dal ricorrente, che era oggetto di questione devoluta alle Sezioni Unite, come ricorda lo stesso ricorrente, è stata risolta nel senso che l’avvio della procedura fallimentare non osta all’adozione o alla permanenza, ove già disposto, del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari (Sez. U, n. 40797 del 22/06/2023, Fallimento RAGIONE_SOCIALE, Rv. 285144 – 01).
La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite era stata formulata nei seguenti termini: “Se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l’avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell’apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta”.
Le Sezioni Unite erano chiamate a dirimere un contrasto interpretativo tra la tesi della prevalenza funzionale della misura ablatoria penale e quella diretta alla ricerca di una soluzione di compromesso tra la coesistenza dei vincoli in ragione del criterio della priorità temporale, ipotizzando una recessività della misura ablatoria nel caso in cui sia già stata dichiarata l’apertura della procedura fallimentare, che sarebbe ostativa alla applicazione della misura ablatoria, ed hanno affermato il principio di diritto sopra enunciato della prevalenza della misura cautelare indipendentemente dall’anteriorità o posteriorità della vincolo rispetto alla procedura concorsuale (oggi liquidazione giudiziale).
Le Sezioni Unite hanno ritenuto di aderire al primo degli orientamenti in contrasto affermando la prevalenza della misura cautelare del sequestro, a prescindere dal momento temporale in cui è avvenuto rispetto al fallimento, prevalenza ora espressamente affermata, attraverso il richiamo alle disposizioni del codice antimafia, sul vincolo derivante dalla procedura fallimentare. Da cui la conseguente affermazione che « Dunque, è possibile affermare che dalla data del 15 luglio 2022 (data di entrata in vigore della peculiare disciplina dettata dagli artt. 317 ss. del c.c.i.), vige una unitaria disciplina di carattere generale che regola i rapporti tra sequestro preventivo a fini di confisca e dichiarazione di liquidazione giudiziale, ovvero quella contenuta negli artt. 63 ss. d. Lgs n. 159 del 2011, anch’essi opportunamente rimodulati, con inequivocabile prevalenza dello strumento penale. La tutela dei crediti può assumere rilevanza, rispetto al sequestro penale, nei ristretti limiti indicati dall’art. 52 d.lgs. n. 159 del 201 anch’essi rivisitati, in base al richiamo contenuto nell’art. 68».
Per le Sezioni Unite, la linea scelta dal legislatore è quella di allinearsi alla tes della prevalenza della confisca sulle procedure concorsuali inaugurata con la sentenza Focarelli.
Il dato letterale dello stesso art.12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 conferma, dunque, secondo le Sezioni Unite, il principio della prevalenza della misura ablatoria penale: «nel caso di confisca diretta o per equivalente il sequestro opera “sempre” e dunque anche in caso di apertura delle procedure concorsuali, anteriore o successiva che sia al sequestro».
La natura del profitto in generale dei reati tributari, e, quindi, l’interesse dell’Erario al recupero di quanto evaso, dà luogo ad un interesse sanzionato penalmente con riflessi obbligatori sulla confisca, che giustifica dunque anche il sacrificio dei creditori “privati”. Applicabilità della confisca che trova il limite n deroga del “terzo estraneo” di cui al richiamato art. 12-bis, che giammai può essere l’ente persona giuridica che ha beneficiato del profitto del reato (S.U. Gubert) e persegue la necessità di evitare, sempre fatta salva tale deroga, la circolazione di beni provenienti da evasione.
Né il riconoscimento della legittimazione del curatore vale ad alterare l’assetto dei rapporti tra procedura fallimentare e sequestro penale, come chiariti dal legislatore, «dovendo ribadirsi – proseguono le citate Sezioni Unite – che la misura ablatoria reale, in virtù del suo carattere obbligatorio, da riconoscere sia alla confisca diretta che a quella per equivalente, è destinata sempre a prevalere su eventuali diritti di credito gravanti sul medesimo bene, prescindendo dal momento in cui intervenga la dichiarazione di fallimento, non potendosi attribuire alla procedura concorsuale che intervenga prima del sequestro effetti preclusivi rispetto all’operatività della cautela reale disposta nel rispetto dei requisiti di legge e ciò a maggior ragione nell’ottica della finalità evidentemente sanzionatoria perseguita dalla confisca espressamente prevista in tema di reati tributari, quale strumento volto a ristabilire l’equilibrio economico alterato dal reato».
Concludono, le citate Sezioni Unite, nel senso che l’obbligatorietà della confisca del profitto dei reati tributari comporta la prevalenza del vincolo penalistico rispetto ai diritti incidenti, per effetto della pendenza di una procedura concorsuale, sul patrimonio del soggetto sottoposto alla cautela reale, proprio perché i beni restano nella titolarità del fallito e non “passano” al curatore, essendo quindi necessario sottrarli al primo, non potendosi applicare la deroga del “terzo estraneo” di cui all’art. 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000.
Tirando le fila del discorso, quanto al caso concreto, i rapporti tra sequestro preventivo a fini di confisca obbligatoria, ex art. 12 bis d.lgs n. 74 del 2000, e la procedura fallimentare sono delineati dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite nei termini di prevalenza della misura cautelare reale sulla procedura concorsuale, in forza dell’applicazione del disposto normativo di cui all’art. 12 bis
cit. e, tenuto conto che il ricorrente non censura sotto NOME profili l’applicazion della misura cautelare, il ricorso va, pertanto, rigettato.
Va, invece, dichiarata non rilevante la questione di legittimità costituzionale come prospettata dal ricorrente tenuto conto che la dichiarazione di fallimento della società RAGIONE_SOCIALE è avvenuta nel gennaio 2022 e, dunque, in data antecedente al 15 luglio 2022, data di entrata in vigore del codice della crisi di impresa, sicchè non trova applicazione al caso concreto, secondo le indicazioni provenienti dalle citate Sezioni Unite, né la disciplina dettata dagli artt. 317 ss. del c.c.i. nè, in particolare, l’art. 52 del richiamato d.lgsn. 159 del 2022 che disciplina i diritti dei terzi.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso il 22/11/2023