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Sequestro preventivo e fallimento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, conformandosi a una pronuncia delle Sezioni Unite, ha stabilito la piena legittimità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari, anche quando i beni sono già confluiti nella massa attiva di un fallimento. Il ricorso del curatore fallimentare, che sosteneva l’inopponibilità della misura cautelare alla procedura concorsuale, è stato respinto. La Corte ha affermato che la procedura fallimentare non osta all’adozione o al mantenimento del sequestro.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Fallimento: I Crediti dello Stato Prevalgono?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza pratica: il complesso rapporto tra sequestro preventivo e fallimento. La decisione chiarisce se una misura cautelare penale, disposta per reati tributari, possa aggredire i beni di una società già dichiarata fallita, mettendo in discussione il principio della tutela dei creditori. La pronuncia si allinea a un fondamentale intervento delle Sezioni Unite, consolidando un orientamento di grande impatto per le procedure concorsuali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli. La misura riguardava i beni di una società a responsabilità limitata, ritenuti profitto di un reato tributario previsto dall’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000.

Il curatore del fallimento della società, nel frattempo intervenuto, proponeva ricorso contro il provvedimento. La sua tesi era netta: il sequestro non poteva essere applicato, poiché i beni erano già confluiti nella massa attiva del fallimento e, pertanto, destinati a soddisfare i creditori secondo le regole della procedura concorsuale. Sia il G.i.p. che, in sede di riesame, il Tribunale di Napoli respingevano questa tesi, confermando la misura cautelare.

La Questione Giuridica: Il Conflitto tra Sequestro Preventivo e Fallimento

La questione sottoposta alla Corte di Cassazione era se la procedura fallimentare, volta a tutelare la parità di trattamento dei creditori (la cosiddetta par condicio creditorum), costituisca un ostacolo insormontabile all’adozione o al mantenimento di un sequestro penale sui beni della società fallita. In altre parole, si trattava di stabilire quale interesse dovesse prevalere: quello dello Stato a confiscare i profitti derivanti da un reato o quello dei creditori a essere soddisfatti sui beni del debitore fallito.

Il procedimento in Cassazione era stato persino sospeso in attesa che le Sezioni Unite si pronunciassero su questo specifico e controverso punto di diritto.

La Decisione delle Sezioni Unite come Faro Interpretativo

Il nodo gordiano è stato sciolto da una pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 40797 del 2023), richiamata dalla sentenza in commento. Le Sezioni Unite hanno affermato con chiarezza un principio fondamentale: «l’avvio della procedura fallimentare non osta all’adozione o alla permanenza, ove già disposto, del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari».

Le Motivazioni della Cassazione

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, basandosi interamente sul principio stabilito dalle Sezioni Unite, ha dichiarato il ricorso del curatore infondato. La Corte ha spiegato che la questione sollevata dal ricorrente era stata risolta in senso contrario alle sue aspettative dal massimo organo nomofilattico.

La logica sottostante è che i beni costituenti il profitto di un reato non sono mai entrati legittimamente nel patrimonio della società. Di conseguenza, non possono essere considerati parte della massa fallimentare da distribuire ai creditori. La confisca, e il sequestro che la precede, ha una funzione ripristinatoria: serve a sottrarre alla disponibilità del reo (e della sua società) ciò che è stato acquisito illecitamente, ristabilendo l’ordine giuridico violato. Questo interesse pubblico prevale sulle pretese dei creditori del fallimento, che potranno rivalersi solo sul patrimonio legittimamente acquisito dall’impresa.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che rafforza gli strumenti di contrasto all’evasione fiscale e ai reati economici. Le implicazioni per le procedure fallimentari sono significative:
1. Prevalenza della Giustizia Penale: Le misure cautelari reali in ambito penale, come il sequestro finalizzato alla confisca, prevalgono sulle regole della procedura fallimentare.
2. Riduzione della Massa Attiva: I curatori fallimentari e i creditori devono essere consapevoli che i beni ritenuti profitto di reato possono essere sottratti alla massa attiva, riducendo le risorse disponibili per il soddisfacimento dei crediti.
3. Irrilevanza della Precedenza Cronologica: Non importa se la dichiarazione di fallimento preceda il provvedimento di sequestro; la misura penale può comunque essere disposta e mantenuta.

In conclusione, la decisione ribadisce che la tutela dell’ordine economico e la repressione dei reati tributari rappresentano un interesse superiore che giustifica il sacrificio delle aspettative dei creditori concorsuali.

Una società dichiarata fallita può subire un sequestro preventivo per reati tributari?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’avvio della procedura fallimentare non impedisce l’adozione o il mantenimento di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari.

Perché il sequestro penale prevale sulla procedura di fallimento in questo caso?
La sentenza si basa su un principio affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui i beni che costituiscono il profitto di un reato tributario non sono considerati parte legittima del patrimonio della società. Pertanto, la loro confisca da parte dello Stato ha la precedenza sulla distribuzione ai creditori del fallimento.

Qual era l’argomentazione principale del curatore fallimentare?
Il curatore sosteneva l’inopponibilità della misura cautelare (il sequestro) al fallimento, ritenendo che i beni, una volta entrati nella massa fallimentare, dovessero essere destinati esclusivamente al soddisfacimento dei creditori secondo le regole della procedura concorsuale. Questa tesi è stata respinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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