Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26480 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26480 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GELA il 23/07/2000
avverso l’ordinanza del 13/03/2025 del TRIBUNALE di AGRIGENTO, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 13 marzo 2025 il Tribunale di Agrigento, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, rigettava la richiesta di riesame proposta da ludici Gabriele avverso l’ordinanza emessa il 14 febbraio 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento con la quale era stato disposto nei confronti dello ludici il sequestro preventivo della somma di denaro di euro 13.150,00, in relazione al reato di cui all’art. 648-bis cod. pen., somma di denaro contante rinvenuta, a seguito di perquisizione, indosso al ricorrente e della quale lo stesso non aveva fornito giustificazione.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione ludici NOMECOGNOME per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando due motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva inosservanza dell’art. 321, comma 3-bis. cod. proc. pen., assumendo che il sequestro era stato eseguito “da chi non ha potere giuridico di disporlo”, essendo stato eseguito da agenti, e non da ufficiali di polizia giudiziaria, in particolare della Polizia Municipale.
Con il secondo motivo deduceva violazione degli artt. 125, 321 cod. proc. pen., 648-bis cod. pen., assumendo che era insussistente il fumus commissi delicti in relazione al contestato reato di riciclaggio e che il Tribunale non aveva reso motivazione al riguardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Al riguardo deve essere evidenziato che, come emerge dalla lettura del processo verbale di sequestro, la misura cautelare reale è stata eseguita da personale del Commissariato di P.S. di Licata, e non da agenti della Polizia Municipale, che peraltro l’art. 113 disp. att. cod. proc. pen. prevede che nei casi di necessità e urgenza gli atti previsti dagli artt. 352 e 354, commi 2 e 3, cod. proc. pen., possono essere compiuti anche dagli agenti di polizia giudiziaria, e che in ogni caso la misura cautelare reale è stata disposta con emissione da parte del Giudice per le indagini preliminari di un autonomo decreto di sequestro preventivo.
Del pari infondato è il secondo motivo.
Secondo l’orientamento del giudice di legittimità espresso da questa Sezione e condiviso da questo Collegio, in tema di sequestro preventivo, la sussistenza del “fumus” del delitto di ricettazione non può essere desunta, nel caso di rinvenimento di rilevanti somme di denaro o di preziosi della cui disponibilità non sia fornita giustificazione, dalle sole modalità di occultamento dei beni e dalla mancanza di redditi lecitamente prodotti, in assenza di elementi ulteriori, significativi della certa provenienza dei primi da un delitto presupposto (Sez. 2, n. 28587 del 03/07/2024, COGNOME, Rv. 286727 – 01; in motivazione, la Corte ha altresì precisato che costituivano indici ulteriori della provenienza delittuosa dei beni vincolati gli accertati contatti del detentore con esponenti della criminalità, il suo precedente coinvolgimento in fatti di reato produttivi di
profitto e il contestuale possesso di oggetti strumentali alla perpetrazione di altri reati).
Orbene, nel caso di specie il giudice della cautela ha congruamente evidenziato ulteriori elementi di fatto indicativi della provenienza delittuosa del
denaro, costituiti in particolare:
dal fatto che il ricorrente, alla vista degli agenti operanti, si era dato immediatamente alla fuga;
dal fatto che lo stesso, che era stato scarcerato da appena due mesi, non aveva fornito alcuna spiegazione in ordine alla disponibilità della detta elevata
somma di denaro;
dal fatto che la maggior parte delle banconote era raggruppata in una mazzetta con l’indicazione, attraverso apposita dicitura, dell’ammontare della
somma;
che il possesso di tale somma era incompatibile con le condizioni economiche del ricorrente, dipendente di una ditta di autonoleggio;
che il ricorrente aveva precedenti penali di rilievo e in una occasione era stato sorpreso in possesso di kg. 1,5, di hashish.
In ragione delle argomentazioni offerte dal giudice della cautela in relazione alla sussistenza del fumus commissi delicti, con particolare riferimento alla provenienza illecita del denaro contante in sequestro, deve pertanto ritenersi insussistente la denunciata violazione di legge.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere rigettato; i ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29/05/2025