Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44542 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44542 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 22/02/1981
avverso l’ordinanza del 04/06/2024 del Tribunale del riesame di Roma letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio; udite le conclusioni del difensore Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Roma ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso il 20 maggio 2024 dal GIP del medesimo Tribunale in relazione ai reati di cui agli artt. 648-bis cod. pen. e 73 d.P.R. 309 del 90, avente ad oggetto la somma di 2.330 euro, sequestrata probatoriamente d’iniziativa dalla P.G. nel corso di perquisizione domiciliare a carico dell’indagato.
Ne chiede l’annullamento per violazione dell’art. 321 cod. proc. pen., in particolare, per insussistenza del rapporto di pertinenzialità tra il denaro in sequestro e il reato nonché per omessa e illogica motivazione sul punto.
Premessa la ricostruzione dell’iter procedimentale, sfociato nell’emissione del decreto con il quale il GIP del Tribunale di Roma aveva accolto la richiesta di conversione del sequestro probatorio della somma di denaro rinvenuta in sede di perquisizione presso l’abitazione del ricorrente in sequestro preventivo in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 90, confermato in sede di riesame, il difensore censura il provvedimento per apparenza e incoerenza della motivazione nella parte in cui, da un lato, esclude l’esistenza del nesso pertinenziale tra denaro e reato e, dall’altro, conferma il sequestro ritenendo il denaro strumentale alla commissione di altri reati.
Precisa che il Tribunale ha parzialmente disatteso la valutazione del GIP, escludendo di poter qualificare il denaro come profitto del reato di detenzione di pochi grammi di sostanza stupefacente e ritenendo non motivate le ragioni dell’anticipazione degli effetti della confisca, ma ha confermato il sequestro ravvisandone la finalità impeditiva, in particolare, ritenendo le modalità di custodia del denaro indicative della probabilità di reimpiego in futuri acquisti di sostanza stupefacente.
L’ordinanza è illegittima per omessa motivazione su un elemento essenziale ovvero sul rapporto pertinenziale tra bene e reato, atteso che solo in presenza di tale presupposto e del concreto pericolo che la sua disponibilità possa aggravare le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati può disporsi il sequestro preventivo impeditivo, risultando altrimenti solo supposto il rischio cli agevolazione di commissione di altri reati.
Quanto al primo profilo il Tribunale ha escluso che il denaro fosse profitto o prodotto del reato ipotizzato consistente nella mera detenzione di sostanza stupefacente, escludendo anche il fumus del delitto di riciclaggio, ma ha ritenuto ravvisabile il pericolo di reimpiego in una nuova attività illecita solo in forza d congetture, legate al contenuto dei fogli manoscritti, dunque, con illogica valutazione e argomentando solo su uno dei presupposti del sequestro impeditivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
Il Tribunale ha in primo luogo ritenuto configurabile il fumus del reato di detenzione a fini di cessione, ricavabile dal rinvenimento in sede di perquisizione , presso l’abitazione del ricorrente, ivi detenuto agli arresti domiciliari con dispositivo di controllo elettronico, di 6,9 grammi di hashish suddivisi in due
involucri, occultati in luoghi diversi dell’abitazione, di quattro cellulari, di cui di provenienza olandese, verosimilmente criptato, dei quali il ricorrente non forniva i codici di sbocco, di sei fogli con annotazione di nomi e cifre, occultati dietro i quadri, e della somma di 2.330 euro, di cui 1000 euro su una mensola e 1330 in camera da letto.
A fronte di tale contesto, il Tribunale ha non illogicamente ritenuto nen giustificata la lecita provenienza del denaro, considerando irrilevante la dichiarazione della compagna del ricorrente circa la provenienza e la destinazione della somma alla organizzazione della prima comunione della figlia, non risultando la circostanza dimostrata in alcun modo né quanto all’epoca della consegna né quanto alla pregressa disponibilità da parte della donna, ritenendo, invece, compatibile la presenza del denaro con il contesto illecito scoperto.
Precisato, tuttavia, che il GIP aveva disposto il sequestro preventivo del denaro sia per impedirne l’impiego nella reiterazione del reato sia perché ritenuto confiscabile ai sensi dell’art. 73, comma 7-bis, d.P.R 309 del 90, il Tribunale ha escluso di poter qualificare il fatto di lieve entità, avuto riguardo allo stato di detenzione del ricorrente, alla disponibilità della somma di denaro, nonostante il mancato svolgimento di attività lavorativa, e all’annotazione di cifre importanti rilevabile dai fogli manoscritti; ha, altresì, escluso di pot qualificare il denaro come profitto del reato contestato di mera detenzione, ma ha confermato il sequestro per la ravvisata finalità impeditiva ovvero per la necessità di impedire il reimpiego del denaro nell’attività illecita, quindi, al fine d evitare la reiterazione del reato, atteso che il ricorrente, benché detenuto, aveva reiterato il reato, come si desumeva dai fogli occultati e dai conteggi annotati, dimostrativi dell’esistenza di una consistente clientela.
2. La motivazione è errata, atteso che l’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., richiede, per poter disporre il sequestro preventivo di una cosa pertinente al reato, che vi sia il pericolo che la sua libera disponibilità possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati, anche non della stessa specie di quello già consumato e per cui si procede (Sez, U, n. 14484 del 19/01/2012, COGNOME, Rv. 252029; Sez. 3, n. 42129 del 08/04/2019, M., Rv. 277173; Sez. 6, n. 56446 del 07/11/2018, Deodati, Rv. 274778). La finalità inibitoria presuppone, pertanto, l’indispensabile nesso ch pertinenzialità tra bene e reato per poterne sottrarre la disponibilità all’avente , diritto ed evitarne il reimpiego in altre attività illecite: nesso, correttamen escluso in relazione al reato di mera detenzione a fini di cessione, improduttivo di profitti illeciti.
E’, infatti, pacifico che in relazione al reato di illecita detenzione d sostanze stupefacenti non è consentita la confisca del denaro trovato in possesso
dell’indagato né ai sensi dell’art. 240 cod. pen., né ai sensi dell’art. 73, comma 7-bis, d.P.R. cit., applicabili, invece, all’ipotesi di cessione sostanza stupefacente, non sussistendo il necessario nesso tra il denaro oggetto di ablazione e il reato di mera detenzione (Sez. 4, n. 20130 del 19/04/2022, COGNOME, Rv. 283248).
Ne deriva che in relazione alla fattispecie di mera detenzione di sostanze stupefacenti a fini di cessione il denaro rinvenuto nella disponibilità dell’indagato può essere sottoposto a confisca solo nel caso in cui ricorrano le condizioni previste all’art. 240-bis cod. pen., applicabile in ragione del rinvio operato dall’art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, che, per effetto della modifica apportata dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, attualmente include anche la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 fra i delitt presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis cod. pen.: ipotesi questa non valutata nell’ordinanza impugnata benché indicata nella richiesta del P.m. e nel decreto di sequestro preventivo.
Per le ragioni esposte l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio con conseguente restituzione all’avente diritto della somma di denaro in sequestro.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la restituzione all’avente diritto della somma di denaro in sequestro.
Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso, 19 novembre 2024