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Sequestro preventivo demanio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un sindaco contro un sequestro preventivo demanio relativo a un locale nel porto. La difesa sosteneva la proprietà superficiaria del Comune, ma la Corte ha confermato la validità degli atti amministrativi che escludevano quel locale dalla concessione comunale, rendendo infondato il ricorso e confermando la sussistenza del ‘fumus commissi delicti’ per l’occupazione abusiva.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo demanio: quando gli atti amministrativi non impugnati decidono la controversia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un interessante caso di sequestro preventivo demanio, chiarendo i limiti del ricorso in sede di legittimità e il rapporto tra il giudice penale e gli atti amministrativi non impugnati. La vicenda riguarda il sindaco di un comune, indagato per il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale (art. 1161 del codice della navigazione), a seguito del sequestro di un piccolo locale situato sulla banchina di un porto. La decisione offre spunti fondamentali sulla ripartizione delle competenze e sull’importanza di contestare gli atti amministrativi nelle sedi opportune.

I fatti del caso

Il Tribunale del riesame aveva confermato un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP nei confronti del sindaco di un comune costiero. L’oggetto del provvedimento era un locale di 32 mq, parte di un più ampio edificio polifunzionale, situato su un’area del demanio marittimo. Secondo l’accusa, il sindaco, impedendo l’uso del locale da parte della Guardia Costiera, aveva commesso il reato di occupazione abusiva.

La difesa del sindaco ha presentato ricorso per cassazione, basando la propria argomentazione su un punto cruciale: il Comune sarebbe stato titolare della proprietà superficiaria dell’intero complesso immobiliare in virtù di una concessione demaniale regionale. Di conseguenza, non poteva sussistere il fumus commissi delicti, ovvero la parvenza di reato, poiché il Comune stava semplicemente esercitando un proprio diritto su un bene di sua pertinenza, e la Capitaneria di Porto non avrebbe avuto titolo per disporne.

Analisi del ricorso e il sequestro preventivo demanio

Il ricorrente ha sollevato tre motivi di doglianza, tutti incentrati sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione. In particolare, si contestava al Tribunale del riesame di non aver adeguatamente verificato la titolarità della proprietà superficiaria in capo al Comune, un elemento considerato decisivo. Inoltre, si lamentava la mancata disapplicazione degli atti amministrativi che avevano assegnato il locale alla Capitaneria di porto, ritenuti illegittimi.

Secondo la difesa, una concessione regionale del 2013, che destinava il locale alla Capitaneria, era da considerarsi invalida perché emessa in violazione di una precedente proroga che manteneva i diritti del Comune. Questi atti, se disapplicati dal giudice penale, avrebbero fatto cadere l’intero impianto accusatorio.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati. In primo luogo, ha ribadito un principio consolidato: il ricorso per cassazione avverso le misure cautelari reali, come il sequestro preventivo demanio, è consentito solo per ‘violazione di legge’. Tale violazione, per quanto riguarda la motivazione, sussiste solo quando questa sia totalmente assente o meramente apparente, non quando sia ritenuta semplicemente insufficiente o non condivisibile. Le censure del ricorrente, in realtà, miravano a una rivalutazione del merito dei fatti, preclusa in sede di legittimità.

Entrando nel merito della questione, la Corte ha smontato la tesi difensiva. Ha evidenziato che il provvedimento della Giunta regionale che aveva prorogato la concessione demaniale al Comune fino al 2020 conteneva un’eccezione esplicita: dalla proroga erano esclusi proprio i 32 mq in questione. Questo perché, precedentemente, la Capitaneria di Porto di Salerno aveva già emesso un provvedimento di autorizzazione all’uso diretto di quei locali. Entrambi i provvedimenti (quello regionale e quello della Capitaneria) non erano mai stati impugnati nelle sedi competenti (il T.A.R.) e, pertanto, i loro effetti si erano ‘stabilizzati’. Il giudice penale non ha il potere di ‘disapplicare’ un atto amministrativo che non sia stato contestato. Il suo compito, in questo contesto, è limitato a verificare la conformità della condotta al tipo di reato previsto dalla legge. Poiché esistevano atti amministrativi validi ed efficaci che sottraevano la disponibilità del locale al Comune per assegnarla alla Guardia Costiera, la condotta del sindaco di impedirne l’uso integrava, a livello di fumus, il reato contestato.

Le conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui il sindacato della Corte di Cassazione sulle misure cautelari reali è strettamente limitato alla violazione di legge. Soprattutto, essa ribadisce un principio fondamentale nel rapporto tra giurisdizione penale e amministrativa: gli atti amministrativi, se non tempestivamente impugnati davanti al giudice amministrativo, producono i loro effetti e non possono essere semplicemente ‘disapplicati’ dal giudice penale. Quest’ultimo deve prenderne atto per valutare la rilevanza penale della condotta. Per gli enti locali e i loro amministratori, la lezione è chiara: qualsiasi controversia sulla titolarità di beni o sulla legittimità di atti concessori deve essere risolta nelle sedi appropriate, poiché l’inerzia può avere conseguenze dirette e significative anche in ambito penale.

Perché il ricorso del sindaco contro il sequestro è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché in materia di misure cautelari reali, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge. La Corte ha ritenuto che le censure del ricorrente mirassero a una nuova valutazione dei fatti e criticassero un’insufficienza di motivazione, profili non ammessi in sede di legittimità, e che i motivi fossero comunque manifestamente infondati.

Il giudice penale può disapplicare un atto amministrativo ritenuto illegittimo?
No. Secondo la sentenza, il giudice penale non ha il potere di disapplicare un atto amministrativo, specialmente se non è stato impugnato nelle sedi competenti. Il suo ruolo è limitato a verificare la conformità della condotta concreta alla norma penale, prendendo atto degli effetti prodotti dagli atti amministrativi divenuti stabili.

Il Comune era effettivamente titolare del locale sequestrato?
No. Sebbene il Comune avesse una concessione demaniale sull’area, il provvedimento regionale di proroga di tale concessione aveva esplicitamente escluso i 32 mq in questione. Questo perché un precedente provvedimento della Capitaneria di Porto ne aveva già autorizzato l’uso diretto. Poiché tali atti non sono mai stati annullati, il Comune non aveva il diritto di disporre del locale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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