LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo crediti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che il sequestro preventivo di crediti d’imposta, derivanti da bonus edilizi e ritenuti di provenienza illecita, è legittimo anche se i crediti non possiedono un codice identificativo univoco. La Corte ha chiarito che l’assenza di tale codice non rende i crediti beni fungibili come il denaro, e pertanto possono essere oggetto di sequestro preventivo anche se detenuti da un terzo acquirente in buona fede. La misura cautelare è giustificata dalla necessità di impedire la circolazione del bene e la protrazione delle conseguenze del reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo di Crediti Fiscali: Anche Senza Codice Unico

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità: il sequestro preventivo di crediti d’imposta derivanti da bonus edilizi, ceduti a terzi prima dell’introduzione del codice identificativo univoco. La decisione chiarisce un punto fondamentale: l’assenza di un codice di tracciamento non trasforma i crediti in beni fungibili come il denaro, e non li rende immuni da misure cautelari.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un’indagine su presunte frodi legate al cosiddetto “bonus facciate”. Una società edile avrebbe generato crediti d’imposta fittizi, basati su lavori mai realizzati o con corrispettivi “gonfiati”, per poi cederli a un’altra società. Quest’ultima, acquirente in buona fede, si è vista sottoporre a sequestro i crediti presenti nel proprio cassetto fiscale.

In un primo momento, il Tribunale del riesame aveva annullato il sequestro. La motivazione si basava sull’idea che, una volta entrati nel cassetto fiscale della società acquirente, i crediti si fossero “confusi” con altri della stessa natura. Poiché all’epoca della cessione (settembre 2021) non esisteva un codice per tracciare ogni singolo credito, il Tribunale ha ritenuto impossibile distinguere quelli leciti da quelli illeciti. Di conseguenza, ha riqualificato la misura da sequestro preventivo a sequestro per equivalente, non applicabile nei confronti di un terzo in buona fede.

Il Ricorso in Cassazione e il Principio di Diritto

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la decisione, sostenendo che il ragionamento del Tribunale fosse errato e pericoloso. Considerare i crediti d’imposta come beni fungibili solo perché privi di un codice avrebbe creato un paradosso: i crediti illeciti ceduti prima del 1° maggio 2022 (data di introduzione del codice) avrebbero potuto circolare liberamente, a differenza di quelli successivi.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando un principio di diritto cruciale per il contrasto alle frodi fiscali.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha smontato la tesi del Tribunale del riesame, chiarendo diversi aspetti.

Innanzitutto, l’assenza di un codice identificativo non muta la natura del credito d’imposta. Non si tratta di una massa indistinta di denaro, ma di un bene che possiede una propria individualità, riconducibile all’origine (in questo caso, i lavori edili presso specifici condomini). Il decreto di sequestro originario, infatti, individuava in modo specifico i crediti oggetto di indagine, rendendoli tutt’altro che “confusi”.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che la misura applicata era correttamente un sequestro preventivo e non per equivalente. Lo scopo del sequestro preventivo (detto anche “impeditivo”) è quello di bloccare la res, ovvero la cosa pertinente al reato, per evitare che la sua libera disponibilità possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito. In questo caso, il pericolo era che la società acquirente potesse utilizzare i crediti in compensazione o cederli a sua volta, perpetuando gli effetti della frode iniziale.

Infine, e questo è il punto più rilevante, la Cassazione ha ricordato che il sequestro preventivo può legittimamente colpire anche beni di proprietà di un terzo in buona fede. Il presupposto della misura non è il coinvolgimento del proprietario del bene nell’illecito, ma il legame oggettivo tra il bene stesso e il reato. La necessità di interrompere la catena dell’illegalità prevale sulla posizione soggettiva del detentore.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha chiuso una potenziale falla nel sistema di contrasto alle frodi sui bonus edilizi. Viene stabilito che i crediti d’imposta, anche se privi di un codice di tracciamento, non sono assimilabili al denaro e mantengono una loro identità. Di conseguenza, possono essere oggetto di sequestro preventivo per impedire la loro circolazione, anche quando si trovano nel cassetto fiscale di un acquirente in buona fede ed estraneo al reato. La priorità è neutralizzare gli effetti dell’illecito, bloccando alla fonte i beni che ne derivano.

Un credito d’imposta senza codice identificativo è considerato un bene fungibile come il denaro?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’assenza di un codice identificativo non trasforma il credito d’imposta in un bene fungibile. Esso mantiene una propria individualità, legata alla sua origine, che lo rende rintracciabile e quindi sequestrabile.

È possibile disporre un sequestro preventivo su crediti fiscali detenuti da un terzo acquirente in buona fede?
Sì. Secondo la sentenza, il sequestro preventivo ha lo scopo di bloccare la circolazione di un bene derivante da reato. Può essere legittimamente applicato anche a beni di proprietà di un terzo estraneo all’illecito e in buona fede, se la libera disponibilità di tali beni può aggravare o protrarre le conseguenze del reato.

Qual è la differenza tra sequestro preventivo e sequestro per equivalente in questo caso?
Il sequestro preventivo si applica direttamente sul bene specifico che costituisce il corpo del reato o è pertinente al reato (i crediti fraudolenti). Il sequestro per equivalente si applica su altri beni di valore corrispondente quando il profitto diretto del reato non è reperibile. La Corte ha chiarito che in questo caso si trattava di sequestro preventivo, perché i crediti illeciti erano stati specificamente individuati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati