Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2503 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2503 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Incarnato NOME n. a Napoli il 20/3/1971
avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma in data 19/6/2024
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione della Cons. NOME COGNOME
udita la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che h concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha illustrato i motivi, chiedend l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Roma, Sezione per il riesame dei provvedimenti in materia di sequestri, accoglieva l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento del Gip di Roma che, in data 16/4/2024, aveva revocato il decreto
di sequestro preventivo disposto nei confronti di COGNOME NOME per il delitto d autoriclaggio continuato e per l’effetto ripristinava la misura reale in relazione alla somma euro 1.860.500,00.
Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME deducendo:
2.1 la violazione dell’art. 322bis cod.proc.pen. in relazione all’affermata ammissibili dell’appello del P.M. sebbene l’impugnazione difettasse di specificità in relazione alla puntual motivazione rassegnata dal Gip a fondamento del provvedimento di dissequestro. Secondo il ricorrente il P.M. si è limitato a sostenere che l’emissione del decreto che dispone il giudiz preclude la proponibilità di questioni in ordine al fumus e che la pronunzia di non luogo a procedere per il reato di appropriazione indebita non incide sulla configurabilità dei delitt riciclaggio e autoriciclaggio. In particolare, l’appellante non si è confrontato con i d espressi dal Gip in ordine alla sussistenza della qualifica di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE del ricorrente nonché circa la ricorrenza del dolo di distrazione, profili apprezzamento non gli era precluso, trattandosi del medesimo giudice che aveva emesso il decreto che dispone il giudizio oltre ad avere emesso e poi revocato la misura cautelare reale. Ritiene, pertanto, il difensore che l’ordinanza censurata ha erroneamente ritenuto ammissibile l’appello proposto, in realtà privo dei requisiti richiesti dal punto di vista strutt strumentale dal sistema delle impugnazioni;
2.2 la violazione dell’art. 321, comma 2, cod.proc.pen. per avere l’ordinanza impugnata affermato la preclusione con riguardo alla rilevabilità del fumus del reato. Secondo il difensore la valutazione del Tribunale cautelare si pone in contrasto con un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 6, n. 2181/2021) secondo cui il giudice è tenuto all verifica del fumus anche in caso di sopravvenuto rinvio a giudizio dell’interessato laddove, come nel caso di specie, il provvedimento ablativo originario sia stato revocato e motivato dal medesimo giudice che ha disposto il rinvio a giudizio, atto che ha presupposti diversi e meno stringenti rispetto a quelli che giustificano un sequestro preventivo.
Dopo aver richiamato gli elementi strutturali indispensabili all’integrazione del fattispecie di autoriciclaggio, il ricorrente ne sostiene l’insussistenza nel caso a giudiz lamenta che sul punto il Tribunale ha omesso la dovuta motivazione. Inoltre, l’ordinanza impugnata ha travisato le argomentazioni proposte dalla difesa secondo cui la circostanza che il medesimo giudice avesse emesso tutte le misure cautelari personali e reali costituisce elemento di riscontro alla legittimità della revoca e alla possibilità di rivalutazione del fumus;
2.3 la violazione dell’art. 321 cod.proc.pen. per avere l’ordinanza impugnata affermato la sussistenza del periculum con travisamento del quadro indiziati() su punti decisivi della
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contro
versia; la mancanza di motivazione sulla idoneità, proporzionalità ed adeguatezza del sequestro.
Secondo il difensore la motivazione spesa dal Tribunale cautelare sul periculum è solo apparente poiché ha omesso di considerare quanto affermato dal Gip in ordine alla capacità dell’imputato di far fronte al pagamento delle somme oggetto di confisca in caso di condanna ed ha valorizzato l’ipotesi astratta di possibili prelevamenti e trasferimenti del den nonostante i sequestri eseguiti siano risultati tutti positivi, non avendo l’Incarnato post essere alcuna condotta al fine di eludere i provvedimenti giudiziari, di talché le esigenz impeditive ravvisate dai giudici della cautela risultano indefinite e prive di concretezza. Inol risulta del tutta omessa la valutazione circa l’incidenza sulla proporzionalità della misura del restituzione alla società della somma di un milione e duecentomila euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è manifestamente infondato. L’ordinanza impugnata (pag. 2) ha rigettato l’eccezione difensiva di genericità ed aspecificità dell’impugnazione proposta dal P.m evidenziando che l’argomento addotto ed inerente l’improponibilità della questione relativa alla sussistenza del fumus del reato per effetto del disposto rinvio a giudizio in relazione all’addebito di autoriciclaggio costituisce” specifica replica” al provvedimento di dissequest del Gip nella parte in cui aveva ritenuto rilevanti le “perplessità” sulla consistenza indizi del reato presupposto.
A tanto deve aggiungersi che nella specie l’onere di specificità è stato assolto attraverso la denunzia dell’inosservanza di una preclusione processuale, ovvero di una questio iuris che si pone a monte e risulta assorbente rispetto alle valutazioni di merito svolte n provvedimento di revoca del Gip sulle quali il ricorrente ha ritenuto di parametrare l genericità dell’impugnazione (Sez. 1, n. 20272 del 16/06/2020, Rv. 279369 – 01).
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimità ritiene con orientamento costante che, in tema di riesame (ma il principio è pacificamente estensibile all’appello) del provvedimento che dispone il sequestro preventivo, l’emissione del decreto di rinvio a giudizio o del decreto che dispone il giudizio immediato preclude la proponibilità della questione relativa alla sussistenza del “fumus commissi delicti”, essendovi, in tali casi, una preventiva verifica giurisdizionale sulla consistenza del fondamento dell’accusa (tra molte, Sez. 3, n. 35715 del 17/09/2020, Rv. 280694-03; Sez. 2, n. 52255 del 28/10/2016, Rv. 268733 – 01; Sez. 3, n. 44639 del 29/09/2015).
Pertanto, il decreto di rinvio a giudizio spiega efficacia preclusiva alla rivalutazione presupposto probatorio della misura cautelare reale in quanto la valutazione di merito eseguita dal giudice dell’udienza preliminare è tale da assorbire l’apprezzamento compiuto in sede incidentale sulla sussistenza del fumus ai fini dell’applicazione della stessa.
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Si tratta di principio, connesso e discendente da quello logico di non contraddizione, insuscettibile di deroghe in ragione dell’identità dell’organo che procede alla valutazion cautelare, sicché non può darsi ingresso ai rilievi difensivi che segnalano la particola pregnanza della valutazione effettuata dal Gip in sede di dissequestro, trattandosi del medesimo giudice che aveva emesso le misure, persone e reali, relative ai fatti a giudizio.
2.1 Né la preclusione in questione è messa in dubbio dalla sentenza n. 2181 del 08/10/2020, dep. 2021, Rv. 280587-01, evocata dalla difesa, avente ad oggetto una peculiare ipotesi di annullamento con rinvio in relazione alla necessità di verifica del “fumu commissi delicti”, in cui la Corte ha statuito che il giudice è tenuto a valutare la ricorrenz tale requisito anche in caso di sopravvenuto rinvio a giudizio del soggetto interessato, allorquando la regola di giudizio fissata dalla sentenza di annullamento imponga una valutazione del “fumus” diversa e più stringente rispetto a quella giustificativa del rinvi giudizio. La difesa non considera che in simili evenienze il soprarichiamato principio di valenza generale deve essere coniugato con i vincoli discendenti dall’art. 627, comma 3, cod.proc.pen.
2.2 Ad ogni buon conto l’ordinanza impugnata (pag. 2 e segg.) ha fornito congrua risposta alle censure difensive anche nel merito, con particolare riguardo alla sussistenza del fumus del reato di appropriazione indebita presupposto. In particolare ha escluso qualsiasi decisiva rilevanza del ruolo di amministratore di fatto in ipotesi ricoperto dall’Incarnato in seno RAGIONE_SOCIALE, ha ripercorso le emergenze che attestano la sussistenza dell’illecito, richiamando in dettaglio le operazioni effettuate dall’imputato a seguito del trasferimento da parte di RAGIONE_SOCIALE mediante due bonifici, della somma complessiva di due milioni di euro sul conto corrente del prevenuto; ha ampiamente confutato la tesi difensiva che sosteneva che i predetti versamenti costituissero mera restituzione del controvalore di merce consegnata alla società per consentirle di superare il deficit di liquidità che l’affliggeva. Ha, quindi, osservato, in di fumus del delitto di autoriciclaggio, l’assoluta irrilevanza della tracciabilità dei trasferi da CAMI all’Incarnato come pure delle successive operazioni di impiego e trasferimento del capitale in attività economiche e finanziarie, in piena aderenza al costante avviso della giurisprudenza di legittimità.
Analogamente destituite di pregio risultano le censure in punto di periculum in mora, avendo il collegio cautelare ampiamente argomentato la necessità di anticipare gli effetti dell’ablazione in relazione al profitto del delitto ex art. 648ter.1 cod.pen., segnalando particolare, con riguardo all’attualità e concretezza dell’esigenza, che il ricorrente è tut titolare delle società utilizzate per il reimpiego della provvista illecita, parte della quale è trasferita in attività finanziare di carattere familiare, circostanze che concorrono, unitamen alle modalità delle condotte a giudizio, a fondare il rischio della dispersione od occultamento delle somme. In siffatta valutazione di tipo prognostico il Collegio ha fatto corret
applicazione dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la conc motivazione richiesta a sostegno del “periculum in mora” può attingere sia a elementi oggettivi, relativi alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa beni oggetto del vincolo, sia a elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’imputat che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi debbano necessariamente concorrere (Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022. Rv. 283769-01). Pertanto l’onere di motivazione in relazione al periculum può ritenersi assolto allorché, come nella specie, il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe esser modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021 Ellade, Rv. 281848 – 01).
3.1 Risultano, inoltre, inammissibili i generici rilievi in punto di proporzionalità misura, avendo l’ordinanza impugnata, a pag. 5, evidenziato che” non risponde a verità che l’indagato abbia rimesso nelle casse della CAMI la somma di 1,3 milioni di euro” con conseguente ricostruzione dei movimenti pertinenti al solo versamento della somma di euro 400mila a titolo di futuro aumento di capitale e della provenienza della relativa provvist affermazione con la quale la difesa non si rapporta in termini puntuali allorché lamenta difetto di adeguatezza per eccesso della misura.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.28 Reg Esec. cod.proc.pen.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2024
COGNOME La Presidente
La Consigliera estensore