LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo: conti esteri e rischio di fuga

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un sequestro preventivo di oltre 550.000 euro per reati tributari. La Corte ha ritenuto che l’uso di conti correnti esteri e società straniere costituisse un valido indizio del rischio di dispersione del profitto illecito (periculum in mora), giustificando la misura cautelare, nonostante la presenza di un patrimonio immobiliare.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando i Conti Esteri Giustificano il Rischio di Dispersione

Il sequestro preventivo è uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’autorità giudiziaria, specialmente in materia di reati tributari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito come la presenza di conti correnti e società all’estero possa costituire un elemento decisivo per dimostrare il ‘periculum in mora’, ovvero il rischio che il profitto del reato venga disperso prima di una condanna definitiva. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Un imprenditore, titolare di una ditta individuale operante nel settore del lusso, si è visto notificare un decreto di sequestro preventivo per un importo di oltre 550.000 euro. L’accusa era quella di frode fiscale, legata a dichiarazioni fraudolente per l’anno d’imposta 2022. L’imprenditore ha impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, sostenendo che non sussistesse un reale pericolo di dispersione dei suoi beni, dato che possedeva un cospicuo patrimonio immobiliare, in parte ereditato. Il Tribunale ha respinto la sua richiesta, confermando il sequestro. Contro questa decisione, l’imprenditore ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la legittimità del sequestro. La decisione si fonda su argomentazioni precise che meritano un’analisi approfondita, in particolare per quanto riguarda la valutazione del rischio di dispersione del patrimonio e la natura giuridica della ditta individuale.

L’Analisi del ‘Periculum in Mora’ e l’Uso di Conti Esteri

Il punto centrale della difesa era che la solidità del patrimonio immobiliare dell’indagato fosse una garanzia sufficiente contro il rischio di dispersione. La Cassazione, tuttavia, ha sposato la linea del Tribunale, valorizzando altri elementi ritenuti più significativi. Gli inquirenti avevano infatti accertato che l’imprenditore era titolare di numerosi conti correnti esteri (in Belgio e Spagna) e si avvaleva di società straniere per la commercializzazione dei suoi prodotti di lusso.

Secondo i giudici, questo modus operandi non era casuale, ma strumentale a garantire la messa in sicurezza del profitto illecito derivante dall’evasione fiscale. L’utilizzo di canali finanziari esteri è stato interpretato come un indice concreto della capacità e dell’intento dell’indagato di ‘disperdere’ i beni, rendendo così necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo tramite il sequestro preventivo. In sostanza, la propensione a operare all’estero ha pesato più della stabilità del patrimonio immobiliare nazionale.

Ditta Individuale e Sequestro Diretto: Nessuna Separazione Patrimoniale

Un altro motivo di ricorso riguardava la modalità di esecuzione del sequestro. L’imprenditore sosteneva che la misura avrebbe dovuto colpire prima i conti della ditta individuale e solo in subordine, per equivalente, i suoi beni personali. La Corte ha respinto anche questa censura come manifestamente infondata. Ha ricordato un principio fondamentale del diritto commerciale: nella ditta individuale, non esiste una separazione giuridica e patrimoniale tra l’impresa e l’imprenditore. I due soggetti si identificano. Di conseguenza, il decreto di sequestro ha correttamente disposto l’aggressione diretta dei beni dell’indagato, in quanto titolare dell’attività, senza necessità di una distinzione formale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ribadito che il suo sindacato sui provvedimenti cautelari reali è limitato alla violazione di legge e non può entrare nel merito della valutazione del giudice, a meno che la motivazione non sia del tutto assente o meramente apparente. In questo caso, il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione logica e congrua, basata su elementi fattuali precisi (i conti esteri, l’uso di società straniere) per giustificare la sussistenza del ‘periculum in mora’.

Inoltre, la Corte ha specificato che il principio, affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui la confisca in caso di concorso di persone nel reato si applica solo alla quota di profitto conseguita da ciascuno, non era pertinente. Nel caso di specie, non vi era un’ipotesi di reato concorsuale, ma un reato contestato unicamente all’imprenditore quale titolare e firmatario della dichiarazione fiscale della sua ditta individuale.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre un importante monito per imprenditori e professionisti. Dimostra che, ai fini di un sequestro preventivo, la presenza di un solido patrimonio immobiliare può non essere sufficiente a scongiurare la misura cautelare se, al contempo, emergono condotte indicative di un intento dispersivo. L’utilizzo sistematico di conti e società estere, anche se formalmente lecito, può essere interpretato dall’autorità giudiziaria come un forte indizio del rischio di occultamento dei proventi di un reato. La decisione conferma inoltre che, per le ditte individuali, non vi è alcuno scudo patrimoniale tra l’attività d’impresa e la sfera personale dell’imprenditore.

La presenza di un patrimonio immobiliare è sufficiente a escludere il rischio di dispersione in un sequestro preventivo?
No. Secondo la sentenza, la presenza di un patrimonio immobiliare non è un elemento decisivo se coesistono altri indici che dimostrano una capacità e un intento di disperdere i beni, come la titolarità di numerosi conti correnti e società all’estero utilizzati per l’attività d’impresa.

Perché il sequestro è stato applicato direttamente sui beni dell’imprenditore e non prima su quelli della ditta individuale?
Perché in una ditta individuale non esiste una separazione giuridica tra il patrimonio dell’impresa e quello personale dell’imprenditore. L’imprenditore e la ditta sono un soggetto unico, pertanto il sequestro può essere legittimamente disposto in via diretta sui beni della persona fisica titolare dell’attività.

L’utilizzo di conti correnti esteri giustifica da solo un sequestro preventivo?
La sentenza suggerisce che l’utilizzo di conti esteri, se collegato alla necessità di assicurare il profitto di un presunto reato tributario commesso in Italia, costituisce un concreto pericolo di dispersione e può quindi essere un elemento fondamentale per giustificare la motivazione di un sequestro preventivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati