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Sequestro preventivo: Cassazione annulla riesame

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva revocato un sequestro preventivo per oltre 1,3 milioni di euro. Il caso riguarda una presunta frode fiscale tramite l’uso di fatture per operazioni inesistenti, mascherando una somministrazione illecita di manodopera. La Cassazione ha ritenuto la motivazione del Riesame ‘apparente’, in quanto non ha adeguatamente considerato gli indizi presentati dall’accusa, limitandosi a valorizzare gli elementi difensivi. La sentenza ribadisce i limiti del giudizio di riesame in materia di misure cautelari reali.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Frode Fiscale: la Cassazione traccia i limiti del Riesame

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha riaffermato i principi cardine in materia di sequestro preventivo, annullando con rinvio un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva revocato una misura cautelare per oltre 1,3 milioni di euro. La decisione è di fondamentale importanza perché chiarisce i limiti del sindacato del giudice del riesame e il concetto di ‘motivazione apparente’, specialmente in complessi casi di reati tributari.

I Fatti di Causa: un presunto schema di frode IVA

Il caso trae origine da un’indagine della Procura della Repubblica che ipotizzava un reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. Secondo l’accusa, una società operante nel settore della logistica (utilizzatrice) si avvaleva delle prestazioni di un’altra società (emittente) che, pur emettendo regolari fatture per servizi di facchinaggio, fungeva in realtà da mero schermo.

L’ipotesi accusatoria era che la società emittente fosse stata creata al solo scopo di mascherare una somministrazione di manodopera, eludendo così i vincoli normativi sui contratti a tempo determinato. In sostanza, le prestazioni lavorative fatturate non sarebbero state realmente fornite dalla società emittente, ma da lavoratori di fatto diretti e organizzati dalle imprese clienti della società utilizzatrice. Questo schema avrebbe permesso a quest’ultima di detrarre indebitamente l’IVA, configurando il reato contestato. Il Giudice per le Indagini Preliminari, accogliendo la tesi della Procura, aveva disposto il sequestro preventivo delle disponibilità finanziarie della società fino a concorrenza dell’imposta evasa.

La Decisione del Tribunale del Riesame

Contro il decreto di sequestro, la difesa degli indagati proponeva istanza di riesame. Il Tribunale del Riesame accoglieva l’istanza e annullava il provvedimento, revocando il sequestro. Secondo il Tribunale, non sussisteva il fumus boni iuris del reato contestato. I giudici del riesame avevano ritenuto le prestazioni reali e non fittizie, valorizzando elementi come la reale fornitura dei servizi di facchinaggio, la determinazione dei corrispettivi secondo criteri tariffari di settore e l’effettivo versamento dell’IVA da parte di tutte le società coinvolte. In pratica, il Riesame aveva concluso per l’inesistenza, a livello indiziario, sia oggettiva che soggettiva delle operazioni contestate.

Il ruolo del sequestro preventivo nel giudizio di Cassazione

La Procura della Repubblica ricorreva per Cassazione, lamentando una violazione di legge sotto il profilo della ‘motivazione apparente’. Secondo il ricorrente, il Tribunale del Riesame aveva omesso di confrontarsi con gli elementi indiziari cruciali posti a fondamento del sequestro, come le dichiarazioni dei lavoratori, la documentazione contabile ed extra-contabile e le email scambiate, che indicavano una gestione fittizia del rapporto di appalto. Il Riesame si sarebbe limitato a recepire acriticamente le argomentazioni difensive, senza spiegare perché queste fossero in grado di neutralizzare completamente il quadro indiziario accusatorio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della Procura, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito che il giudizio del riesame su un sequestro preventivo non può trasformarsi in un’anticipata valutazione del merito dell’accusa. Il suo compito è verificare la sussistenza del fumus commissi delicti, ovvero la configurabilità astratta del reato in base agli elementi disponibili, senza pretendere di raggiungere la piena prova.

La Corte ha censurato la decisione impugnata qualificandola come affetta da ‘motivazione apparente’. Il Tribunale del Riesame, pur dando atto delle produzioni difensive, non ha spiegato in che modo queste riuscissero a ‘escludere in radice la sussistenza indiziaria dei reati’. In altre parole, non basta contrapporre un indizio di segno contrario a quello accusatorio per far venir meno il fumus; è necessario che l’elemento difensivo privi l’indizio d’accusa di ogni sua potenziale valenza.

Inoltre, la Cassazione ha sottolineato come l’effettivo pagamento dell’IVA non sia, di per sé, un argomento decisivo per escludere il reato. La questione, infatti, non è l’astratta detraibilità dell’imposta, ma il modo in cui questa specifica vicenda si inserisce in un quadro indiziario più ampio di fraudolenza, che può incidere sulla valutazione del dolo specifico di evasione. La mancanza di un’analisi critica complessiva di tutti gli elementi, sia a carico che a favore, ha reso la motivazione del Riesame inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito, configurando una violazione di legge.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza e rinviato gli atti al Tribunale di Treviso per un nuovo giudizio, che dovrà attenersi ai principi enunciati. La pronuncia ribadisce un punto cruciale della procedura penale: il riesame delle misure cautelari reali deve mantenersi entro i confini di un giudizio di delibazione sommaria, finalizzato a verificare la sostenibilità dell’impostazione accusatoria. Un’analisi che ignori elementi decisivi dell’accusa o che si trasformi in un processo nel processo, anticipando il giudizio di merito, si traduce in una violazione di legge che ne determina l’annullamento.

Qual è il compito del Tribunale del Riesame quando valuta un sequestro preventivo?
Il giudice del riesame non deve accertare la fondatezza dell’accusa, ma deve valutare in modo puntuale e coerente le risultanze processuali per verificare se l’impostazione accusatoria sia sostenibile e se esista un quadro indiziario (‘fumus commissi delicti’) che renda plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato.

Quando la motivazione di un’ordinanza è considerata ‘apparente’?
La motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo materialmente presente, dissimula la totale mancanza di un vero esame critico degli elementi di fatto e di diritto. Questo accade se non risponde ai requisiti minimi di coerenza e completezza, non confrontandosi con punti decisivi e non rendendo comprensibile l’iter logico seguito dal giudice.

L’effettivo pagamento dell’IVA da parte delle società coinvolte è sufficiente a escludere il reato di dichiarazione fraudolenta?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in fase cautelare, l’effettivo pagamento dell’IVA non è un argomento di per sé decisivo per neutralizzare gli indizi del reato. La valutazione deve considerare il complesso quadro indiziario, inclusi i rapporti tra le società e l’eventuale sussistenza del dolo specifico di evasione, che può essere escluso solo se la sua mancanza emerge ‘ictu oculi’, cioè in modo evidente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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