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Sequestro preventivo bancarotta: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un sequestro preventivo disposto nei confronti di una società per un reato di bancarotta distrattiva. Il ricorso dell’amministratore, che lamentava la mancanza del ‘periculum in mora’ a seguito di un accordo transattivo, è stato respinto. La Corte ha ritenuto il pericolo ancora attuale a causa di un ingente debito tributario e del ‘modus operandi’ dell’indagato, sottolineando che il sequestro preventivo per bancarotta è necessario per impedire l’aggravamento delle conseguenze del reato e la commissione di nuovi illeciti.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Bancarotta: Quando un Accordo non Basta

La recente sentenza n. 46994/2024 della Corte di Cassazione offre un’analisi dettagliata sui presupposti del sequestro preventivo per bancarotta, chiarendo perché un accordo transattivo con la curatela fallimentare non sempre esclude il pericolo che giustifica la misura cautelare. Il caso esaminato riguarda un’operazione di svuotamento aziendale che ha portato al fallimento di una società e al conseguente sequestro della nuova entità beneficiaria delle distrazioni. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere la logica dietro le misure cautelari reali e la loro funzione non solo risarcitoria, ma anche preventiva.

I Fatti del Caso: Svuotamento Aziendale e un Debito Milionario

I fatti alla base della decisione riguardano l’amministratore di una società, indagato per bancarotta distrattiva. Secondo l’accusa, l’amministratore aveva sistematicamente svuotato una prima società, poi fallita, trasferendone i beni e l’avviamento a una seconda società, da lui stesso controllata. Questa operazione aveva lasciato la prima società priva di capacità operativa e con un’esposizione debitoria verso l’Erario di oltre 14 milioni di euro.

Il Tribunale di Nola aveva disposto il sequestro preventivo dell’intero complesso aziendale della seconda società per impedire la dispersione di ulteriori beni. L’amministratore aveva impugnato il provvedimento, sostenendo che un accordo transattivo da 300.000 euro, raggiunto con la curatela fallimentare della società fallita, avesse sanato la situazione, facendo venir meno il cosiddetto periculum in mora.

La Decisione del Giudice d’Appello e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice d’appello, aveva rigettato il gravame, confermando il sequestro. Contro questa decisione, l’amministratore ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Violazione di legge per motivazione apparente sull’attualità del periculum in mora: Il ricorrente sosteneva che, dopo l’accordo transattivo, non esisteva più un pericolo concreto e attuale che giustificasse il mantenimento del sequestro.
2. Violazione di legge per motivazione apparente sul fumus commissi delicti: Il ricorrente contestava la sussistenza degli indizi di reato, affermando che il giudice non avesse adeguatamente considerato la proporzionalità tra il valore dei beni sequestrati e l’oggetto delle presunte condotte distrattive.

Le motivazioni della Cassazione: Analisi del sequestro preventivo per bancarotta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Le motivazioni della Corte forniscono chiarimenti cruciali sulla natura e la funzione del sequestro preventivo per bancarotta.

La Legittimazione dell’Amministratore a Impugnare

In via preliminare, la Corte ha disatteso l’eccezione del Procuratore Generale sulla presunta mancanza di legittimazione dell’amministratore a impugnare. Anche se la società è sotto sequestro e gestita da un amministratore giudiziario, quest’ultimo agisce come mero custode dei beni. L’amministratore originario conserva il suo ruolo di legale rappresentante e, pertanto, il diritto di impugnare i provvedimenti che riguardano la società.

Sulla Sussistenza del Periculum in Mora

Il cuore della decisione riguarda la valutazione del periculum in mora. La Corte ha stabilito che l’accordo transattivo con la curatela fallimentare, pur essendo rilevante, non era sufficiente a eliminare il pericolo. La ragione principale risiede nell’enorme debito tributario di oltre 14 milioni di euro, rimasto insoddisfatto. Il sequestro era quindi ancora necessario per garantire le pretese creditorie dello Stato, impedendo che i beni venissero ulteriormente dispersi.

Inoltre, la Corte ha valorizzato il modus operandi dell’indagato, caratterizzato da operazioni contabili fittizie e da uno svuotamento progressivo della società fallita. Questo comportamento è stato considerato un indicatore della concreta possibilità che l’indagato potesse compiere ulteriori reati della stessa specie, giustificando il mantenimento del sequestro per finalità preventive.

Il Fumus Commissi Delicti e la Proporzionalità della Misura

La Corte ha confermato la sussistenza del fumus commissi delicti, ovvero degli indizi di colpevolezza. La condotta di svuotamento del patrimonio aziendale, trasferendo clientela, attrezzature e rimanenze a una nuova società, integra pienamente il reato di bancarotta distrattiva.

Per quanto riguarda la presunta sproporzione della misura, la Cassazione ha ritenuto la doglianza del ricorrente generica. Non era stato fornito alcun elemento concreto per dimostrare che il valore dei beni sequestrati fosse eccessivo rispetto al danno causato, che comprendeva non solo le pretese della massa dei creditori ma anche l’ingente debito fiscale.

Le conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di reati fallimentari e misure cautelari:

1. Duplice Funzione del Sequestro: Il sequestro preventivo per bancarotta non serve solo a garantire il soddisfacimento dei creditori, ma anche a impedire la prosecuzione dell’attività criminosa e la commissione di nuovi reati.
2. Irrilevanza di Accordi Parziali: Un accordo transattivo con alcuni creditori (in questo caso la curatela) non esclude automaticamente il periculum in mora se permangono altre e significative esposizioni debitorie, come quelle verso l’Erario.
3. Valutazione del Modus Operandi: Il comportamento passato dell’indagato è un elemento cruciale per valutare l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione del reato.

Un accordo transattivo con la curatela fallimentare fa venir meno la necessità del sequestro preventivo?
No, non necessariamente. Come chiarito dalla Corte, se permangono altre significative passività, come un ingente debito tributario, il pericolo di pregiudicare le ragioni creditorie dello Stato può giustificare il mantenimento del sequestro.

L’amministratore di una società sotto sequestro giudiziario può impugnare il provvedimento?
Sì. La Corte ha ribadito che l’amministratore giudiziario nominato a seguito di un sequestro preventivo ha un ruolo di mero custode dei beni. L’amministratore della società conserva la qualifica di legale rappresentante e, di conseguenza, la legittimazione a impugnare il provvedimento di sequestro.

Per configurare il reato di bancarotta distrattiva è necessario che la distrazione sia la causa diretta del fallimento?
No. La Corte ha ricordato che, per l’integrazione del reato di bancarotta, è sufficiente che la condotta distrattiva abbia causato una diminuzione del patrimonio a danno dei creditori e che il dissesto e il fallimento siano effettivamente intervenuti, anche se la condotta non ne è stata la causa diretta e immediata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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