Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1526 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1526 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a APRILIA il 01/02/1961
avverso l’ordinanza del 08/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott. ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso udito l’avvocato COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del giorno 8 settembre 2023 il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME quale terza interessata, e ha, pertanto, confermato il decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto le targhe e i documenti di circolazione, tra l’altro, dell’autovettura Smart Forfour, targata TARGA_VEICOLO, intestata alla COGNOME e al figlio.
La misura ablativa è stata disposta, per quanto qui rileva, nell’ambito di un’indagine condotta nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione: a) al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2 d.lgs. n. 74 del 2000, per avere utilizzato, il primo quale amministratore di fatto, la seconda quale amministratrice di diritto della RAGIONE_SOCIALE, fatture per operazioni soggettivamente inesistenti allo scopo di evadere VIVA negli anni dal 2018, 2019 e 2020 (capi 1, 2 e 3); b) al reato di cui agli artt. 81, 110, 48 e 476 cod. pen. (capo 17), per avere prodotto alla Motorizzazione civile una pluralità di false dichiarazioni attestanti che il veicolo, di volta in volta importato, da immatricolare – e che, in realtà, era stato acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE era stato invece acquistato da un privato direttamente dal concessionario straniero, in tal modo inducendo in errore i funzionari della Motorizzazione, che avevano rilasciato falsi provvedimenti di immatricolazione, pur in assenza delle condizioni legittimanti e, in particolare, del necessario pagamento dell’IVA.
In sede di riesame la COGNOME aveva dedotto: a) che ella e il figlio avevano personalmente individuato su un sito il veicolo di interesse e lo avevano direttamente acquistato da una società tedesca, avvalendosi della RAGIONE_SOCIALE come mera mandataria all’acquisto; b) che la COGNOME aveva personalmente sottoscritto la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà necessaria per istruire la pratica di nazionalizzazione e che il precedente proprietario, secondo quanto risultava dal libretto del veicolo, era un soggetto privato; c) che, pertanto, essi acquirenti non erano obbligati verso il Fisco, trattandosi di acquisto esente dal pagamento dell’IVA, ai sensi dell’art. 36 d.l. 41 del 1995.
Il Tribunale ha rilevato: a) che non risultavano documentati i presupposti dell’esenzione dall’obbligo e la situazione di buona fede della COGNOME al momento dell’acquisto; b) che non emergeva dalla documentazione allegata alla richiesta di riesame che il veicolo fosse stato acquistato in Germania da un acquirente privato, risultando piuttosto che l’ultima proprietaria fosse una società di diritto tedesco; c) che l’allegato n. 8, destinato a riprodurre, secondo la richiesta di riesame, una copia del libretto di circolazione tedesco del veicolo, era
scarsamente leggibile e comunque non era tradotto in italiano; d) che la nomina della RAGIONE_SOCIALE a mandataria per l’acquisto era irrilevante posto che si trattava di atto inquadrabile nello schema operativo della prima, grazie al quale l’autovettura di provenienza comunitaria – acquistata dal cliente presso la sede della stessa RAGIONE_SOCIALE – veniva fatta figurare come acquistata dal privato direttamente dalla concessionaria comunitaria, mediante la presentazione presso gli uffici della Motorizzazione civile di una falsa fattura di acquisto emessa dalla società estera nei confronti dell’acquirente privato e di una dichiarazione sostitutiva proveniente da quest’ultimo; e) che l’essere la RAGIONE_SOCIALE la prima acquirente italiana del veicolo era confermato dal fatto che il pagamento del prezzo in favore della società tedesca era stato operato dalla stessa RAGIONE_SOCIALE prima di ricevere il corrispettivo dalla COGNOME e che la consegna del veicolo era avvenuta presso la sede della prima; f) che, ancora, sulla dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata dalla COGNOME alla Motorizzazione era stato lasciato in bianco il campo dedicato all’indicazione del nome e della nazionalità dell’emittente della fattura di vendita del veicolo che era stata rilasciata, al fine di occultare la reale provenienza dell’autovettura.
4. Nell’interesse della COGNOME è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico, articolato motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con il quale si denunciano vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando: a) la non decisività del fatto che la diretta dante causa della COGNOME fosse una società, poiché, ai fini dell’applicazione del cd. «regime del margine» di cui all’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con I. n. 85 del 1995, non rileva che l’ultimo proprietario comunitario, ossia il venditore, sia un privato, essendo sufficiente che uno qualsiasi dei precedenti intestatari del veicolo da immatricolare in Italia sia stato un cittadino comunitario non soggetto IVA; b) che, secondo i giudici comunitari, in presenza di una fattura riportante sia l’indicazione del regime del margine che dell’esenzione IVA, non può essere disconosciuta, in favore dell’acquirente l’applicazione del citato regime, anche quando sia emerso che il fornitore Ue non aveva applicato tale regime; c) che requisito fondamentale per l’applicazione dello stesso è che l’autoveicolo abbia percorso almeno 6.000 km e che la cessione sia posteriore di almeno sei mesi alla prima immatricolazione; d) che, nel caso di specie, risultava pacificamente la sussistenza di tutti i requisiti necessari, come comprovato dalla documentazione prodotta dalla difesa e comunque presente nel fascicolo, in quanto acquisita nel corso delle indagini preliminari; e) che la correttezza dell’operazione era stata verificata dagli organi di controllo; f) che nella richiesta di riesame non era stato dedotto il venditore fosse un privato, ma solo che un precedente proprietario
fosse un privato, come si desumeva dall’allegato n. 8 alla richiesta di riesame; g) che, sotto altro profilo, direttamente concernente la situazione di buona fede della COGNOME, non emergevano elementi dimostrativi della consapevolezza in quest’ultima dei meccanismi fraudolenti utilizzati da soggetti a lei estranei (l’COGNOME) per eludere l’assolvimento dell’imposta; h) che, in ogni caso, anche a voler ritenere che la reale importatrice del veicolo fosse la RAGIONE_SOCIALE e non la COGNOME, la circostanza non avrebbe avuto alcun rilievo ai fini dell’applicazione del regime fiscale del quale s’è detto.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, dott. ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
All’udienza del 20 dicembre 2023 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per assenza di specificità delle deduzioni.
In tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l’inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l’indagato (Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700 – 0).
Ora, nel caso di specie, la deduzione della propria buona fede si correla, nella prospettazione difensiva della COGNOME, al rilievo che ella avrebbe acquistato direttamente da una società tedesca il veicolo, con l’ausilio della RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria.
Al riguardo, si osserva, tuttavia, innanzi tutto, che la razionale ricostruzione dei giudici di merito, fondata su una pluralità di convergenti argomenti sopra riassunti, non è investita di motivi specifici di ricorso concernenti l’unitaria valutazione espressa, se non per quanto concerne un cenno finale relativo alla sostanziale irrilevanza della questione, dal momento che, in ogni caso, sarebbe applicabile il regime fiscale invocato.
Per semplicità argomentativa, anche muovendo da siffatta premessa, si rileva che la dimostrazione dell’esistenza di un precedente proprietario privato, nella sequenza dei titolari dell’autovettura, secondo il brano della richiesta di
riesame riprodotta in ricorso, sarebbe affidato all’allegato n. 8, ossia ad un documento che, secondo il provvedimento impugnato, risultava non solo scarsamente leggibile, ma neppure tradotto.
In altri termini, il Tribunale ha ritenuto di non poter trarre da tale documento alcun indizio ricostruttivo.
Il ricorrente, senza censurare siffatta considerazione, allega al ricorso degli atti tradotti, il cui ingresso è precluso nel giudizio di legittimità. Quest’ultimo, infatti, anche nella materia cautelare, non ammette la produzione di prove nuove, posto che in esso possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che gli stessi non costituiscano “prova nuova” e non comportino un’attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito (Sez. 2, n. 42052 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277609 – 01; di recente, v. Sez. 3, n. 209 del 17/09/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281047 – 0).
Del tutto generico è poi il cenno alla pacifica sussistenza dei restanti requisiti alla luce della non altrimenti specificata documentazione prodotta dalla difesa e comunque esistente nel fascicolo.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20/12/2023