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Sequestro preventivo: annullato per vizio di motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato un sequestro preventivo di oltre 76.000 euro a carico di una società. Il provvedimento iniziale mancava completamente della motivazione sul ‘periculum in mora’, ovvero il rischio di dispersione dei beni. La Corte ha stabilito che il Tribunale del riesame non può integrare una motivazione assente, poiché ciò costituirebbe una violazione dei principi procedurali. La misura cautelare è stata quindi annullata per un vizio insanabile nell’atto originale.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: La Motivazione Assente Non si Può ‘Riparare’

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8664/2024) riafferma un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: un sequestro preventivo è nullo se il provvedimento originario manca della motivazione sul periculum in mora, e tale vizio non può essere sanato in un secondo momento dal Tribunale del riesame. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del potere del giudice della revisione e l’importanza dei requisiti formali degli atti giudiziari.

I Fatti del Caso: Un Credito d’Imposta Sotto Accusa

Una società a responsabilità limitata si era vista applicare un sequestro preventivo per una somma di oltre 76.000 euro. Tale importo era considerato il profitto di un reato tributario: l’indebita compensazione di debiti fiscali con un credito d’imposta ritenuto inesistente. Secondo l’accusa, la società aveva ottenuto il credito attraverso documentazione che attestava falsamente l’avvenuta formazione del personale nel settore delle tecnologie 4.0, un requisito previsto dalla normativa per accedere a tale beneficio.

Il Ricorso e i Motivi di Doglianza

La società ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del riesame, che aveva confermato il sequestro. Tra i vari motivi di ricorso, due erano di natura procedurale e due di merito sulla motivazione.

La questione della responsabilità dell’ente

In primo luogo, la difesa lamentava che la società fosse stata definita ‘indagata’ senza che le fosse stata formalmente contestata la responsabilità amministrativa ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Su questo punto, la Cassazione ha dato torto alla ricorrente, chiarendo che la società era stata attinta dal sequestro non come ente responsabile del reato, ma come soggetto terzo che ne aveva beneficiato, e quindi il sequestro diretto del profitto era legittimo.

Il vizio di motivazione sul ‘periculum in mora’

Il punto cruciale del ricorso, e quello che si è rivelato vincente, riguardava la totale assenza, nel decreto di sequestro originale emesso dal GIP, di qualsiasi motivazione sul cosiddetto periculum in mora. In pratica, il primo giudice non aveva spiegato perché fosse urgente bloccare i beni, ovvero quale fosse il pericolo concreto che la società potesse disperdere le somme prima di una eventuale confisca definitiva. Il Tribunale del riesame, pur riconoscendo questa lacuna, aveva tentato di ‘integrarla’, aggiungendo di sua iniziativa le ragioni di urgenza. È proprio su questo punto che la Cassazione ha censurato la decisione.

Le Motivazioni: Il Ruolo di Controllo e Non di Integrazione del Giudice del Riesame

La Corte Suprema ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio sia l’ordinanza del Tribunale sia il decreto di sequestro originario. La motivazione della Cassazione si fonda su un principio consolidato, richiamando la celebre sentenza ‘Ellade’ delle Sezioni Unite. Il provvedimento che dispone un sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve contenere una, seppur concisa, motivazione autonoma sul pericolo che il tempo necessario per giungere a una sentenza definitiva possa vanificare la misura ablativa finale. L’assenza totale di tale motivazione non è un semplice errore o una motivazione implicita, ma una vera e propria carenza strutturale del provvedimento. Il Tribunale del riesame ha una funzione di controllo, non di integrazione o sostituzione. Non può, quindi, ‘scrivere’ una parte della motivazione che il primo giudice ha omesso completamente. Farlo significherebbe sanare un vizio genetico dell’atto, alterando la natura del giudizio di revisione. L’integrazione da parte del Tribunale non è stata una correzione di un’errata interpretazione, ma una violazione dell’obbligo di motivazione che grava sul giudice della cautela.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa decisione rafforza le garanzie difensive nel procedimento cautelare. Sottolinea che ogni provvedimento restrittivo, come il sequestro preventivo, deve essere completo e autosufficiente fin dalla sua origine. Per le imprese e i professionisti, ciò significa che la prima e più importante difesa contro un sequestro è l’analisi meticolosa del decreto originario. Se manca la motivazione sul periculum in mora, non si tratta di un dettaglio trascurabile, ma di un vizio radicale che può portare all’annullamento dell’intera misura, come dimostra questo caso. La fretta o la superficialità nella redazione di un provvedimento cautelare possono comprometterne irrimediabilmente la validità.

Può il Tribunale del riesame aggiungere una motivazione che manca completamente in un decreto di sequestro preventivo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il Tribunale del riesame non può integrare una motivazione totalmente assente nell’ordinanza originaria, in particolare quella relativa al ‘periculum in mora’, poiché ciò eccede la sua funzione di controllo.

È sempre necessario motivare il ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo finalizzato alla confisca?
Sì, la giurisprudenza consolidata, richiamata nella sentenza, afferma che il provvedimento di sequestro preventivo deve contenere una concisa motivazione anche sul pericolo che i beni possano essere dispersi, rendendo necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo.

Una società che beneficia del profitto di un reato può subire un sequestro anche se non è formalmente accusata ai sensi del D.Lgs. 231/2001?
Sì, la sentenza conferma che il sequestro diretto del profitto di un reato può essere legittimamente disposto nei confronti della società che ne ha beneficiato, considerandola come terza estranea al procedimento e non necessariamente come ente con responsabilità amministrativa da reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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