Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8664 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8664 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona dell’amministratore unico, NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 29/6/2023 del Tribunale di Salerno
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso limitatamente al presupposto del pericolo in mora e il rigetto per il resto.
Depositata in Cancelleria
Oggi,
2 8 FEB. 2624
IL
NOME
94
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29 giugno 2023 il Tribunale di Salerno ha rigettato la richiesta di riesame presentata dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’ordinanza del 19 marzo 2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania, con la quale era stato disposto il sequestro preventivo in via diretta finalizzato alla confisca della somma di euro 76.012,30, costituente il profitto del reato di cui agli artt. 81, secondo comma, 110 e 483 cod. pen., in relazione all’art. 76, primo comma, d.P.R. n. 445 del 2000, e 10 quater, primo comma, d.lgs. n. 74 del 2000 (capo 22 della rubrica, contestato a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per avere compensato indebitamente partite debitorie verso il fisco con crediti inesistenti, predisponendo la documentazione obbligatoria prevista dalla I. n. 205 del 2017 attestante, contrariamente al vero, l’avvenuta formazione del personale della RAGIONE_SOCIALE nel settore delle tecnologie 4.0, e utilizzando tale documentazione quale credito d’imposta di euro 76.012,30 a favore della RAGIONE_SOCIALE).
Avverso tale ordinanza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a quattro motivi.
2.1. Dopo aver riassunto lo svolgimento del procedimento cautelare, con un primo motivo ha eccepito la nullità dell’ordinanza impugnata, a causa della violazione del principio della domanda cautelare, conseguente alla mancata enunciazione della contestazione cautelare nei confronti dell’ente indagato, in violazione degli artt. 125, terzo comma, e 178, primo comma, lett. c), cod. proc. pen., e 34 e 35 d.lgs. n. 231 del 2001.
Ha esposto che nel giudizio di riesame era stata evidenziata la qualificazione della RAGIONE_SOCIALE, nell’ordinanza applicativa della misura, come ente indagato e la mancanza, nonostante l’attribuzione di tale veste, della contestazione di un illecito amministrativo ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, essendo stato indicato solamente il reato presupposto, nonché la applicazione della misura reale alla società non quale indagata ma quale persona giuridica terza beneficiaria delle condotte contestate alle persone fisiche. Il Tribunale di Salerno aveva, però, disatteso tali rilievi, evidenziando la mancata applicazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti e la disposizione del sequestro diretto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE quale beneficiaria del profitto del reato contestato agli indagati. Tale conclusione sarebbe, però, errata, essendo espressamente stata qualificata la ricorrente come “indagata”, con la conseguente necessità di una specifica contestazione ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 e anche del rispetto delle garanzie previste a favore dell’ente destinatario di una tale contestazione.
2.2. In secondo luogo, ha lamentato la violazione degli artt. 321, secondo comma, cod. proc. pen., 19 e 53 d.lgs. n. 231 del 2001, a causa della conferma di un vincolo cautelare nei confronti di un ente che non era estraneo al procedimento, ma indagato, nei confronti del quale non sarebbe applicabile il sequestro preventivo impeditivo, ma solo gli specifici rimedi cautelari previsti dal d.lgs. n. 231 del 2001, e dunque neppure il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 321, secondo comma, cod. proc. pen., giacché a carico dell’ente sarebbero applicabili solamente le misure di cui agli artt. 19 e 53 d.lgs. n. 231 del 2001.
2.3. Con un terzo motivo ha denunciato la violazione degli artt. 309, nono comma, e 324, settimo comma, cod. proc. pen., a causa della indebita e non consentita integrazione, da parte del Tribunale, della motivazione in ordine al pericolo di dispersione dei beni da confiscare, assente nell’ordinanza applicativa della misura e che il Tribunale, ritenendola necessaria, alla luce dell’insegnamento delle Sezioni Unite (si richiama la sentenza Ellade), aveva aggiunto.
Ha censurato, in particolare, l’affermazione del Tribunale secondo cui la motivazione carente avrebbe potuto essere integrata dal giudice del riesame in quanto tale carenza sarebbe da attribuire a una diversa opzione interpretativa circa l’obbligo di motivazione in ordine al pericolo di dispersione dei beni da sequestrare in caso di sequestro finalizzato alla confisca, non versandosi in una ipotesi di errore di diritto, bensì di vera e propria carenza strutturale de provvedimento applicativo della misura, tra l’altro adottato successivamente al chiarimento interpretativo fornito in proposito dalle Sezioni Unite con la sentenza Ellade.
2.4. Infine, con un quarto motivo, ha denunciato l’apparenza della motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte relativa al pericolo di dispersione dei beni da sottoporre a confisca, non essendo stato indicato alcun dato dimostrativo dell’eventualità di un depauperamento del patrimonio del debitore, che era stata fondata su dati congetturali e incerti, costituiti dalla mancata allegazione di elementi di segno contrario da parte della società.
Con memoria del 23 novembre 2023 la società ricorrente ha ribadito tali censure, sottolineando, in relazione ai primi due motivi di ricorso, come nel procedimento cautelare sia stato violato il principio di tassatività e l’affidamento riposto dalla società sul rispetto delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 231 del 2001 e, con riferimento al terzo motivo, l’assenza della motivazione sul pericolo di sottrazione o dispersione dei beni da sottoporre a sequestro in funzione della loro confisca, non versandosi neppure in una ipotesi di motivazione implicita o per relationem e non essendovi dubbi sulla esistenza del relativo obbligo giustificativo, alla luce di quanto stabilito dalle Sezioni Unite nella già citata sentenza Ellade.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato in relazione al terzo motivo.
Il primo motivo, mediante il quale è stata ribadita l’eccezione di nullità dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, oltre che di quella impugnata, a causa della violazione del principio della domanda cautelare e della mancata contestazione di un illecito amministrativo all’ente ricorrente, benché indicato come “indagato”, non è fondato.
Come correttamente evidenziato nell’ordinanza impugnata, la circostanza che la società ricorrente sia stata qualificata, sia nella richiesta del Pubblico ministero sia nell’ordinanza applicativa della misura, come “indagata” non comporta necessariamente l’attribuzione di tale veste, né, soprattutto, le conseguenze, in termini di violazione del principio di correlazione tra la domanda cautelare e la pronuncia, che la ricorrente vorrebbe farne discendere.
Costituisce, infatti, principio di carattere AVV_NOTAIO quello secondo cui tutti gl atti giuridici, compresi quelli processuali, devono essere interpretati mediante una valutazione globale e complessiva del loro contenuto e della loro portata, oltre che della loro finalità, interpretazione volta a individuarne il signific indipendentemente dall’utilizzo o meno di formule specifiche o “sacramentali”, bensì ricercando la volontà dell’autore dell’atto e il risultato da questi perseguito mediante il compimento dell’atto medesimo.
Tale principio vale ancor di più per gli atti processuali, che si inseriscono in una sequenza procedimentale, nell’ambito della quale ciascuno di essi trova il suo presupposto in quelli antecedenti e costituisce, a sua volta, presupposto di quelli successivi, per cui la loro interpretazione deve essere compiuta tenendo conto della loro funzione nell’ambito e all’interno di tale sequenza, oltre che, per quelli compiuti nel corso delle indagini preliminari, di quanto emergente dal complesso delle indagini svolte fino al momento del compimento dell’atto da esaminare.
Ora, nel caso in esame, la circostanza che la società ricorrente sia stata qualificata, sia nella richiesta cautelare sia nella ordinanza applicativa della misura, come “indagata”, non comporta necessariamente che il pubblico ministero abbia inteso attribuirle tale veste, ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, o che abbia fatt valere la responsabilità amministrativa di tale ente, e che quindi vi sia stata una violazione del principio della domanda cautelare o dei diritti difensivi spettanti all’ente nei cui confronti sia fatta valere una responsabilità amministrativa ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001.
Ciò è stato escluso dal Tribunale di Salerno, che ha sottolineato l’assenza di qualsiasi addebito mosso alla società, sia nel corso delle indagini preliminari sia nella richiesta cautelare, sia nell’ordinanza applicativa della misura cautelare (cfr.
pag. 7 dell’ordinanza impugnata), oltre che l’impossibilità di contestare una responsabilità amministrativa a un ente in relazione al reato di cui all’art. 10 quater d.lgs. n. 74 del 2000, che è stato correttamente contestato come commesso dagli indagati nell’interesse e a favore della RAGIONE_SOCIALE. Il Tribunale ha, inoltre, dato atto della legittimità della disposizione del sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato commesso in favore della società, non quale soggetto responsabile ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, bensì quale terza estranea al procedimento ma beneficiaria del profitto del reato, come tale suscettibile di essere destinataria del provvedimento di confisca diretta del suddetto profitto.
Ne consegue l’infondatezza dei rilievi sollevati al riguardo dalla ricorrente, che sono stati già disattesi con argomenti corretti da parte del Tribunale, sostanzialmente riproposti con il primo motivo di ricorso, essendo stata esclusa la violazione del principio della domanda cautelare, l’assenza di contestazione cautelare nei confronti della società e la violazione dei diritti spettanti all’ente n cui confronti sia fatta valere una responsabilità amministrativa; detti rilievi sono, infatti, stati disattesi sulla base di una razionale interpretazione complessiva degli atti rilevanti, ossia della richiesta del Pubblico ministero e della ordinanza applicativa della misura: in tali atti non vi è alcun riferimento a una responsabilità amministrativa dell’ente, ma solo agli indizi della realizzazione del reato di cui all’art. 10 quater d.lgs. n. 74 del 2000, in relazione al quale legittimamente è stato chiesto e disposto il sequestro diretto del profitto di tale reato, nei confronti d soggetto che ne ha beneficiato, ossia la società ricorrente.
Il secondo motivo, mediante il quale è stata eccepita l’inapplicabilità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato nei confronti dell’ente indagato ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, è manifestamente infondato, non essendo, per le ragioni esposte al par. 2, stata fatta valere alcuna responsabilità amministrativa della società ricorrente ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001.
La contestazione di una tale responsabilità non è mai emersa nel corso delle indagini preliminari, né è stata in alcun modo prospettata, né dal Pubblico ministero né dal Giudice per le indagini preliminari, che hanno, come già evidenziato al par. 2, fatto riferimento esclusivamente alla confiscabilità in via diretta del profitto del reato di cui all’art. 10 quater d.lgs. n. 74 del 2000, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, non quale ente indagato ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, bensì quale soggetto che ha beneficiato della condotta contestata agli indagati ai sensi di tale disposizione, come tale possibile destinatario del provvedimento di confisca del profitto del reato commesso nel suo interesse.
Il terzo motivo, mediante il quale è stata eccepita l’inammissibilità della integrazione della motivazione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, nella parte relativa al pericolo di sottrazione o dispersione dei beni da confiscare, assente in tale ordinanza, che è stata integrata sul punto dal Tribunale di Salerno, è fondato.
Va, anzitutto, ricordato che in sede di riesame avverso misure cautelari reali il tribunale non può integrare motivazioni assenti, essendo necessario che il provvedimento genetico di applicazione della misura o di convalida della stessa presenti una motivazione che, anche eventualmente attraverso la tecnica della redazione per relationem, dia conto degli elementi posti a fondamento del vincolo e di quelli a discarico rappresentati dalla difesa, al fine di consentire l’esercizi della funzione di controllo a cui il tribunale del riesame è deputato, nel rispetto dei parametri identificati dal combinato disposto degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278509 – 01; nel medesimo senso già Sez. 3, n. 2257 del 18/10/2016, dep. 2017, PM in proc. Burani, Rv. 268800 – 01, nonché Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789 – 01).
Nel caso in esame la motivazione in ordine al pericolo di dispersione dei beni della ricorrente, di consistenza tale da impedire o, comunque, ostacolare o rendere più difficoltosa, la loro confisca, era del tutto assente nella ordinanza applicativa della misura, come riconosciuto anche dallo stesso Tribunale di Salerno nell’ordinanza impugnata, posto che il Giudice per le indagini preliminari per giustificare l’apposizione del vincolo aveva fatto riferimento esclusivamente alla confiscabilità del profitto, senza altro aggiungere a proposito di detto pericolo.
Detta motivazione era, però, certamente necessaria, come chiarito definitivamente dalle Sezioni Unite con la sentenza Ellade (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01), secondo cui “Il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione de giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege”), tra l’altro anteriormente alla adozione del provvedimento di sequestro censurato dalla società ricorrente, con la conseguente irrilevanza di quanto esposto nell’ordinanza impugnata, a proposito della esistenza di un precedente e opposto orientamento interpretativo, in sé inidoneo a giustificare l’assenza di motivazione, ma che al momento della adozione del provvedimento genetico era stato, comunque, incontrovertibilmente superato.
Ne consegue la fondatezza dei rilievi sollevati sul punto dalla ricorr medesima, in quanto l’integrazione da parte del Tribunale della motivazion mancante nell’ordinanza applicativa della misura, nella parte relativa al perico dispersione dei beni da confiscare (posto che non vi era neppure motivazion implicita sul punto, ma vera e propria assenza di motivazione, essendo il seques stato giustificato solamente con la confiscabilità del profitto), non può e ricondotta a una errata interpretazione di norme di legge, suscettibile di correz in sede di riesame, bensì a una violazione dell’obbligo di motivazione posto a ca del giudice della cautela, con riferimento al pericolo di dispersione o sottra dei beni da sottoporre a sequestro preventivo finalizzato alla loro confisca.
Tale lacuna non è, come ricordato, emendabile nel giudizio di riesame, con l conseguente sussistenza delle violazioni di legge denunciate, presenti nell’ordinanza impugnata, sia in quella applicativa della misura.
Il quarto motivo, mediante il quale è stata lamentata l’apparenza de motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte relativa al pericolo di dispersi dei beni da confiscare, è assorbito da quanto esposto al par. 4 a proposito inammissibilità della integrazione della motivazione dell’ordinanza genetica parte del Tribunale proprio riguardo a tale aspetto, trattandosi, come evidenzi di integrazione non consentita, il cui contenuto, alla luce del rilievo inammissibilità di tale integrazione, non rileva, non potendo spiegare effetti.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, unitamente all’ordinanza applicativa della misura, non essendo suscettibile integrazioni la motivazione mancante in ordine al pericolo di dispersione dei b da confiscare e, quindi, emendabile il vizio di mancanza di motivazione presen su tale aspetto nell’ordinanza genetica.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro del Giudi per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania del 14 marzo 20 e manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al AVV_NOTAIO Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 17/1/2024