Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35156 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3   Num. 35156  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Palma di Montechiaro il DATA_NASCITA, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza del 12/03/2025 del Tribunale di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12 marzo 2025, il Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE, avverso il decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese che ha disposto il sequestro preventivo, oltre che del complesso aziendale e delle quote sociali della RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., anche del deposito commerciale di prodotti petroliferi riconducibili alla predetta società, in relazione al reato di cui all’art. 416, commi 1, 2, 3 e 5, cod. pen., ai reati di cui agli artt. 40, comma 1, lett. b) e c), comma 4, 49, comma 1, d.lgs. n. 504/1995, nonchØ al reato di agli artt. 61 n. 2, 81 cpv., 110 e 479 cod. pen.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, lamenta mancanza di motivazione in relazione alla specifica posizione dell’istante NOME COGNOME, per la quale il Tribunale di Palermo si limita a rilevare che costui non risulta indagato, poichØ la prospettazione accusatoria investe la sola posizione del fratello, NOME COGNOME, nØ la motivazione può ricavarsi dal provvedimento del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese, dal momento che quest’ultimo ignorava le vicende che avrebbero innovato l’amministrazione della società.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta violazione dell’art. 274 cod. proc. pen., in relazione all’assenza del pericolo di reiterazione con riferimento alla posizione di NOME COGNOME.
In sintesi, il ricorrente deduce che nØ il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese, nØ il Tribunale di Palermo hanno argomentato in relazione all’alta probabilità del determinarsi di occasioni favorevoli alla recidivanza delle condotte contestate,
tenuto conto delle dimissioni del precedente amministratore della società, NOME COGNOME, e del subentro del nuovo amministratore, NOME COGNOME, incensurato e totalmente estraneo ai fatti di indagine, dal momento che il ragionamento svolto a sostegno dei presupposti applicativi della misura investe unicamente la posizione di NOME COGNOME, in particolare sulla integrazione di quest’ultimo nel sodalizio criminale e sui rapporti da costui intrattenuti con gli altri indagati, mentre invece il mutamento dell’organo amministrativo dovrebbe escludere il permanere di elementi forieri del rischio di reiterazione dei reati contestati.
2.3. Con il terzo motivo, lamenta violazione dell’art. 321, commi 1 e 2, cod. proc. pen. In sintesi, la difesa deduce che il provvedimento impugnato non dimostra di prendere atto dell’intervenuto mutamento della figura di rappresentante legale della società e del subentro dell’odierno ricorrente, soggetto estraneo ai fatti per cui si procede, nØ motiva sulla ragione per la quale la libera disponibilità del compendio aziendale in capo al ricorrente integri i presupposti di pertinenzialità e pericolosità tali da legittimare l’adozione e la permanenza della misura ablativa.
E’ pervenuta memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia del ricorrente, con la quale si insiste nel ricorso, ribadendo che le dimissioni del precedente amministratore, NOME COGNOME, e la designazione di un nuovo amministratore hanno interrotto qualsivoglia vincolo di immedesimazione organica sociale tra la società e il precedente amministratore e che, sul punto, il provvedimento impugnato Ł carente di motivazione. Richiama, poi, il principio di proporzionalità, nonchØ la sentenza di legittimità n. 19717 del 27/05/2025, in base alla quale il sequestro preventivo impeditivo non può essere disposto nei confronti di un ente del quale non sia stata ritenuta la responsabilità da reato, come nel caso di specie in cui l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese alle parti con provvedimento del 03/07/2025, non include nØ la RAGIONE_SOCIALE, nØ il suo attuale rappresentante legale NOME COGNOME. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., Ł ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656). Ed Ł stato anche precisato che Ł ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchØ sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'” iter ” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Tanto premesso, i motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente
perchØ connessi, sono fondati sotto lo specifico profilo della omessa motivazione circa la sussistenza del periculum in mora alla luce del mutamento della compagine sociale, con il subentro del nuovo rappresentante legale.
2.1. In proposito, deve essere ricordato che l’art. 321 cod. proc. pen. riconosce al giudice il potere di disporre il sequestro preventivo nel caso, previsto dal comma 1, della «cosa pertinente al reato», quando vi sia il «pericolo che la libera disponibilità» di essa «possa aggravarne o protrarne le conseguenze ovvero possa agevolare la commissione di altri reati» (c.d. sequestro impeditivo); nonchØ nel caso, previsto dal comma 2, in cui della cosa sia «consentita la confisca».
Nel caso di specie, secondo quanto si ricava dall’ordinanza impugnata, oltre che dal provvedimento genetico e dalla stessa richiesta del Pubblico ministero, la misura cautelare Ł stata disposta ai sensi del comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen. per ciò che riguarda i complessi sociali e le quote sociali della RAGIONE_SOCIALE, e, dunque, sul duplice presupposto che le cose sottoposte a sequestro impeditivo fossero «cosa pertinente al reato» e che la libera disponibilità delle stesse determinasse il pericolo di aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero di agevolare la commissione di altri reati; mentre il deposito commerciale Ł stato sottoposto a sequestro ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. e dell’art. 44, comma 1, d.lgs. n. 504 del 1995 a norma del quale «I prodotti, le materie prime ed i mezzi comunque utilizzati per commettere le violazioni di cui agli articoli 40, 40-bis, 41 e 43 sono soggetti a confisca secondo le disposizioni legislative vigenti in materia doganale».
2.2. Ciò posto, questa Corte ha affermato, a piø riprese, il principio secondo cui Ł legittimo il sequestro preventivo delle quote di una società, anche se appartenenti a persona estranea al reato, qualora sussista un nesso di strumentalità tra detti beni ed il reato contestato ed il vincolo cautelare sia destinato ad impedire, sia pure in modo mediato e indiretto, la protrazione dell’ipotizzata attività criminosa, ovvero la commissione di altri fatti penalmente rilevanti, attraverso l’utilizzo delle strutture societarie, poichØ ciò che rileva in questi casi non Ł la titolarità del patrimonio sociale ma la sua gestione supposta illecita (Sez. 2, n. 31914 del 09/07/2015, COGNOME, Rv. 264473; Sez. 5, n. 16583 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246864); ed Ł legittimo anche il sequestro di un’intera azienda allorchØ vi siano indizi che anche taluno soltanto dei beni aziendali sia, proprio per la sua collocazione strumentale, in qualche modo utilizzato per la consumazione del reato, a nulla rilevando che l’azienda svolga anche normali attività imprenditoriali (Sez. 6, n. 27340 del 16/04/2008, Cascino, Rv. 240574; Sez. 6, n. 29797 del 20/06/2001, COGNOME, Rv. 219855).
Piø di recente, Ł stato affermato che, ai fini della legittimità del sequestro preventivo di una società, Ł necessario dimostrare il durevole asservimento della stessa e del suo patrimonio alla commissione delle attività criminose, quale società strutturalmente illecita (Sez. 4, n. 7107 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282674).
La Corte di cassazione ha, poi, chiarito che il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicchØ possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito e in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691). In motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, lo stato di buona fede del terzo estraneo al reato rileva ove il sequestro sia stato disposto esclusivamente ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. in quanto funzionale alla confisca.
Con riguardo alla nozione di cosa pertinente al reato, la Corte di cassazione ha affermato che, ai fini dell’adozione della misura cautelare del sequestro preventivo delle cose «pertinenti al reato» finalizzato a evitare la protrazione del reato, non Ł necessario accertare, a differenza di quanto richiesto per il sequestro ai fini di confisca, l’esistenza di un collegamento strutturale fra il bene da sequestrare e il reato commesso, in quanto la “pertinenza” richiesta dal comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen. comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (Sez. 3, n. 9149 del 17/11/2015, dep. 2016, Plaka, Rv. 266454), dovendosi, peraltro, escludere la suddetta “pertinenza” nel caso in cui il rapporto tra la res e l’illecito penale sia meramente occasionale (Sez. 3, n. 42129 del 08/04/2019, M., Rv. 277173; Sez. 5, n. 52251 del 30/10/2014, COGNOME, Rv. 262164; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, COGNOME, Rv. 259850).
Quanto al periculum in mora, deve essere ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, quantunque manchi, per le misure cautelari reali, una previsione esplicita come quella codificata, per le misure sulla libertà personale, dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e dall’art. 292 cod. proc. pen., Ł nella fisiologia del sequestro preventivo, come misura limitativa anch’essa di libertà protette costituzionalmente, in particolare dagli artt. 41 e 42 Cost., che il pericolo in questione debba presentare i requisiti della concretezza e dell’attualità cautelare e che esso debba essere valutato in riferimento alla situazione esistente non soltanto al momento dell’adozione della misura cautelare reale, ma anche durante la sua vigenza. E questo non già nella sola prospettiva di un’astratta verificabilità dell’evento temuto, ma anche in quella della concretezza del pericolo, perchØ quest’ultimo, per essere concreto e, dunque, per legittimare il fermo o la mancata restituzione del bene, deve riflettersi su una situazione che renda quanto meno «probabile» e non presunta, sia in via genetica che in via funzionale, la prospettiva che il bene assuma carattere strumentale rispetto all’aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o alla agevolazione della commissione di altri reati (così Sez. U, n. 23 del 14/12/1994, dep. 1995, Adelio, Rv. 200114).
Tale prospettiva, piø volte ribadita nella giurisprudenza della Suprema Corte, anche a Sezioni unite (Sez. U, n. 12878 del 29/1/2003, COGNOME, Rv. 223721), impone che il giudice espliciti, con motivazione congrua e logica, gli elementi di fatto a partire dai quali possa affermarsi la sussistenza dei requisiti della concretezza e dell’attualità del pericolo di un volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto (Sez. 4, n. 36884 del 23/5/2007, COGNOME, Rv. 237592).
2.3. Ebbene, il Tribunale di Palermo, dopo aver chiarito, in punto di fumus commissi delicti, che la misura cautelare reale era stata emessa in relazione al reato di cui all’art. 416, commi 1, 2, 3 e 5, cod. pen., ai reati di cui agli artt. 40, comma 1, lett. b) e c), comma 4, 49, comma 1, d.lgs. n. 504/1995, nonchØ al reato di agli artt. 61 n. 2, 81 cpv., 110 e 479 cod. pen., poichØ NOME COGNOME, nella qualità di precedente amministratore della RAGIONE_SOCIALE, era inserito in una compagine associativa finalizzata a compiere un numero indeterminato di delitti in materia di accise, di falsa emissione di DAS e di delitti fiscali, allo scopo di far ottenere alla società indebiti vantaggi fiscali, ha affermato, in punto di periculum in mora, che la libera disponibilità dei complessi aziendali in capo agli amministratori consentirebbe di protrarre la condotta criminosa e perpetrare la commercializzazione illegale di prodotti petroliferi, sottolineando il rapporto di strumentalità non occasionale tra gli illeciti in contestazione e i beni aziendali e rimarcando, con riferimento al deposito commerciale, suscettibile di confisca, il rischio di dispersione del bene, avendo l’indagato agito
nell’esercizio di attività d’impresa con modalità illegali.
2.4. Tuttavia, tale motivazione Ł carente nella misura in cui non si Ł per nulla confrontata con la deduzione difensiva del mutamento della amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, ovverosia con riferimento alle ragioni per le quali la libera disponibilità del compendio aziendale e delle sue strutture in capo a compagine diversa rispetto a quella esistente al momento dei fatti di reato contestati, in conseguenza del subentro del ricorrente come nuovo amministratore della società, recherebbe concreto pregiudizio alle esigenze indicate dall’art. 321, commi 1 e 2, cod. proc. pen.
Sul punto, l’ordinanza impugnata non fornisce alcuna motivazione in proposito, nonostante il ricorrente avesse sollevato la questione con il primo motivo della richiesta di riesame, obiettando di essere il nuovo amministratore della società e, quindi, terzo interessato, e sostenendo l’irrilevanza del legame parentale (fratello) con il precedente amministratore indagato che non aveva piø la disponibilità dei beni sociali.
In altri termini, non Ł dato comprendere, nel provvedimento ricorso, quale sarebbe il pericolo costituito dalla gestione del compendio sociale e delle sue strutture in capo al ricorrente,  quale  nuovo  amministratore,  ai  fini  della  reiterazione  del  reato  o  della commissione  di  altri  reati  o  anche  della  dispersione  dei  beni  aziendali.
Ne consegue che, sotto il profilo della persistenza del periculum in mora rispetto al mutamento della figura della rappresentanza legale della società, con il subentro dell’odierno ricorrente, soggetto estraneo ai fatti per cui si procede, la motivazione deve, nella specie, configurarsi  come  sostanzialmente  apparente,  sì  da  rendere  necessario  un  nuovo pronunciamento da parte del  Collegio  di  merito.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale del riesame di Palermo.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla sussistenza del periculum e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p.
Così Ł deciso, 23/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME