Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15125 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15125 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Altamura il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/12/2023 del Tribunale della libertà di Trento visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Trento ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso il 7 novembre 2020 dal G.i.p. del Tribunale di Trento nei confronti di NOME COGNOME – attinto da misura cautelare personale per delitti di cui agli artt. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, contestato al capo B), e 73 commi 1 e 4, del medesimo d.P.R., contestati ai capi B21) e 624) -, avente ad oggetto le risorse finanziarie e gli immobili nella disponibilità del predetto, dop che un precedente decreto era stato annullato dal Tribunale del riesame per mancanza di motivazione in ordine al periculum in mora.
Avverso l’indicata ordinanza, l’indagato, per il ministero del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. per mancata valutazione dei motivi di riesame e travisamento della prova. Il difensore censura il provvedimento impugnato, laddove ha ritenuto che l’immobile adibito a residenza famigliare è stato dissequestrato a seguito dell’accoglimento del riesame reale proposto da NOME COGNOME, moglie del ricorrente; invero, con ordinanza del 28 novembre 2023, il Tribunale del riesame ha sì disposto la revoca del sequestro ma limitatamente alla quota del 50% intestata alla COGNOME, sicché il vincolo reale permane in relazione al restante 50% di proprietà del COGNOME. Il Tribunale cautelare, pertanto, ritenendo erroneamente superata la questione del sequestro dell’immobile, ha omesso di pronunciarsi in relazione ai relativi motivi di riesame, con cui si contestava la sussistenza di periculum in mora con riferimento, appunto, al sequestro della porzione di casa famigliare intestata al ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., sul presupposto che il decreto impugnato è la mera reiterazione di una provvedimento già annullato dal Tribunale del riesame, per difetto di motivazione, senza che il g.i.p. abbia indicato elementi di novità che ne giustifichino la riproposizione.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza del periculum in mora. Rappresenta il ricorrente che il Tribunale non si sarebbe confrontato con i motivi di riesame, affermando la sussistenza del periculum con una motivazione stereotipata, e quindi apparente, utilizzata nei confronti di tutti gli indagati col dal provvedimento di sequestro.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza dei gravi indizi colpevolezza quanto al delitto di cui al capo B). Espone il difensore che la motivazione sarebbe censurabile, laddove ha desunto la partecipazione del COGNOME al delitto associativo della consumazione dei reati scopo di cui ai capi B21) e B24), anche considerando che lo stupefacente nel primo caso è stato restituito e nel secondo è stato sequestrato; in ogni caso, sarebbe mancante la motivazione in relazione alla sistematicità delle forniture, sicché non sarebbe provata, in capo al ricorrente, la sussistenza dell’affectio societatis.
2.5. Con il quinto motivo si censura la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza dei gravi indizi colpevolezza quanto al capo B21), in quanto il Tribunale non si è confrontato con le argomentazione dedotte con il riesame, e considerando che la sostanza fu restituita al COGNOME.
2.6. Con il sesto motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza dei gravi indizi colpevolezza quanto al capo B24), posto che, anche in tal caso, il Tribunale non si è misurato con le argomentazioni dedotte con l’istanza di riesame, né ha considerato che la sostanza è stata sequestrata.
2.7. Con il settimo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen. laddove il Tribunale ha ritenuto la permanenza dei rapporti del ricorrente con la contestata associazione fino all’attualità, laddove i contributo del COGNOME è cessato il 28 settembre 2021. Aggiunge il difensore che il provvedimento impugnato rappresenta una pedissequa riproduzione della richiesta del p.m., senza alcuna valutazione autonoma della posizione del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al primo motivo.
Invero, il Tribunale cautelare ha ritenuto di non esaminare le censure dedotte in relazione al sequestro avente ad oggetto l’immobile adibito a residenza familiare sul presupposto che detto bene fosse stato dissequestrato a seguito dell’accoglimento del riesame reale presentato dalla moglie dell’indagato, NOME COGNOME.
Si tratta di un presupposto fattuale travisato, in quanto, come documentato il ricorrente – che ha allegato copia dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Trento
in data 28 novembre 2023 -, l’istanza di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME era stata sì accolta, ma in relazione ai beni di cui la donna risulta essere proprietaria, e quindi, per quanto ora rileva, nella misura del 50% dell’immobile in esame. Ne segue che, per il restante 50% – pacificamente di proprietà del COGNOME – permane il vincolo reale, che il ricorrente ha perciò interesse a che venga caducato.
3. Il secondo motivo è infondato.
3.1. Come affermato dalla Sezioni Unite in una decisione risalente ma ancora attuale, le ordinanze inoppugnabili e quelle impugnabili, qualora non siano state impugnate o si siano esauriti i diversi gradi di impugnazione, acquistano la caratteristica dell’irrevocabilità che, pur non essendo parificabile all’autorità di cosa giudicata, parimenti porta seco il limite negativo dell preclusione, nel senso di non consentire il bis in idem, salvo che siano cambiate le condizioni in base alle quali fu emessa la precedente decisione (Sez. U, n. 26 del 12/11/1993, dep. 27/01/1994, COGNOME, Rv. 195806).
In motivazione, le SU chiarirono che “è giurisprudenza costante di questa Corte che l’istituto della preclusione sia operante anche nei procedimenti incidentali, perché altrimenti si consentirebbe, indipendentemente dalla sopravvenienza di fatti nuovi o preesistenti non conosciuti, allo stesso giudice di merito di esaminare le questioni di fatto e di diritto, già decise dal giudice a l sovraordinato in sede di impugnazione o, comunque si darebbe adito ad una nuova ed eventualmente diversa valutazione di elementi già in precedenza presi in considerazione”.
La ratio dell’effetto preclusivo si coglie in ciò: impedire che, immutate le condizioni di fatto legittimanti l’applicabilità di una misura cautelare, vi sia u mera rivalutazione degli stessi elementi, dovendosi evitare, in assenza di un quid novi, che venga emessa una misura cautelare in precedenza negata o che venga revocata una misura cautelare in precedenza adottata; in assenza di elementi di novità, non è perciò consentito né al pubblico ministero di richiedere, attraverso una rivalutazione degli stessi elementi, una misura cautelare, né, per converso, all’indagato di ottenere la revoca di una misura precedentemente applicata.
Si è perciò coerentemente affermato che il principio del ne bis in idem impedisce la reiterazione della misura cautelare per lo stesso fatto solo quando la prima misura sia stata esclusa per motivi sostanziali, quali la assenza di indizi o di esigenze cautelari, e sempre che il quadro processuale sia rimasto inalterato (Sez. 4, n. 76 del 16/01/1996, COGNOME, Rv. 204425). Dal che logicamente deriva che è legittima l’emissione di una nuova misura cautelare, laddove il precedente annullamento sia intervento per ragioni meramente formali, ovvero,
ove non sia ravvisabile tale situazione, se sono addotti elementi di novità rispetto al materiale probatorio precedentemente valutato.
3.2. Va peraltro evidenziato che il presupposto per l’operatività dell’istitut della preclusione processuale è che via stata una precedente valutazione di merito da parte del giudice in ordine alla insussisten2:a dei presupposti legittimanti la misura cautelare richiesta; solo in tal caso, ove tale richiesta s stata rigettata, il principio del ne bis in idem preclude, appunto, la reiterazione di una misura sulla base dei medesimi elementi di fatto in precedenza già valutati e ritenuti inidonei, appunto, per l’emissione della misura medesima.
Su queste basi, si è coerentemente affermato che la preclusione processuale determinata dal cosiddetto ‘giudicato cautelare’ opera solo nel caso in cui via sia stato un effettivo apprezzamento, in fatto o in diritto, del materiale probatorio e dell’imputazione provvisoria, non conseguendo tale effetto, invece, alle decisioni che definiscano l’incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente procedurali (Sez. 6, n. 43123 del 27/10/2020, Riviezzi e altri, Rv. 248804).
Allo stesso modo, si è precisato che, in tema di sequestro probatorio, preclude la reiterazione della misura, per lo stesso fatto e nei confronti della medesima persona, la circostanza che l’annullamento del provvedimento sia intervenuto in seguito alla valutazione del merito della contesi:azione da parte del tribunale del riesame, a meno che non vi siano emergenze nuove sul piano processuale, mentre il giudicato cautelare non si forma quando in sede di annullamento non sia stata espressa alcuna valutazione, anche solo incidentale o implicita, del merito probatorio contenuto negli atti del procedimento e cristallizzati in quella specifica fase processuale (Sez. 5, n. 4937 del 25/11/2021, dep. 2022, Cavatorta, Rv. 282776).
3.3. Quest’ultimo principio, laddove, per quanto qui di interesse, statuisce che il giudicato cautelare non si forma quando, in sede di annullamento, non sia stata espressa alcuna valutazione, anche solo incidentale o implicita, del merito probatorio da parte del giudice che ha negato la misura, può agevolmente essere esteso, per evidente identità di ratio, anche al sequestro preventivo, nel senso che l’annullamento del procedente provvedimento che dispone la misura ablativa non è di ostacolo all’emissione di una nuova misura, nei confronti della stessa persona e avente ad oggetto i medesimi beni, laddove non via sia stata alcuna precedente valutazione di merito in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti per l’adozione della misura, tra cui, ai fini che qui rilevano, il periculum in mora.
3.4. Venendo alla vicenda in esame, da quanto si apprende dagli atti, il primo decreto che aveva disposto il sequestro preventivo nei confronti del COGNOME era stato annullato dal Tribunale del riesame per totale assenza di
motivazione in ordine al periculum, sicché, in relazione a tale aspetto, certamente non vi è stata alcuna valutazione di merito.
Di conseguenza, legittimamente il provvedimento impugnato è stato nuovamente emesso sulla base degli stessi elementi di fatto, ma, emendando il vizio che aveva condotto al precedente annullamento, ha fornito, come si vedrà nella disamina del terzo motivo, una motivazione adeguata in ordine alla sussistenza del periculum, senza che ciò abbia comportato la violazione del principio di preclusione processuale, in quanto, in precedenza, sul punto non era stato operato alcun effettivo apprezzamento di merito.
4. Il terzo motivo è infondato.
Si rammenta che, in tema di sequestro preventivo impeditivo, il periculum in mora deve presentare i requisiti della concretezza e attualità e richiede che sia dimostrata con ragionevole certezza l’utilizzazione del bene per la commissione di ulteriori reati o per l’aggravamento o la prosecuzione di quello per cui si procede (Sez. 6, n. 56446 del 07/11/2018, Deodati, Rv. 274778).
Nel caso in esame, la motivazione, pur nella sua sinteticità, ha comunque sufficientemente spiegato l’esigenza di sottoporre a vincolo ablativo la somma di denaro rinvenuta nella disponibilità del COGNOME, posto che, come ritenuto dal G.i.p., vi è il pericolo, concreto a attuale – come desunto dall’attività investigazione, la quale ha acclarato la sussistenza, quantomeno a livello di fumus, di un sodalizio criminoso dedito all’acquisito di considerevoli quantitativi di hashish e marijuana, nell’ordine dei chilogrammi – che quelle risorse finanziarie possano essere utilizzate per l’acquisto di ulteriore sostanza stupefacente, ciò che consentirebbe la prosecuzione dei reati oggetto di contestazione.
Si tratta di una motivazione immune da violazioni di legge e da profili di illogicità manifesta, che regge al vaglio di legittimità.
I restanti motivi, esaminabili congiuntamente essendo collegati in quanto contestano la sussistenza del fumus dei reati in relazione ai quali è stato emessa la misura ablativa, sono inammissibili.
5.1. Giova premettere che, secondo il costante orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; di recente, Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
Si rammenta, inoltre, che, in tema di sequestro preventivo, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del soggetto nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire l’ astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Armeli, Rv. 273069; Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014, P.M. in proc. Zagarrio, Rv. 258279).
Si osserva, infine, che al COGNOME, per i medesimi fatti qui al vaglio, è stata applicata – e non risulta essere stata revocata – anche la misura cautelare personale, la quale presuppone, dal punto ch visto contenutistico, la sussistenza non già del mero fumus commissi delicti, bensì di gravi indizi di colpevolezza.
5.2. Alla luce di tali principi, la motivazione resa dal provvedimento impugnato, quanto ai dati di fatto valorizzati e alle conclusioni da essi tratte, non risulta affatto apparente, avendo il Tribunale del riesame puntualmente indicato (a p. 3) le intercettazione da cui è emerso il coinvolgimento del COGNOME nei reati a lui ascritti ai capi B21) e B24).
In particolare, quanto alla cessione di cinque kg. di marijuana, dalla intercettazioni si desume che il COGNOME ha acquisto lo stupefacente da COGNOME anche mediante la collaborazione del sodale COGNOME; il Tribunale, in particolare, ha messo in luce che i sodali fanno riferimento a COGNOME, detto NOME, come acquirente abituale, in continua ricerca di approvvigionamento di sostanza da destinare allo spaccio al dettaglio, tanto che si dice che NOME “più ne ha, più ne vuole”, con riferimento, evidente, alla sostanza stupefacente.
Quanto all’acquisto di circa diciannove kg. di marijuana, di cui dieci da destinare proprio a NOME, il dato che emerge dalle intercettazioni – e che è valorizzato dal Tribunale – è che i sodali COGNOME e COGNOME sanno di poter contare sull’acquisto sicuro da parte del Beillomo proprio in quanto destinatario abituale dello stupefacente.
Su queste basi, ossia i significativi quantitativi trattati senza soluzione d continuità e i rapporti ininterrotti tra sodali, come emerge dal contenuto delle conversazioni intercettate, il Tribunale ha ravvisato il fumus anche del delitto associativo di cui al capo B), la cui data di consumazione, oggetto di contestazione da parte di ricorrente, non incide sulla astratta configurabilità dell’ipotesi ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione al quale è stata disposta la misura cautelare reale.
5.3. Orbene, tale complessiva argomentazione, che, si ribadisce, non deve attingere un grado di valutazione degli elementi fattuali cli grado analogo a quello della gravità indiziaria, relativa alle sole misure personali, ma unicamente, appunto, il fumus del reato per cui si procede, non può ritenersi assimilabile a una motivazione assente o “apparente”, con conseguente prospettabilità del vizio di violazione di legge, dovendosi, infine, evidenziare, l’estrema genericità del settimo motivo, laddove rappresenta che il RAGIONE_SOCIALE non avrebbe compiuto un’autonoma valutazione in relazione alla posizione del COGNOME.
Per quanto sin qui esposto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, l’ordinanza impugnata deve perciò essere annullata limitatamente alla statuizione sul bene immobile in esame, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trento affinché valuti, nel merito, le doglianze mosse dal ricorrente.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla statuizione sul bene immobile, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trento. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 28/03/2024.