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Sequestro preventivo abuso edilizio: quando è legittimo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo per abuso edilizio. Il caso riguardava lavori non autorizzati su un manufatto che la ricorrente sosteneva essere preesistente al 1967. La Corte ha confermato la legittimità del provvedimento, chiarendo che i lavori in corso, come la realizzazione di nuovi porticati e muri, integrano il requisito del ‘periculum in mora’ (pericolo nel ritardo). Inoltre, è stato ribadito il potere del Pubblico Ministero di riqualificare un sequestro d’urgenza da probatorio a preventivo, ritenendo la procedura seguita pienamente conforme alla legge.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo per abuso edilizio: quando è legittimo secondo la Cassazione

Il sequestro preventivo per abuso edilizio rappresenta uno strumento cruciale per la tutela del territorio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i presupposti per la sua applicazione, anche in contesti complessi come interventi su manufatti di vecchia data. La decisione sottolinea come la prosecuzione di lavori non autorizzati sia sufficiente a integrare il requisito del pericolo, giustificando il vincolo cautelare.

I Fatti: la vicenda processuale

La questione nasce dal sequestro d’urgenza operato dalla Polizia Locale su un manufatto in costruzione. L’ipotesi di reato contestata era quella di abuso edilizio, ai sensi dell’art. 44, lett. b) del d.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia).

Il sequestro d’urgenza e la convalida

Successivamente al sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria, il Pubblico Ministero (P.M.) aveva riqualificato l’atto da sequestro probatorio a preventivo e ne aveva richiesto la convalida al Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.). Il G.I.P. convalidava il sequestro e il Tribunale della Libertà, adito dalla persona indagata, confermava la legittimità del provvedimento. Avverso quest’ultima decisione, l’indagata proponeva ricorso per Cassazione.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputata lamentava diversi vizi, tra cui:
1. Vizi procedurali: Si contestava la competenza del G.I.P. e la presunta violazione dei termini per la convalida, sostenendo che il P.M. avesse richiesto la convalida di un sequestro preventivo di fatto mai eseguito, anziché di quello probatorio operato dalla polizia.
2. Assenza di ‘periculum in mora’: Si argomentava che non vi fosse un pericolo concreto e attuale, dato che il manufatto era presente sul luogo da tempo immemore.
3. Insussistenza del ‘fumus commissi delicti’: Si sosteneva l’assenza di un reato, affermando che l’intervento consisteva in una mera ristrutturazione di un rudere preesistente al 1967, con l’aggiunta di una tettoia, e che l’indagata fosse estranea ai fatti.

L’analisi della Cassazione sul sequestro preventivo per abuso edilizio

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. L’analisi della Corte si è concentrata sui tre pilastri fondamentali della misura cautelare: la procedura, il pericolo e la parvenza di reato.

La corretta qualificazione del sequestro da parte del P.M.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: rientra nei poteri del Pubblico Ministero qualificare il sequestro operato d’urgenza dalla polizia giudiziaria come probatorio o preventivo. Nel caso di specie, il P.M. ha legittimamente riqualificato l’atto e richiesto la convalida entro i termini di legge (48 ore dalla ricezione del verbale), e il G.I.P. ha provveduto nei tempi successivi. La procedura è stata, quindi, ritenuta impeccabile.

La sussistenza del ‘periculum in mora’

La Corte ha ritenuto manifestamente infondato il motivo relativo all’assenza di pericolo. Il Tribunale cautelare aveva correttamente evidenziato che i lavori erano ancora in corso al momento dell’accertamento. Questa circostanza è decisiva: la prosecuzione delle opere abusive costituisce di per sé un pericolo concreto e attuale di aggravamento della lesione all’assetto del territorio. Non rileva che il manufatto di base fosse preesistente; l’oggetto della contestazione era la realizzazione ex novo di porticati e di un muro di recinzione in calcestruzzo, opere in piena fase di esecuzione.

La configurabilità del ‘fumus commissi delicti’

Anche i motivi relativi alla presunta insussistenza del reato sono stati giudicati inammissibili. La Corte ha chiarito che interventi come la realizzazione di porticati coperti non possono essere considerati edilizia libera, in quanto creano un nuovo volume e alterano l’aspetto esteriore dell’immobile. Il Tribunale aveva correttamente rilevato che muri esterni, porticati e tramezzi interni erano in corso di edificazione in assenza del necessario permesso di costruire. Inoltre, la difesa non aveva fornito alcuna prova della preesistenza legittima dell’immobile prima del 1967. Infine, la responsabilità soggettiva della ricorrente è stata ravvisata, quantomeno a titolo di colpa, per aver commissionato importanti opere edilizie senza richiedere alcuna autorizzazione.

le motivazioni della decisione

La decisione si fonda sulla distinzione tra la valutazione di legittimità, propria della Cassazione, e quella di merito. Le censure della ricorrente, secondo la Corte, erano generiche e miravano a una ricostruzione dei fatti alternativa, attività preclusa in sede di legittimità. L’apparato motivazionale del Tribunale della Libertà è stato giudicato né mancante né apparente, ma logico e coerente con i principi di diritto. Il sequestro era giustificato dalla necessità di interrompere un’attività illecita in corso che stava compromettendo l’ordinato assetto urbanistico.

le conclusioni: Implicazioni pratiche

Questa sentenza offre importanti spunti operativi:
1. Potere del P.M.: Conferma l’ampio potere del P.M. nella gestione delle misure cautelari reali urgenti, inclusa la riqualificazione giuridica del sequestro.
2. Attualità del ‘periculum’: Chiarisce che, in materia di abusi edilizi, il pericolo è in re ipsa quando i lavori sono in corso. La prosecuzione dell’attività illecita è sufficiente a giustificare un sequestro preventivo per abuso edilizio.
3. Onere della prova: Spetta a chi invoca la legittimità di un manufatto pre-1967 fornire la prova della sua esistenza e conformità alle norme dell’epoca. Una mera affermazione non è sufficiente.
4. Responsabilità del committente: Anche chi si limita a commissionare i lavori, senza eseguirli materialmente, può essere ritenuto responsabile, essendo tenuto a verificare la regolarità urbanistica dell’intervento.

Il Pubblico Ministero può modificare la natura di un sequestro operato d’urgenza dalla polizia?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che rientra nei poteri del Pubblico Ministero qualificare un sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria come probatorio o preventivo, a seconda delle finalità perseguite, e richiederne la relativa convalida al giudice.

È possibile disporre un sequestro preventivo per lavori su un immobile molto vecchio?
Sì, è possibile. La vetustà di una parte dell’immobile non esclude la legittimità del sequestro se sono in corso nuovi lavori non autorizzati (come la costruzione di porticati o muri) che aggravano o protraggono le conseguenze del reato edilizio. Il pericolo risiede proprio nella prosecuzione di tali opere.

Chi commissiona lavori abusivi è responsabile anche se non li esegue materialmente?
Sì. Secondo la Corte, il difetto dell’elemento soggettivo del reato può essere escluso in sede cautelare solo se emerge con immediata evidenza. Aver commissionato importanti opere edilizie in totale assenza di richieste alle autorità competenti è sufficiente per configurare, quantomeno, un profilo di colpa in capo al committente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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