Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24156 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24156 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOMECOGNOME nata a Baden il 03/08/1973 nel procedimento nei confronti di COGNOME NOME avverso l’ordinanza dell’11/11/2024 del Tribunale di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostitut Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, letta la memoria difensiva nell’interesse della società con cui si insiste nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Lecce ha respinto l’appello cautelare, ex art. 322 bis cod.proc.pen., avanzato da NOME, legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE terza interessata, avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce con la quale era stata rigettata l’istanza di restituzione della polizza avente n. 105213 relativa al rapporto n. 14748162 acceso presso Assicurazioni Generali spa, nell’ambito di indagini svolte nei confronti di COGNOME NOME in relazione ai reati di cui agli artt. 416
cod.pen., 8 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, 640 bis cod.pen., artt. 119 comma 13 bis d.l. 34/2020 e 481 cod.pen.
1.1. Il tribunale cautelare, premesso che nell’ambito di indagini per reati fiscali, era stato emesso decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni e denaro nella disponibilità di COGNOME NOME, anche per interposta persona, che vista l’incapienza della società, il sequestro era stato eseguito nei confronti del Cursano per equivalente su beni mobili, immobili, conti correnti, tra cui la polizza assicurativa n. 105213 contratta dalla RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME, afferente al trattamento di fine rapporto dell’amministratore (T.F.M.) all’epoca COGNOME NOME, ha respinto l’appello cautelare della RAGIONE_SOCIALE atteso che la polizza medesima era nella disponibilità dell’indagato COGNOME quale persona fisica, beneficiario della polizza stessa, in quanto cessato dalle funzioni di amministratore per effetto dell’applicazione di misura interdittiva.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso la società RAGIONE_SOCIALE terza interessata, a mezzo del difensore di fiducia munito di procura speciale, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo tre motivi di ricorso.
Violazione di legge ex art. 325 cod.proc.pen. Mancanza delle condizioni legittimanti il provvedimento di sequestro per equivalente nei confronti del terzo COGNOME RAGIONE_SOCIALE contraente la polizza assicurativa. Mancanza di disponibilità della polizza in capo all’indagato COGNOME NOME. Argomenta la ricorrente che il tribunale avrebbe ritenuto il bene nella disponibilità dell’indagato laddove, invece, sarebbe rimasto sempre nella sfera di disponibilità dell’ente perché mai portata a scadenza. Il tribunale avrebbe erroneamente argomentato l’acquisizione delle somme oggetto della polizza in sequestro già maturate ed esigibili, e quindi entrate nella sfera di disponibilità giuridica dell’indagato nella sua qualità di beneficiario, e ci in conseguenza dell’evento previsto dalla polizza ossia la cessazione dell’incarico di amministratore della società. Tale argomentazione sarebbe errata in quanto il diritto acquisito dal beneficiario, ex art. 1920 comma 3, cod. civ., non importa l’automatica disponibilità dei premi versati posto che essi non possono considerarsi come definitivamente usciti dal patrimonio del contraente data la revocabilità del beneficio a norma dell’art. 1921 cod. civ. e la possibilità di riscatto e riduzione della polizza, ex art. 1925 cod. civ.. Con un ragionamento che muove dall’errata interpretazione della norma, l’ordinanza impugnata avrebbe ritenuto non più revocabile il beneficio e il diritto di riscatto, non valutando che l’oggetto del polizza sottoscritta da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, per il pagamento di fine mandato, riguarda l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE e non il sig. NOME COGNOME In secondo luogo, poiché il beneficiario era indicato nel l’amministratore pro tempore della COGNOME
RAGIONE_SOCIALE e non nominativamente nella persona del signor NOME COGNOME essendo cessato dalla carica già da circa 8 mesi senza che abbia chiesto alcunché, sarebbe evidente che detta polizza ora opera a favore del nuovo amministratore della società. Sicché deriva che la predetta polizza dovrebbe essere restituita alla società RAGIONE_SOCIALE
Violazione di legge ex art. 325 cod.proc.pen. Travisamento della prova. Argomenta la ricorrente che non essendo ancora venuta a scadenza la polizza ed essendo mutato l’amministratore dell’ente odierno, la polizza sottoscritta nel 2021, per una durata di anni cinque, dovrebbe estendersi al nuovo amministratore beneficiario della medesima, ossia alla sig.ra NOME COGNOME e ciò in quanto tale polizza non sarebbe stata mai posta in liquidazione per il verificarsi dell’evento. L’unico soggetto giuridico ad avere il diritto di porla in liquidazione sarebbe solo la società e la società sarebbe l’unico soggetto avente diritto alla restituzione.
Violazione di legge ex art. 85 disp. att. cod.proc.pen. avendo il tribunale ritenuto non applicabile la disposizione in questione in quanto, per giurisprudenza di legittimità non sarebbe applicabile al sequestro preventivo, ma solo a quello probatorio, giurisprudenza di legittimità di recente superata dalla ritenuta applicabilità anche al sequestro preventivo in applicazione dell’art. 104 disp att. cod.proc.pen. come argomentato nella memoria difensiva.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è manifestamente infondato.
Va anzitutto rilevato, per inquadrare correttamente la vicenda di cui ci si occupa, che nei confronti di COGNOME NOME sono state applicate le misure interdittive del divieto di contrattare con la P.A. e di esercitare attività profession e imprenditoriali per la durata di un anno, in relazione ai reati di partecipazione ad associazione per delinquere, di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di indebita percezione di erogazioni pubbliche. I reati, nella provvisoria incolpazione, sono stati diretti a far conseguire alla “RAGIONE_SOCIALE“, di cui era lega rappresentante NOME COGNOME, il riconoscimento di crediti di imposta fittizi, poi ceduti a terzi, previa emissione di fatture per operazioni inesistenti e falsi certific rilasciati da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, così da strumentalizzare le disposizioni agevolative del c.d. “superbonus” previste dall’art. 121 di. n. 34 del 2020; e che, nell’ambito della medesima indagine, era stato emesso decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente delle somme di denaro, dei beni e delle altre utilità nella disponibilità della “RAGIONE_SOCIALE” o per equivalente di NOME COGNOME, nella misura corrispondente al valore dei crediti di imposta acquisiti dalla “RAGIONE_SOCIALE che in sede di esecuzione era stata sottoposta a sequestro, tra gli altri beni
la polizza assicurativa n. 105213 sottoscritta dalla RAGIONE_SOCIALE (terza interessata) e RAGIONE_SOCIALE
Va ancora rammentato che nei procedimenti penali avverso ai provvedimenti cautelari reali l’art. 325 cod. proc. pen. circoscrive il ricorso per cassazione soltanto ai motivi attinenti alla violazione di legge, nel novero della quale deve essere ricompreso il solo vizio di motivazione apparente da cui l’inammissibilità del secondo motivo nella misura in cui deduce il travisamento della prova.
5. Ciò posto e tenuto conto dei limiti di deduzione nel giudizio di legittimità in materia cautelare reale, la ricorrente, terza estranea rispetto ai fatti di reat contestati al COGNOME NOME, già amministratore della RAGIONE_SOCIALE ha dedotto la violazione di legge correlata all’errata individuazione del presupposto “della disponibilità” dei beni oggetto del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente e il vizio di motivazione apparente. Tale assunto muove, a sua volta, dalla dedotta errata interpretazione degli artt. 1921 e 1925 cod. civ.
Si tratta di un assunto difensivo privo di fondamento avendo l’ordinanza impugnata ritenuto nella disponibilità dell’indagato COGNOME la polizza assicurativa, ovvero il diritto di credito in essa incorporato nella ritenuta disponibilità di COGNOME NOME, con argomentazione congrua e per nulla apparente.
Secondo l’ordinanza impugnata, il diritto all’acquisizione delle somme ovvero la prestazione oggetto della polizza assicurativa de quo (somma di denaro quale trattamento di fine mandato), secondo le disposizioni contrattuali era già maturato per il verificarsi dell’evento a cui la polizza riconnette il diritto prestazione (erogazione della somma di denaro) e in quanto esigibile era entrato nella sfera giuridica del beneficiario ovvero di COGNOME Fabio.
In altri termini, poiché si era verificato l’evento previsto dalle condizion contrattuali, e cioè la cessazione della carica di amministratore della società per effetto dell’applicazione della misura interdittiva nei suoi confronti, e poiché per effetto della designazione, quale beneficiario, questi acquista un diritto proprio a vantaggio dell’assicurato, essendo il credito certo (il quantum era stato negoziato in sede contrattuale) ed esigibile per effetto del verificarsi dell’evento, la somma oggetto della prestazione contrattuale era nella disponibilità del beneficiario COGNOME e come tale sottoposta a sequestro preventivo, in funzione della confisca per equivalente, a nulla rilevando la revocabilità del beneficio e la facoltà di riscatt e riduzione ai sensi degli artt. 1921 e 1925 cod. civ.
La decisione del tribunale è sorretta da una motivazione che non è apparente, a fronte della quale la ricorrente, al netto del travisamento probatorio che non può essere dedotto in questa sede, finisce per non confrontarsi appieno con la ratio decidendi da cui l’inammissibilità per difetto di specificità estrinseca.
Non viene in rilievo, come assume la difesa, la violazione degli artt. 1921 e
1925 cod. civ.
La ricorrente società, che è la parte assicurata nel contratto stipulato con l’Assicurazione Generali RAGIONE_SOCIALE, non ha mai dichiarato e allegato di avere operato la sostituzione del beneficiario e di aver agito per il riscatto/riduzione della polizza i oggetto.
Dunque, non è in questione l’interpretazione delle disposizioni normative, venendo in rilievo, in questa fase cautelare, unicamente la verifica se sulla scorta dei dati di fatto storici, come ricostruiti dall’ordinanza impugnata, l’assicurato ( società RAGIONE_SOCIALE) abbia modificato l’indicazione del beneficiario ovvero chiesto il riscatto o la riduzione, e se la somma oggetto della prestazione contrattuale sia o meno entrata nella disponibilità dell’indagato e come tale sottoponibile a sequestro preventivo.
E la risposta dell’ordinanza, sulla scorta dei dati di fatto sopra enunciati, è stata positiva.
In altri termini, l’ordinanza impugnata ha argomentato che il COGNOME, per effetto della cessazione del rapporto di collaborazione (evento) a seguito dell’applicazione della misura interdittiva, aveva acquisito nella sua disponibilità il diritto di credito (la prestazione contrattuale), certo, liquido ed esigibile per effe del verificarsi appunto dell’evento, e pertanto tale diritto era nella sua disponibilit giuridica. A nulla rileva, inoltre, ai fini della disponibilità, che il diritto di cre entrato nel patrimonio del Cursano, non sia ancora stato azionato con la richiesta di liquidazione. Infatti, il diritto di credito di COGNOME NOME spetta al medesimo per il solo effetto della designazione quale beneficiario al momento dell’evento e qualora la controparte contrattuale (la ricorrente) azioni la modifica, revoca/riduzione, a norma degli artt. 1921 e 1925 cod. civ., esso rimarrà in capo al COGNOME NOME fino all’eventuale sentenza in un giudizio civile favorevole alla ricorrente.
6. Il terzo motivo di ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza. Non rileva la questione dell’applicazione o meno della disposizione di cui all’art. 85 disp. att. cod.proc.pen. al sequestro preventivo o solamente al sequestro probatorio. Infatti, l’inammissibile richiesta, sottesa alla dedotta violazione di legge, rivolta all’A.G. di restituzione della polizza con prescrizione d modifica del beneficiario appare preclusa in questa sede per le ragioni sopra esposte.
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 07/05/2025