LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro per truffa: basta il fumus commissi delicti

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro per truffa a carico di una società fornitrice di mascherine a un’azienda ospedaliera. Nonostante test contraddittori sulla conformità dei prodotti, la Corte ha ritenuto sufficiente il ‘fumus commissi delicti’ (l’apparenza del reato) per giustificare la misura cautelare, data la pericolosità dei dispositivi e l’impossibilità di garantirne la sicurezza complessiva.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per Truffa: Basta il Sospetto del Reato per le Misure Cautelari

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19148 del 2024, affronta un caso complesso relativo a un sequestro per truffa, originato dalla fornitura di dispositivi di protezione individuale non conformi. La decisione ribadisce principi fondamentali in materia di misure cautelari reali, chiarendo come il fumus commissi delicti, ovvero la semplice apparenza del reato, sia sufficiente per giustificare il sequestro, anche in presenza di prove tecniche contraddittorie. Questa pronuncia offre spunti cruciali sull’equilibrio tra la tutela del patrimonio e la prevenzione dei reati, soprattutto quando è in gioco la salute pubblica.

Il Caso: Fornitura di Mascherine Non Conforme e Test Contraddittori

Una società operante nel settore delle forniture mediche si era vista sequestrare una somma ingente, pari a oltre 2,4 milioni di euro, quale profitto del reato di truffa aggravata. L’accusa era di aver fornito a un’azienda ospedaliera un’enorme partita di mascherine FFP2 che, secondo le indagini iniziali e i test condotti da laboratori privati, non rispettavano gli standard di sicurezza richiesti, risultando pericolose per l’uso.

La difesa della società e del suo legale rappresentante si basava su un elemento cruciale: analisi successive, eseguite dall’autorità doganale su una parte dei modelli di mascherine, avevano dato esito favorevole. Sebbene anche in questi test alcuni campioni superassero di poco i limiti di permeabilità, erano stati giudicati conformi in virtù dell’incertezza di misura prevista dalla normativa. Questa discrepanza tra le analisi, secondo i ricorrenti, faceva venir meno il presupposto del sequestro, ovvero il fumus commissi delicti, almeno per una parte della fornitura.

Il Sequestro per Truffa e i Motivi del Ricorso

I ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame, che aveva confermato il sequestro, sollevando due questioni principali:

1. Insussistenza del fumus commissi delicti: A fronte di risultati analitici contrastanti, il giudice avrebbe dovuto applicare il principio del favor rei (il dubbio favorisce l’imputato) e escludere la sussistenza del reato. Inoltre, l’impossibilità di quantificare con esattezza il profitto derivante dalle sole mascherine effettivamente non conformi rendeva illegittimo il sequestro dell’intera somma.
2. Mancanza dell’elemento soggettivo (dolo): La condotta dell’imprenditore, secondo la difesa, integrava al massimo un addebito colposo, consistente nell’omesso e negligente controllo sull’affidabilità del fornitore straniero. Tale negligenza sarebbe l’esatto opposto del dolo di truffa, che richiede invece la coscienza e la volontà di ingannare l’acquirente vendendo merce che si sa essere difettosa.

La Decisione della Cassazione sul Sequestro per Truffa

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità del sequestro preventivo. Le argomentazioni della Suprema Corte sono fondamentali per comprendere la logica delle misure cautelari nel processo penale.

I Limiti del Giudizio sul Fumus Commissi Delicti

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il giudizio in sede di riesame di una misura cautelare reale non è un processo nel processo. Il giudice non deve accertare la piena colpevolezza dell’indagato, ma solo verificare l’esistenza del fumus commissi delicti, ossia l’astratta possibilità di sussumere il fatto contestato in una determinata ipotesi di reato. In questo contesto, gli esiti contraddittori delle analisi non eliminavano l’apparenza del reato. Il Tribunale aveva correttamente valorizzato la testimonianza della responsabile tecnica dell’autorità doganale, la quale aveva spiegato che l’eterogeneità dei lotti e l’impossibilità di tracciare la provenienza dei singoli campioni rendevano l’intera fornitura inaffidabile. La presenza, anche solo in una parte dei test, di campioni non conformi era sufficiente a configurare il fumus di una truffa ai danni dell’ente pubblico e, di riflesso, un pericolo per la salute pubblica.

Dalla Negligenza al Dolo di Truffa

La Cassazione ha smontato anche la tesi della mera colpa. L’asserita “negligenza” dell’agente nel non verificare l’affidabilità del produttore iniziale non è un elemento scriminante. Al contrario, la Corte ha ritenuto che la successiva commercializzazione di prodotti potenzialmente pericolosi, importati in modo confuso, senza valide certificazioni e accompagnati da documentazione ingannevole, costituisce una condotta volontaria e consapevole. L’imprenditore, servendosi di tale situazione per concludere il contratto, ha perpetuato la condotta criminosa, inducendo in errore l’acquirente. La condotta, quindi, non era meramente negligente, ma integrava pienamente il dolo richiesto per il reato di truffa.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura e la finalità del sequestro preventivo. Il giudice del riesame non può sostituirsi al giudice del merito compiendo indagini complesse, ma deve operare un controllo sulla base degli elementi disponibili. Nel caso di specie, il Tribunale aveva correttamente desunto il fumus del reato da una serie di elementi concordanti: le sommarie informazioni testimoniali, le annotazioni di polizia giudiziaria, le consulenze tecniche e i verbali di sequestro. L’eterogeneità dei lotti e la presenza accertata di dispositivi pericolosi rendevano l’intera fornitura inidonea e giustificavano l’ipotesi di reato sull’intero importo. La Corte ha sottolineato che non si poteva pretendere una certezza assoluta sulla conformità di ogni singola mascherina, data l’impossibilità pratica di un’analisi a tappeto. La presenza di un cospicuo campione non filtrante era sufficiente a non poter accettare il rischio di una loro capillare distribuzione.

le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: nel procedimento cautelare, per giustificare un sequestro per truffa, non è richiesta la prova piena della colpevolezza, ma un quadro indiziario che renda plausibile l’esistenza del reato. In contesti che coinvolgono la sicurezza e la salute pubblica, come la fornitura di dispositivi medici, anche il solo dubbio fondato sulla conformità del prodotto può essere sufficiente a sostenere l’ipotesi accusatoria in questa fase preliminare. La condotta di un imprenditore che immette sul mercato beni di cui non può garantire la sicurezza, pur di trarne profitto, non può essere derubricata a semplice negligenza, ma configura una precisa volontà fraudolenta.

Per disporre un sequestro preventivo per truffa è necessaria la prova certa del reato?
No, non è necessaria la prova certa. Secondo la sentenza, è sufficiente il cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero un quadro di elementi che rendano verosimile e plausibile che un reato sia stato commesso, giustificando così l’adozione della misura cautelare.

Se in una fornitura di prodotti alcuni risultano conformi e altri no, si può sequestrare l’intero profitto?
Sì. La Corte ha stabilito che, data l’impossibilità di distinguere i lotti conformi da quelli non conformi e l’inaffidabilità complessiva della fornitura, l’intera operazione commerciale può essere considerata fraudolenta. Di conseguenza, è legittimo il sequestro dell’intero profitto derivante dalla vendita.

Una condotta negligente, come l’omesso controllo su un fornitore, esclude il dolo di truffa?
No. La Corte ha chiarito che la condotta deve essere valutata nel suo insieme. L’aver consapevolmente commercializzato prodotti di dubbia sicurezza, con documentazione confusa o non veritiera, trasforma quella che potrebbe apparire come una negligenza iniziale in una condotta volontariamente fraudolenta (dolo).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati