Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19148 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19148 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti, con unico atto, da
COGNOME NOME, nato a Faenza il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO,
di fiducia e da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore rappresentata ed assistita dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso la ordinanza in data 17/11/2023 del Tribunale di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
preso atto che è stata avanzata rituale richiesta dalle parti di trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
letta la memoria difensiva nell’interesse di COGNOME NOME di replica in data 04/03/2024;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la memoria difensiva di replica in data 04/03/2024; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, riportandosi alla memoria scritta, ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udita la discussione della difesa dei ricorrenti, AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che si sono riportati ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 20/11/2023, il Tribunale di Bologna rigettava l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza emessa in data 12/10/2013 con la quale il AVV_NOTAIO per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bologna, in relazione al reato di truffa aggravata (capo D) aveva rigettato l’istanza di dissequestro e di restituzione della somma di euro 2.436.329,80 presentata in data 17/05/2023 dalle difese dei succitati instanti.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di COGNOME NOME e di RAGIONE_SOCIALE, sono stati proposti, con unico atto, ricorsi per cassazione, i cu motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen. per violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., avendo la stessa fornito una motivazione solo apparente in ordine al primo motivo del riesame nella parte in cui si evidenziava che in una situazione di dubbio si deve propendere per una soluzione pro reo e non contra reum; nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per violazione degli artt. 321 cod. proc. pen. e 640 cod. pen. nella parte in cui, pur riconoscendo che almeno una parte RAGIONE_SOCIALE mascherine erano conformi agli standard e, quindi, a quanto pattuito, ha ritenuto sussistente il fumus sull’intera fornitura; nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per violazione degli artt. 321 cod. proc. pen., 640-quater e 322-ter cod. pen., 25, comma 2 e 27, commi 1 e 3 Cost., nella parte in cui si applica il sequestro finalizzato alla confisca pe equivalente del profitto del reato, nonostante risulti impossibile quantificare detto profitto.
L’ordinanza impugnata muove da un dato fattuale incontrovertibile: con riferimento alle mascherine TARGA_VEICOLO (costituenti parte della fornitura, comprendendo questa principalmente mascherine modello TARGA_VEICOLO) vi sono
accertamenti di conformità tra loro contraddittori e non convergenti, in quanto la verifica eseguita dalla principale autorità preposta ai controlli (RAGIONE_SOCIALE) ha avuto esito opposto rispetto agli esami condotti da due laboratori privati (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE). Da qui il corollario del venir meno del fumus del reato di truffa limitatamente alla partita RAGIONE_SOCIALE mascherine TARGA_VEICOLO e la necessità di non considerare come profitto del reato il prezzo di vendita di una partita rispetto alla quale vi è la possibilità che fosse conforme a quanto pattuito. Il Tribunale, invece di cogliere il rilievo che la diversità di esiti dei medesimi tes comportasse la necessità di rilevare che qualcosa non tornava, ha fornito spiegazioni ipotetiche, del tutto inappaganti.
Attesa la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, occorre domandarsi se, a fronte dell’impossibilità di stabilire quali e quante siano le mascherine non conformi e, quindi, quale sia il profitto derivante da quelle non idonee, sia possibile applicare comunque la confisca sull’intero importo della complessiva vendita. In assenza del duplice requisito – accrescimento patrimoniale e stretta derivazione causale tra questo ed il reato contestato – non potrà parlarsi di confisca del profitto. Applicare in via cautelare una misura che, secondo i canoni di giudizio per essa adottabili, non potrà essere successivamente confermata in via definitiva, si risolve in una violazione di diritti fondamentali e, in particola del diritto di proprietà, che oltre a trovare tutela nell’art. 42 Cost. espressamente preso in considerazione dell’art. 17 della CFUE, che guarda al diritto di proprietà quale diritto dell’individuo.
Secondo motivo: nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per violazione degli artt. 321 cod. proc. pen. e 640 cod. pen., nella parte in cui, pur riconoscendo che la fornitura di mascherine TARGA_VEICOLO sia il frutto di un negligente omesso controllo dell’affidabilità del fornitore straniero, assume come astrattamente configurabile il delitto di truffa quale presupposto del sequestro a fini di confisca. La circostanza assunta a base della motivazione, cioè l’omesso diligente controllo sull’affidabilità del fornitore straniero, integra addebito colposo che costituisce l’esatta antitesi del dolo di truffa, il quale impone invece che COGNOME avesse scientemente ceduto merce di cui conosceva il mancato rispetto degli standard.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
E’ opportuno, in generale, premettere che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso
solo per violazione di legge; in tale nozione si devono ricomprendere sia gli erro res in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296). Ne consegue che costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per cassazione soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicità manifesta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (cfr., Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, COGNOME, Rv. 242916; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. U, n. 25933 del 29/05/2008, COGNOME, non massimata sul punto; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710).
2.1. Secondo l’ormai risalente insegnamento della giurisprudenza di legittimità, le condizioni generali per l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE misure cautelari personali indicate nell’art. 273 cod. proc. pen., non sono estensibili, per le loro peculiarità, alle misure cautelari reali; di conseguenza ai fini della doverosa verifica della legittimità del provvedimento con il quale sia stato ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno o più reati, il controllo del giudice del riesame non può investire, in relazione alle misure cautelari reali, la concreta fondatezza di un’accusa, ma deve limitarsi all’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato (Sez. U, n. 4 del 25/03/1993, Gifuni, Rv. 193118). Tale principio è stato successivamente ribadito e si è affermato che la verifica RAGIONE_SOCIALE condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del riesame o della Corte di Cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (cfr., Sez. U, n. 6 del 27/03/1992, COGNOME, Rv. 191327; Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, COGNOME, Rv. 215840).
Successivamente, le Sezioni Unite (sent. n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME) hanno affrontato l’argomento della rilevanza degli indizi in materia di misure cautelari reali, collocando il tema degli indizi al di fuori della nozione d fumus commissi delicti, che dà corpo al nesso di pertinenzialità fra il bene sequestrato e la fattispecie concreta di reato di riferimento, e ribadendo che le
condizioni generali per l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE misure cautelari personali, previste dall’art. 273 cod. proc. pen., non sono estensibili, per le loro peculiarità, all misure cautelari reali; è preclusa per queste ultime, in sede di verifica della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, ogni valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati e sulla loro gravità. Tale principio, tra l’altro, è uscito indenne dallo scrutinio di compatibili costituzionale del AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE leggi, che, con la sentenza n. 48 del 17/02/1994, ritenne infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 321 e 324 cod. proc. pen., sollevata con riferimento agli art. 24, 97, 111, 42 Cost. per il fatto che le misure cautelari reali possono essere adottate indipendentemente dalla verifica della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza; tale assetto non implica violazione dell’art. 24 Cost., posto che è possibile graduare i valori che l’ordinamento tutela (da un lato la libertà personale, dall’altro la libera disponibilità dei beni), e costrui differentemente il potere del giudice di adottare le misure e, conseguentemente, la tipologia del controllo in sede di gravame; le misure cautelari reali attengono a cose che prescindono da qualunque indizio di colpevolezza e non si proiettano sull’autore del fatto criminoso; nessun contrasto sussiste poi con l’art. 42 Cost. in quanto i limiti di disponibilità dei beni si correlano alla funzione preventiva della cautela. Così come neppure violati sono gli artt. 27 e 111 Cost. giacché il controllo del giudice è tutt’altro che «burocratico» ed è tale da soddisfare pienamente il corrispondente obbligo di motivazione.
2.2. Tuttavia le Sezioni Unite, nell’ultimo arresto ricordato, hanno precisato che quantomeno il sequestro preventivo e quello probatorio, nel presupporre l’esplicitazione della sussistenza di un reato in concreto mediante la esposizione e la valutazione degli elementi in tal senso significativi, comportano, per l’autorità giudiziaria che li dispone o li conferma, il dovere di verifica – non più concepibile in termini solo astratti – della compatibilità e congruità degli elementi addotti dall accusa (e della parte privata ove esistenti) con la fattispecie penale oggetto di contestazione.
Inoltre, la Corte costituzionale nella ordinanza n. 153 del 04/05/2007, tornando sul tema, ha riconosciuto che l’assetto normativo differenziato RAGIONE_SOCIALE misure cautelari reali (per le quali non è richiesto il presupposto della gravità indiziaria) e quello RAGIONE_SOCIALE cautele personali non è comunque incompatibile e non preclude l’indagine (negli ovvi limiti propri del giudizio di riesame RAGIONE_SOCIALE misure cautelari reali) e la verifica «nel singolo caso concreto», del «fumus» del reato ipotizzato dall’accusa, comprensivo dei riferimenti all’eventuale difetto di elemento soggettivo, purché emergente «ictu ocu/i», indagine e verifica che anzi possono rendersi doverose.
2.3. Nella giurisprudenza più recente di questa Suprema Corte si è così delineato il principio che ai fini dell’emissione e della conferma del sequestro preventivo il giudice deve valutare la sussistenza in concreto del fumus commissi delicti attraverso una verifica puntuale e coerente RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta, all’esito della quale si possa sussumere la fattispecie concreta in quella legale e valutare la plausibilità di un giudizio prognostico in merito alla probabile condanna dell’imputato (Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Macchione, Rv. 265433).
2.3.1. La valutazione di insussistenza del presupposto del fumus commissi delicti e l’esclusione dei gravi indizi di colpevolezza presuppongono, quindi, un giudizio di incompatibilità con la stessa astratta configurabilità della fattispecie criminosa che costituisce requisito essenziale per l’applicabilità della misura cautelare reale (Sez. 6, n. 20839 del 07/02/2018, COGNOME, Rv. 272954). Di conseguenza, la verifica del giudice, ancorché non debba tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, deve, tuttavia, accertare la possibilità di sussunnere il fatto, così come contestato e prospettato, in una determinata ipotesi di reato; in particolare, ai fini dell’individuazione del fumus commissi delicti, non può essere sufficiente la mera «postulazione» dell’esistenza del reato, da parte del pubblico ministero, in quanto il giudice, nella motivazione dell’ordinanza, deve rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostra indiziariamente la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale (Sez 5, n. 28515 del 21/05/2014, COGNOME, Rv. 260921): da qui l’insufficienza della semplice verifica astratta della corretta qualificazione giuridica dei fatti prospettat dall’accusa (Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, Polifroni, Rv. 272927), dovendo la valutazione in ordine al fumus del reato ipotizzato investire tutti gli elementi della fattispecie contestata (Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi, Rv. 266896, secondo cui il giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché esso emerga ictu ocu/i). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nello sviluppo dell’analisi giurisprudenziale si è riconosciuto che, nel procedimento incidentale concernente l’impugnazione di misure cautelari reali, non contravviene alla regola sin qui esposta il giudice che prenda in esame l’esito del parallelo procedimento incidentale relativo alle misure cautelari personali, ed in particolare gli esiti del provvedimento di rigetto della richiesta di misura, con affermazione della estraneità della condotta addebitata alla fattispecie criminosa, dal momento che l’esclusione, con siffatta motivazione, della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza fa venire meno quella astratta configurabilità del reato, che è requisito essenziale per l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE misure cautelari reali (Sez. 2, n.
19657 del 17/04/2007, COGNOME, Rv. 236590). Tale principio è stato poi ribadito da numerose successive pronunce (cfr., Sez. 6, n. 39249 del 25/10/2011, COGNOME, Rv. 251085; Sez. 6, n. 34506 del 13/06/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253253; Sez. 2, n. 22207 del 29/04/2014, COGNOME, Rv. 259758; Sez. 6, n. 20839 del 07/02/2018, COGNOME, Rv. 272954), tutte nel senso che la valutazione di insussistenza del presupposto del fumus commissi delicti può legittimamente tener conto del provvedimento di annullamento dell’ordinanza dispositiva della misura cautelare personale, purché l’esclusione dei gravi indizi di colpevolezza sia fondata su una motivazione incompatibile con la stessa astratta configurabilità della fattispecie criminosa che costituisce requisito essenziale per l’applicabilità della misura cautelare reale nonché di tutte le risultanze processuali (ivi comprese le confutazioni e gli elementi offerti dall’indagato) che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato (Sez. 5, n. 21525 del 08/02/2018, Sabatini, Rv. 273127).
2.4. Deve, infine, considerarsi che il perimetro cognitivo del giudice del riesame, nell’appello cautelare ex art. 322-bis cod. proc. pen., è diverso rispetto a quello del riesame, in quanto nel giudizio di appello in materia di misure cautelari reali opera il principio devolutivo, in virtù del quale al giudice è attribuita cognizione del procedimento nei limiti segnati dai motivi posti a sostegno dell’impugnazione (v., tra le tante: Sez. 6, n. 15855 del 05/02/2004, Montalto, Rv. 228809).
Fermo quanto precede, evidenzia il Collegio come, in relazione al primo – infondato – motivo di ricorso, i ricorrenti abbiano dedotto che, a seguito RAGIONE_SOCIALE analisi eseguite sulle mascherine TARGA_VEICOLO, fosse emersa la loro corrispondenza agli standard richiesti, per cui difettava il fumus del delitto contestato, quantomeno su una partita di beni in relazione ai quali era stata accertata la conformità ai parametri di protezione individuali. Da qui la necessità di una più accurata indagine sulle caratteristiche tecniche dei presidi di protezione individuali che, a seguito dell’accertamento tecnico svolto nei laboratori accreditati dall’RAGIONE_SOCIALE, si erano rilevati conformi alle prescrizioni tecniche.
3.1. Ritiene il Collegio che, tenuto conto del definito perimetro del sindacato di questa Suprema Corte in materia di provvedimenti di cautela reale, appaia evidente come, nel caso in esame, non sia possibile da parte del giudice esercitare il sindacato richiesto dai ricorrenti avverso l’impugnata ordinanza. Ed infatti, le censure difensive, più che prospettare un vizio di “violazione di legge” inteso nei limiti indicati dalla giurisprudenza di legittimità, si risolvono in una critica, pur argomentata, al procedimento valutativo attraverso il quale il Tribunale ha ritenuto come rebus sic stantibus non sussistessero elementi sufficienti per poter
accogliere le doglianze difensive finalizzate, in conclusione, ad escludere la sussistenza del fumus della contestata truffa.
Al giudice del riesame, così come al giudice di appello, non è consentito, in presenza di denunciate difformità negli accertamenti tecnici alla base della valutazione, compiere indagini o disporre incombenti istruttori per dirimere quel contrasto, accertamenti impediti, di fatto, anche dalla tipologia e dai tempi processuali del rito (cfr., Sez. 2, n. 3103 del 18/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239267; Sez. 3, n. 19011 del 12/02/2015, Citarella, Rv. 263554). In altre parole, il Tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia (per tutti: Sez. U, n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv. 206657) e, sulla base degli elementi già acquisiti ed utilizzabili, operare il controllo, non meramente cartolare, valutando il parametro del “fumus” del reato ipotizzato, con riferimento ed estendendo la sua indagine all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purché di immediato rilievo (v. Corte cost., ord. n. 153 del 2007; Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014, COGNOME, Rv. 259337).
3.2. A parere del Collegio, il Tribunale ha correttamente fatto applicazione di tali principi ed il proprio decisum non può essere emendato.
Nella fattispecie, il provvedimento impugnato ha posto in risalto come già il primo giudice avesse desunto il fumus del reato in contestazione da una serie di elementi, ed in particolare, dal verbale RAGIONE_SOCIALE sommarie informazioni testimoniali rese dalla dr.ssa COGNOME il 2 ed il 7 aprile 2021, dai documenti di corrispondenza costituenti taluni degli allegati dell’annotazione di polizia giudiziaria d 13/08/2021, dall’ulteriore annotazione di polizia giudiziaria del 06/05/2021, dagli accertamenti tecnici e dalla consulenza tecnica eseguita suo D.P.I. e dai verbali di sequestro del 07/07/2021 presso le società del COGNOME. In particolare, le indagini tecniche esperite dal pubblico ministero tramite la società RAGIONE_SOCIALE, effettuate in data 09/07/2921 su alcuni campioni di mascherine (modelli TARGA_VEICOLO e TARGA_VEICOLO), avevano consentito di accertare che la fornitura (pari a n. 1.471.000 mascherine FFP2 modelli TARGA_VEICOLO e TARGA_VEICOLO, con riferimento al periodo di importazione dal marzo al maggio 2020) effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE, che a sua volta aveva acquistato da RAGIONE_SOCIALE per poi rivenderle a RAGIONE_SOCIALE che le cedeva all’RAGIONE_SOCIALE, era costituita da dispositivi pericolosi, in quanto, a seguito RAGIONE_SOCIALE prove di penetrazione di materiale filtrante, era sta rilevata una percentuale di penetrazione variabile tra il 73,02% e il 16,11%, a fronte di una percentuale di massima tolleranza consentita dalla normativa pari al 6%: risultati, peraltro, conformi a quelli dei test effettuati in data 21/06/2021 sui medesimi dispositivi dalla RAGIONE_SOCIALE su incarico del COGNOME, che avevano registrato percentuali di penetrazione tra il 71,4% ed il 20%. La fornitura effettuata da RAGIONE_SOCIALE a favore
RAGIONE_SOCIALE era stata accompagnata da documentazione relativa a tutte le mascherine consegnate, ossia sia le TARGA_VEICOLO che le TARGA_VEICOLO – che avrebbe dovuto comprovare la loro conformità agli standard di sicurezza – risultata essere falsa.
3.2.1. A fronte di queste evidenze, la difesa allegava gli esiti favorevoli RAGIONE_SOCIALE analisi successivamente compiute sulle (sole) mascherine modello TARGA_VEICOLO da parte dell’RAGIONE_SOCIALE che avrebbe costituito elemento rilevante per escludere l’ipotesi del consapevole inganno da parte del COGNOME per la vendita di beni asseritamente non commerciabili. Peraltro, nel provvedimento impugnato si dà atto che “anche le analisi eseguite dall’RAGIONE_SOCIALE rilevavano il mancato rispetto del limite del 6% in alcuni campioni (risultando valoro di permeabilità dell’8,1 e dell’8,4%), pur essendo stati ritenuti conformi, solo per via dell’incertezza di misura normativamente prevista”. E, lo stesso Tribunale fa proprie le osservazioni della dr.ssa COGNOME, secondo la quale “tali difformità erano da ricondursi all’impossibilità di individuare i lotti di provenienza dei campioni e la presenza di un singolo campione determinava la non conformità dell’intero lotto”.
3.2.2. Il Tribunale ha condivisibilmente ritenuto che le argomentazioni difensive – in questa sede sostanzialmente riproposte – non valgano a scalfire il fumus commissi delicti del reato in contestazione. Il dato costituito dagli esiti degli accertamenti effettuati dall’RAGIONE_SOCIALE non è stato in alcun modo pretermesso, ma, al contrario, oggetto di specifico approfondimento istruttorio che si è sostanziato nell’audizione della dr.ssa COGNOME, responsabile dei test, in data 17/02/2022. Quest’ultima non solo ha chiarito, in termini probabilistici, le ragioni della difformità di risultato rispetto alle pregresse prove eseguite da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, ma – con il suo argomentare – ha anche fornito elementi di assoluta affidabilità per escludere che si fosse fatta confusione tra le mascherine TARGA_VEICOLO (che il lotto non specificava) e le mascherine TARGA_VEICOLO (il cui lotto di produzione era chiaramente indicato) alla luce dell’eterogeneità dei lotti forniti all’RAGIONE_SOCIALE ospedaliera. In relazione al primo tema, la dr.ssa COGNOME ha precisato che “i test sono i medesimi ma, non essendo stato possibile verificare il lotto di produzione, non è da escludersi che siano stati analizzati lotti di produzione diversi per la stessa tipologia di mascherine TARGA_VEICOLO“; con riferimento al secondo, era possibile evincere – a parere del Tribunale – che, nella descrizione dei campioni analizzati dall’RAGIONE_SOCIALE si era dato atto che nelle quattro scatole pervenute erano presenti diverse scritte in caratteri orientali e, sul lato, solo “presumibilmente” indicato il lotto di produzione: una descrizione non certa, che avvalorava ulteriormente i sospetti della AVV_NOTAIO.ssa COGNOME sull’affidabilità della pregressa indagine “favorevole”, anche perché – aggiungeva il Tribunale – pur
volendo ammettere che il lotto di produzione sulle scatole fosse unico, era in ogni caso emersa chiaramente la diversità di qualità e di caratteristiche RAGIONE_SOCIALE mascherine TARGA_VEICOLO inserite nelle scatole di cui alla campionatura eseguita per i test. Né, infine, si poteva fondatamente ritenere che si dovesse raggiungere la certezza RAGIONE_SOCIALE caratteristiche di tutte le mascherine consegnate per poter dare una risposta tranquillante sulla loro conformità agli standard normativi, dal momento che una simile indagine era di fatto impossibile atteso il numero dei manufatti, in presenza di una ineludibile indagine a campione che serve proprio, in situazioni del genere, a fornire un dato rappresentativo di parametro che consenta una valutazione complessiva su base statistica. E, la rilevata presenza di un cospicuo campione altamente rappresentativo di mascherine di entrambi i modelli non filtranti non poteva certo consentire di accettare il rischio, da parte dell’utilizzatore-compratore finale, di una loro capillare distribuzione.
4. Infondato è anche il secondo motivo.
Si valorizza il dato della colpa, asseritamente escludente il dolo della truffa, conseguente alla accertata negligente condotta del fornitore che avrebbe importato dalla Cina mascherine, in modo confuso, senza alcuna preventiva verifica di affidabilità del produttore ed in assenza di valida certificazione d accompagnamento del prodotto.
Ferme le valutazioni di cui sopra in merito ai limiti di indagine del giudice del riesame e dell’appello cautelare in ordine alla verifica della ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato, nella fattispecie non appare improprio riconoscere che la asserita “negligenza” dell’agente, lungi dal rappresentare un dato scriminante o ancor di più un elemento che poteva indurre a considerare quest’ultimo come prima vittima della condotta truffaldina altrui, va imputata allo stesso agente (imputet sibi) che, quand’anche si volesse ritenere essere il terminale di una condotta criminosa di più vasto raggio perchè iniziata dal produttore RAGIONE_SOCIALE mascherine, dandone corso attraverso la successiva vantaggiosa commercializzazione, l’ha volutamente perpetuata, servendosi a tal fine di una documentazione accompagnatoria contraffatta a sé riferibile – di decisiva rilevanza per la conclusione del negozio – che ha determinato l’acquirente indotto in errore al compimento dell’acquisto di un bene inutilizzabile.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Così deciso in Roma il 12/03/2024.