Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34777 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34777 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di FORLI’
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 febbraio 2024 il Tribunale di Forlì ha rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GUP del Tribunale il 16 gennaio 2024, con il quale era stato convertito in sequestro preventivo, il sequestro probatorio disposto a carico di COGNOME NOME, indagato per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90.
1.1. Il COGNOME, in data 11 dicembre 2023, era stato sottoposto a controllo su strada, a bordo della sua autovettura e, durante la perquisizione veicolare eseguita, in un apposito vano creato sotto i sedili posteriori, erano rinvenuti 28 panetti di sostanza stupefacente del tipo cocaina. La perquisizione veniva estesa all’abitazione del NOME dove, all’interno di un garage il cui telecomando di apertura si trovava nella disponibilità della madre del ricorrente, erano rinvenuti ottantamila euro in banconote di vario taglio.
1.2. Su detta somma di denaro veniva dapprima disposto il sequestro probatorio, poi, all’esito degli accertamenti dattiloscopici, il PM chiedeva ed otteneva dal GIP la conversione in sequestro preventivo giusto provvedimento del 16 gennaio 2024.
Il Tribunale del riesame, adito dal NOME, rigettava l’istanza formulata contro il provvedimento di conversione del sequestro probatorio in preventivo.
Avverso il suddetto provvedimento è stato proposto ricorso nell’interesse del NOME affidandolo a tre motivi.
3.1. Con il primo si contestano violazioni di legge e vizi di motivazione in relazione alla già dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla madre del NOME, che veniva escussa a sit da personale della Questura di Firenze in data 11 e 13 dicembre 2023. Rileva la difesa che nei verbali viene “riferito” l’avvertimento delle facoltà di cui agli artt. 199 e 200 cod. proc. pen., della facoltà di chiedere che l’esame fosse audio-videoregistrato nonché della facoltà di rinunciare alla videoregistrazione. La donna rinunciava a tale facoltà, non essendo possibile procedere alla audiofonoregistrazione. Deduce la difesa che la fonoregistrazione avrebbe chiarito gli impacci linguistici della NOME-Filanxa che “sicuramente” non è stata posta nelle condizioni di comprendere compiutamente le facoltà di cui all’art. 199 cod. proc. pen. Da qui la richiesta di espungere dalla valutazione espressa, come mera formula di stile, le dichiarazioni della madre dell’odierno ricorrente.
3.2. Con il secondo motivo si contesta la carenza di motivazione addotta a sostegno del mantenimento del vincolo che si risolve nel “paventato timore che il denaro oggetto del sequestro possa essere disperso”. Il Collegio giudicante,
confermando la legittimità del sequestro preventivo ha omesso qualsivoglia valutazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora muovendo solo ed esclusivamente dal possesso di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente ed inferendo la diretta riconducibilità del denaro ad ipotesi delittuose non delineate né riferibili al ricorrente. Di contro, il Tribunale arbitrariamente omesso di individuare le ragioni per le quali ha presunto la titolarità della somma di denaro in capo al medesimo.
3.3. Con il terzo motivo si contesta la violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc pen. in relazione agli artt. 85 bis d.P.R. n. 309/90 e 240 bis cod. pen. per avere ‘rilevato il Tribunale che il sequestro del denaro fosse finalizzato alla confisca per sproporzione, peraltro, omettendo ogni valutazione circa la titolarità del denaro, la provenienza dello stesso e fondando il proprio giudizio su dichiarazioni inutilizzabili.
La Procura Generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso ripropone la censura della inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla madre del NOME che sono state già dedotte in sede di riesame e che sono state affrontate e risolte in maniera logica e affatto contraddittoria. La donna, sentita a sit ha riferito dell’uso esclusivo in capo al figlio del garage all’interno del quale è sta trovata la somma di ottantamila euro, oggetto di sequestro.
Il Tribunale ha, sul punto, argomentato in maniera del tutto coerente con il contenuto testuale dei verbali di sommarie informazioni dai quali risultano dati gli avvisi di legge. Per converso le allegazioni difensive sono del tutto generiche.
Quanto alla dedotta carenza dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, il Tribunale riprendendo gli elementi fattuali del caso in esame ha posto l’accento sul rinvenimento nella disponibilità del NOME di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di oltre quindici chilogrammi e la accertata riferibilità dell banconote in capo allo stesso di ottantamila euro, in banconote di vario taglio, all’interno di una scatola di scarpe riposta dentro un garage nella disponibilità del NOME e il cui telecomando si trovava dentro l’abitazione dove lo stesso abitava insieme alla madre.
Quanto al requisito del periculum in mora, pur essendo condivisibili i principi di diritto richiamati dalla difesa circa l’obbligo del giudice di motivare sulla sussistenza del “periculum” anche in caso di sequestro preventivo di cosa confiscabile, non può che evidenziarsi come la motivazione non può che riguardare il pericolo di dispersione del bene prima della definizione del giudizio proprio in virtù del criterio generale della
“esigenza anticipatoria” della confisca. In altri termini il giudice dovrà spiegare l ragioni per le quali non può attendere il provvedimento definitorio del giudizio rapportandole alle caratteristiche del bene oggetto del vincolo.
Il Tribunale, nel solco tracciato dalla giurisprudenza in materia ha evidenziato che proprio le connotazioni del caso palesano la concreta disponibilità della dispersione del denaro rinvenuto nel garage di casa del NOME che è disoccupato il che rende assai verosimile il suo utilizzo e giustifica l’anticipata ablazione del denaro.
3. Con il terzo motivo proposto, la difesa non si confronta, se non genericamente, con il provvedimento impugnato che ha fatto propri gli argomenti spesi dal GIP. E’ noto che “in relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, il denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato può essere sottoposto a confisca solo nel caso in cui ricorrano le condizioni previste all’art. 240bis cod. pen., applicabile in ragione de/rinvio operato dall’art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309” (da ultimo, Sez. 4 n. 20130 del 19/04/2022, Rv. 283248). Nel corpo motivazionale la Corte Corte ha chiarito che in relazione al reato di detenzione non è consentita la confisca nè ai sensi dell’art. 240 cod. pen., né ai sensi dell’art. 73 comma 7-bis, d.P.R. cit. applicabili, invece, all’ipotesi di cessione di sostanza stupefacente, mancando il necessario nesso tra denaro oggetto di ablazione e la mera detenzione. In particolare la citata sentenza spiega che in caso di mera detenzione, il denaro nella disponibilità dell’imputato, pur provenendo dall’attività di spaccio non costituirebbe il profitto del reato in contestazione quanto quello di pregresse cessioni. Verrebbe a mancare il nesso tra il reato contestato e il denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato con la conseguenza che non può trovare applicazione l’art. 240 cod. pen. che può avere ad oggetto solo il provento del reato per il quale l’imputato ha riportato condanna e non di altre (la detenzione piuttosto che la cessione effettuata in precedenza) Sez. 4, n. 40912 del 19/09/2016, Ka, Rv. 26790001, in motivazione; Sez. 2, n. 41778 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265247). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Da quanto detto discende che, in relazione a casi come quello in esame in cui sia contestata la sola detenzione di sostanza stupefacente, può procedersi alla confisca del denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato, quando ricorrano le condizioni per la confisca in casi particolari di cui all’art. 240 bis cod. pen. in forza rinvio operato dall’art. 85 bis d.P.R. n. 309 del 1990.
Nel solco tracciato da questa Corte si è posto il Tribunale che, preso atto che la cospicua somma di denaro rinvenuta nel possesso del NOME è stata sottoposta a sequestro ai sensi dell’art. 85 bis cit. ha esaminato la motivazione addotta dal GIP e l’ha condivisa ribadendo, ancora una volta, la sussistenza del requisito della sproporzione tra la disponibilità della somma e le condizioni economiche del NOME,
disoccupato che, ad oggi, non ha neppure provato a fornire una giustificazione circa la legittima provenienza di quel denaro.
A quanto detto deve aggiungersi, proprio in virtù di quanto appena detto, che il ricorso, sul punto, è del tutto aspecifico.
Assumere, poi, che non vi sarebbe neppure prova della riconducibilità di quel denaro all’imputato significa porre in discussione la propria legittimazione a chiederne la restituzione.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dall’imputato segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna oltre che al pagamento delle spese del procedimento, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero (cfr. C. Cost. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 10 settembre 2024