Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31139 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31139 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 03/06/1978
avverso l’ordinanza del 24/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza di cui in epigrafe il Tribunale di Bologna, adito ex artt. 322 e 3 cod.proc.pen., ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bologna in data 1.7.2024 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto un immobile sito in Bologna, INDIRIZZO, un’autovettura Alfa Romeo, modello Mito, tg. TARGA_VEICOLO e un’autovettura BMW mod. 320D Xdrive tg. TARGA_VEICOLO.
In particolare, il menzionato titolo ablativo aveva ad oggetto beni ritenuti intes fittiziamente alla stessa ma nella disponibilità del marito, NOMECOGNOME indagato dei re narcotraffico di cui ai capi 7, 8, 12, 14, 44, 46, 48, 56, 58, 59 e di partecipaz all’associazione dedita al traffico illecito di stupefacenti di cui al capo 62.
Per una migliore comprensione dei motivi di impugnazione appare opportuno procedere a una breve esposizione dei fatti che hanno condotto all’adozione del provvedimento cautelare impugnato innanzi al tribunale del riesame. L’indagine traeva origine da una fonte confidenziale che riferiva alla Stazione Carabinieri di Bologna Indipendenza di volere rendere informazioni su un’ampia e variegata attività illecita posta in essere in Bologna da due soggetti di nazionalit albanese.
Dalla successiva attività investigativa emergeva un’associazione finalizzata al traffico d sostanze stupefacenti capeggiata da NOME COGNOME; il gruppo criminale smerciava ogni settimana chili di cocaina grazie ad un’oculata scelta di persone ognuna delle quali con un compito definito e si serviva di numerose basi logistiche dotandosi altresì di cellulari e veicoli anon per il trasporto di soldi e droga. I sodali poi si dedicavano ad un’attività di riciclaggio dei c proventi derivanti dall’attività di spaccio in particolare il denaro veniva trasferito in A mediante pullman ma anche a mezzo bonifici per poi tornare in Italia sotto forma di aiuti familiari ed essere investito prevalentemente nel settore immobiliare.
Proposta istanza di riesame avverso il decreto di sequestro da parte di Cika COGNOME, il Tribunale riteneva infondata la prospettazione difensiva secondo cui l’immobile in sequestro fosse stato acquistato in epoca non sospetta con somme di denaro di provenienza lecita.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione NOMECOGNOME quale terza interessata, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di ricorso.
Con il primo deduce la violazione di legge ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod.proc.pen. così come richiamato dall’art. 324, comma 7 cod.proc.pen.
Si assume che il Tribunale di Bologna in violazione di legge ha sostanzialmente disposto un autonomo e nuovo provvedimento ablativo ex art. 240 bis cod.pen., peraltro peggiorativo rispetto al decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del locale Tribunale ai sensi dell’art 321, commi 1 e 2, cod.proc.pen.
Il decreto di sequestro preventivo é stato emesso ai sensi dell’art. 321, comma 1 cod. proc .pen. sebbene nella parte dispositiva si facesse riferimento al comma 2 di talchè il Tribunale del riesame di Bologna, partendo dalla domanda cautelare reale, era pervenuto ad una statuizione del tutto nuova rispetto a quella originaria. Ed invero si richiama agli artt. 240 bis cod. p pen. e 85 d.p.r. n. 309 del 1990 non menzionati nel provvedimento del Gip.
Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ai sensi dell’art. 111 Cost., 125 comma 3 con riferimento agli artt. 324 e 309, comma 9, cod. proc. pen. e l’assenza di motivazione.
Si assume che, con riguardo al sequestro delle due autovetture, l’ordinanza impugnata appare viziata da assenza totale di motivazione in ordine alla correttezza del sequestro in quanto affronta la sola questione del sequestro dell’immobile e omette di motivare in ordine alle autovetture che avrebbero richiesto una motivazione rafforzata, essendo di esiguo valore.
Con riguardo all’immobile sito in INDIRIZZO in Bologna, il Tribunale non ha preso in considerazione le produzioni difensive all’udienza del 24.10.2024 da cui si evinceva che RAGIONE_SOCIALE aveva percepito circa Euro 35.000,00 a titolo di buona uscita dalla società RAGIONE_SOCIALE. Inoltre, si fa riferimento a non meglio specificati reimpieghi di denaro asseritamente operati da genitori di Cika Elona non venendo indicati né gli importi né le date delle operazioni così rendendo l’ordinanza carente di motivazione sul punto.
Si sottolinea che dalla documentazione prodotta dalla difesa si evince che l’immobile è stato acquistato da Cika Elona in data 27 settembre 2019 laddove l’imputazione elevata per il reato di cui all’art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990, che costituisce il fondamento principale del seques riguarda fatti commessi quantomeno dal settembre 2021 sicché la scelta ablativa è ricaduta su un bene acquistato dalla ricorrente due anni prima della data di commissione dei reati, difettando pertanto ogni motivazione in punto di contiguità temporale.
Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto frutto di una non corretta ermeneusi del titolo ablativo.
Ed invero, come ha chiarito il Tribunale della libertà, sebbene il decreto di sequestro rech nell’intestazione la sola indicazione dell’art. 321, comma 1, cod.proc.pen., anche se poi nel dispositivo menziona entrambi i commi, dal contenuto del provvedimento ablativo contestato emerge il richiamo alle sproporzioni reddituali calcolate dalla Guardia di Finanza, per ogni nucleo, in apposite tabelle e proprio sotto questo profilo risulta disposto un sequestro fino al concorrenza di due milioni di euro di denaro, beni ed utilità. Pertanto, è evidente che si tratti sequestro finalizzato alla confisca per equivalente sino alla concorrenza dello stesso importo, in applicazione del comma 2 bis dell’articolo 240 bis c.p. La motivazione rende quindi piena ragione dei tratti e della natura del provvedimento ablatorio applicato senza alcun tratt peggiorativo e le censure non minano la tenuta logica di tale prospettazione.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile. Con riguardo al lasso di tempo intercorrente tra la data di acquisto dell’immobile e la data d accertamento dei fatti per cui si procede l’ordinanza impugnata fa propria l’impostazione del decreto di sequestro preventivo dove si pone in rilievo (a sua volta recependo l’informativa di P.G.) che la sproporzione di valore tra i beni riconducibili agli indagati ed i redditi da qu dichiarati negli ultimi anni costituisce un elemento fattuale che consente di retrodatare genesi del sodalizio e l’arricchimento illecito in un’epoca sicuramente antecedente all’indagine proprio per l’entità del patrimonio rilevato nel corso degli accertamenti, confortando pertanto prospettazione della ricorrenza di ragionevolezza temporale tra la data di acquisto dell’immobile e l’epoca di perpetrazione degli illeciti (da ult Sez. 1, n. 25239 del 23/01/2024, Prevete, Rv. 286594 – 0).
Quanto al riconosciuto carattere simulatorio della intestazione dell’immobile in capo alla ricorrente, il ricorso non si confronta con il provvedimento impugnato, insistendo nella propria tesi in termini meramente avversativi. Contrariamente a quanto assunto in ricorso il Tribunale della libertà analizza puntualmente sia le disponibilità economiche in capo alla ricorrente sia l anomale movimentazioni dei suoi conti correnti, da cui emergeva che il marito, NOMECOGNOME aveva emesso numerosi bonifici bancari in favore della moglie, l’odierna ricorrente, aventi causale “prestito”; bonifici che non potevano essere giustificati in base ai redditi leciti puntualme messi in luce dalle risultanze indiziarie delle indagini della Guardia di Finanza. Ancora Tribunale ha evidenziato come anche le disponibilità finanziarie riferibili alla ricorrente foss riconducili a denaro illecitamente acquisito; puntuali quindi e pienamente coerenti appaiono le argomentazioni che mettono in luce come dai prospetti riportati emerga la netta sproporzione tra la movimentazione bancaria e gli immobili posseduti dagli indagati in rapporto ai redditi dichiarati oltre che all’attività economica svolta e al loro tenore di vita; sicché non poteva ritenersi che l’immobile fosse solo formalmente intestato alla ricorrente ma sostanzialmente nella disponibilità del marito indagato.
A pagina 8 9 e 10 dell’ordinanza sono poi ben evidenziati gli elementi indiziari dai qual appare inequivocabilmente che l’NOME avesse la piena disponibilità di tutti gli immobili, tra anche quello intestato alla moglie, sito in INDIRIZZO a Bologna. Il giudice ha quindi ribad l’emersione della prova indiziaria della disponibilità di fatto in via esclusiva di tale bene in all’imputato, seppure per il tramite della formale intestazione alla moglie.
Ancora ha rilevato la sussistenza di prova evidente della sproporzione tra i redditi percepit dal condannato e dai familiari e gli acquisti fatti nel tempo, confutando con puntualità e analiticità le tesi difensive, che postulano la disponibilità di introiti leciti e giusti acquisti dei beni oggetto di confisca e che trovano nel provvedimento impugnato compiuto esame, non potendosi peraltro ravvisare alcun evidente travisamento di prova. Per quanto attiene alle autovetture non risulta che tale profilo sia stato specificamente oggetto di censura peraltro, come emerge dal verbale d’udienza in atti, l’oggetto del contendere risulta limitato a sequestro dell’immobile, e non agli ulteriori cespiti.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero per assenza di colpa, al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., che viene determinata come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 8 aprile 2025.