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Sequestro per sproporzione: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una cospicua somma di denaro trovata in possesso di un indagato con redditi quasi inesistenti. La sentenza chiarisce che per il sequestro per sproporzione non è necessario dimostrare il nesso diretto tra il denaro e uno specifico reato, essendo sufficiente l’evidente sproporzione tra il patrimonio e il reddito dichiarato e l’impossibilità di giustificarne la lecita provenienza.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per sproporzione: la Cassazione chiarisce i presupposti

Il sequestro per sproporzione rappresenta uno strumento cruciale nel contrasto all’accumulazione di ricchezza illecita. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che ne governano l’applicazione, distinguendolo nettamente da altre forme di sequestro preventivo. Il caso analizzato riguarda il sequestro di 23.000 euro in contanti trovati a un indagato per reati di droga, i cui redditi dichiarati erano palesemente insufficienti a giustificare tale somma. La Corte ha respinto il ricorso dell’indagato, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora in questo specifico contesto.

I fatti del caso e la contestazione

Il Tribunale del riesame di Roma aveva confermato un decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. nei confronti di un soggetto indagato per reati legati agli stupefacenti. L’oggetto del sequestro era una somma di 23.000 euro in contanti, rinvenuta in una scatola di scarpe. Il Tribunale aveva motivato la decisione sulla base della palese sproporzione tra l’ingente somma e i modestissimi redditi del nucleo familiare dell’indagato, ritenendo applicabile l’istituto del sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione, previsto dall’art. 85-bis del D.P.R. 309/1990.

L’indagato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando tre vizi principali:
1. Carenza del fumus boni iuris: il decreto di sequestro non descriveva la condotta criminosa specifica, ma si limitava a richiamare gli articoli di legge e un’ordinanza cautelare personale non emessa nei suoi confronti.
2. Assenza di nesso pertinenziale: non vi era prova che il denaro sequestrato fosse il provento diretto dell’attività di spaccio contestata, peraltro risalente a due anni prima.
3. Apparenza della motivazione sul periculum in mora: la giustificazione del rischio di dispersione del bene era ritenuta generica e inadeguata.

L’analisi della Cassazione sul sequestro per sproporzione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando tutte le doglianze. La sentenza offre una disamina precisa dei presupposti del sequestro per sproporzione.

La distinzione fondamentale: non serve il nesso con il reato

Il punto centrale della decisione risiede nella natura stessa del sequestro disposto. La Corte chiarisce che non si trattava di un sequestro preventivo ordinario (ex art. 321, comma 1, c.p.p.), che mira a impedire l’aggravamento delle conseguenze di un reato. Si trattava, invece, di un sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione (art. 240-bis c.p., richiamato dall’art. 85-bis del Testo Unico Stupefacenti).

Questo istituto ha presupposti diversi: non richiede la prova della diretta riferibilità del bene a una specifica contestazione criminale. Ciò che rileva è la ricorrenza di due elementi:
1. La sproporzione tra il valore del bene posseduto e le capacità economiche (reddito o attività) dell’indagato.
2. L’impossibilità per l’interessato di giustificare la legittima provenienza del bene.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente evidenziato come il possesso di 23.000 euro fosse palesemente inconciliabile con l’assenza di redditi dell’indagato e gli scarsi introiti della consorte. Le giustificazioni fornite (denaro custodito per conto del fratello) sono state giudicate indimostrate e illogiche.

Validità della motivazione per relationem e il periculum in mora

Quanto alla presunta carenza di motivazione sul fumus boni iuris, la Cassazione ha respinto la tesi difensiva. L’ordinanza cautelare richiamata nel decreto di sequestro era presente nel fascicolo e quindi conoscibile dall’indagato. La Corte ha ribadito la legittimità della motivazione per relationem quando l’atto richiamato è accessibile alla parte, permettendole di esercitare il proprio diritto di difesa.

Infine, anche la censura sul periculum in mora è stata giudicata infondata. La Corte ha sottolineato che, trattandosi di denaro contante, un bene per sua natura fungibile e facilmente occultabile o spendibile, il rischio di dispersione è particolarmente elevato. La motivazione del Tribunale, che evidenziava la possibilità di utilizzare la somma per le spese quotidiane (dati i redditi inesistenti) o per reinvestirla nel traffico illecito, è stata ritenuta adeguata, circostanziata e coerente.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra le diverse tipologie di sequestro. Per il sequestro per sproporzione, il focus dell’accertamento giudiziale si sposta dalla ricerca del nesso di pertinenzialità tra bene e reato alla verifica di un’anomalia patrimoniale. L’ordinamento presume che i beni sproporzionati di cui un soggetto, indagato per gravi reati, non sa giustificare la provenienza, siano frutto di attività illecite. La misura cautelare reale serve quindi ad anticipare gli effetti della confisca, congelando il bene in attesa della definizione del giudizio. La motivazione sul periculum, per beni liquidi come il denaro, può legittimamente basarsi sulla loro intrinseca fungibilità e sul concreto rischio che vengano dissipati, soprattutto in assenza di fonti di reddito lecite.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio giurisprudenziale: nel sequestro per sproporzione, l’onere della prova si inverte parzialmente. Non è l’accusa a dover dimostrare che ogni singolo euro sia il frutto di una specifica azione criminale, ma è l’indagato, una volta accertata la sproporzione, a dover fornire una giustificazione plausibile e documentata della lecita provenienza del bene. In assenza di tale giustificazione, e in presenza degli altri presupposti di legge, il sequestro è legittimo. Questa decisione rafforza l’efficacia di uno strumento essenziale per colpire i patrimoni di origine criminale, aggredendo direttamente la ricchezza accumulata illecitamente.

È necessario dimostrare che il denaro sequestrato proviene da uno specifico reato per disporre un sequestro per sproporzione?
No. Secondo la sentenza, per questa tipologia di sequestro non è richiesta la prova della diretta riferibilità del denaro a specifiche contestazioni. È sufficiente dimostrare la sproporzione tra il denaro posseduto e le capacità economiche dell’indagato e l’incapacità di quest’ultimo di giustificarne la lecita provenienza.

La motivazione di un provvedimento giudiziario può fare riferimento a un altro atto?
Sì, la motivazione per relationem è considerata legittima quando l’atto di riferimento è conosciuto o almeno accessibile all’interessato, consentendogli di esercitare pienamente il suo diritto di difesa, e quando il giudice dimostra di averne preso cognizione e di averne condiviso le ragioni.

Come si giustifica il ‘periculum in mora’ (pericolo di dispersione) per il sequestro di denaro contante?
La sentenza chiarisce che per il denaro contante, un bene facilmente spendibile o occultabile, il periculum in mora è particolarmente evidente. La motivazione è adeguata se illustra il rischio concreto che la somma possa essere utilizzata per le necessità quotidiane, specialmente in assenza di redditi leciti, o reinvestita in attività illecite, anticipando così l’effetto della confisca finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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