Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23713 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23713 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA GLYPH
1 GR). 2024
Oggi,
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA a Eboli; nel procedimento a carico di COGNOME NOME e COGNOME NOME; avverso la ordinanza del 27/11/2023 del tribunale di Salerno;11 FuNZ1ON visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; GLYPH Lira udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria dell’AVV_NOTAIO che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore dell’indagato AVV_NOTAIO che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Salerno, adito nell’interesse di COGNOME NOME quale terzo interessato, avverso il decreto di sequestro preventivo del Gip del Tribunale di Salerno, emesso nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine ai delitti ex artt. 110, 81 comma 1 cod. pen. e 73 commi 1 e 4 del DPR 309/90, con riferimento a rispettive somme ascritte alle stesse, rigettava l’istanza di riesame riguardante in particolare la restituzione di euro 72.140, sequestrati – , ex artt. 321 comma 2 cod. proc. pen., in relazione all’art. 85 bis del iDPR 309/90, nei confronti di COGNOME NOME.
Avverso la predetta ordinanza, NOME COGNOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi di impugnazione.
Con il primo, deduce la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora. Si premette che la somma sequestrata non costituisce profitto del reato, non è compendio di attività illecite, e non si comprenderebbe il nesso tra il reato e la somma stessa, anche a fronte dell’ipotizzato tipo di reato inerente la detenzione a fini di spaccio. Sarebbe stato poi dimostrato che almeno parte della somma apparterrebbe al ricorrente, e la sua moglie NOME NOME avrebbe da subito riferito che l’intera somma sarebbe del COGNOME. Sul piano motivazionale, si aggiunge che per il sequestro finalizzato alla confisca di ogni tipo si impone un dovere di motivazione in ordine al periculum in mora, che sarebbe assente.
Con il secondo motivo, deduce l’assenza di motivazione in ordine ai principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità del sequestro preventivo. Non si sarebbe spiegato quale sarebbe la ragione giustificativa del sequestro dell’intera somma, mentre il valore di quanto sequestrato dovrebbe essere proporzionato all’importo del profitto del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due motivi, tra loro omogenei, devono considerarsi congiuntamente, e il ricorso deve ritenersi inammissibile. Preliminarmente va ricordato che in materia di misura cautelare reale il ricorso per cassazione può essere proposto solo per violazione di legge e non per vizio di motivazione, salvo che nel caso di motivazione mancante o apparente, integrante violazione di legge.
Nel caso in esame, il sequestro è stato disposto ai sensi dell’art. 85 bis DPR 309/90 e 240-bis cod. pen. in relazione all’art. 73 del DPR 309/90, trattandosi di bene attribuito alla indagata NOMENOME NOME reputato incompatibile per sproporzione con i redditi e le attività della stessa. In particolare, viene in rili il sequestro di una somma di denaro giustificato ai sensi dell’art. 85 bis del DPR 309/90, inserito dall’art. 6 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21 concernente “Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103”, e poi modificato dall’art. 4, comma 3-bis) del D.L. 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 159, ai sensi del quale, nei casi di condanna o di applicazione della pena su
richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dall’articolo 73 si applica l’articolo 240 bis del codice penale.
L’art. 240 bis cod. pen. consente il sequestro di beni di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati di cui l’indagato risulti titolare, anche per inter persona, dei quali abbia la disponibilità e non fornisca una credibile dimostrazione della lecita provenienza.
Va precisato altresì, che nel caso in esame non possono essere in discussione (nonostante la deduzione proposta in ricorso, con riguardo ai profili del periculum in mora e del principio di proporzionalità della misura) né la sussistenza del fumus commissi delicti né del periculum in mora, in quanto il terzo interessato, estraneo al reato, non ha titolo per contestare il presupposto applicativo della cautela reale, dovendo limitarsi solo a provare la titolarità del bene del quale chiede la restituzione e l’assenza di collegamento concorsuale nei reati ascritti all’indagato ( in motivazione Sez. 6 – , n. 24432 del 18/04/2019 Rv. 276278 – 01; Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, Rv. 268070; Sez. 6, n. 34704 del 5 agosto 2016).
In altri termini, e invero, analogamente a quanto previsto in caso di confisca di prevenzione su beni ritenuti fittiziamente intestati ad un terzo così come in caso di confisca facoltativa, deve ritenersi che anche in caso di confisca per sproporzione, quale è quello in esame, vige il principio per il quale l’applicazione della misura è esclusa quando la cosa in vinculis appartenga a persona estranea al reato stesso, ma l’onere di provare una siffatta preclusione grava sull’interessato, il quale, dunque, nell’ipotesi in parola avrebbe dovuto documentare, oltre alla titolarità del diritto vantato, l’estraneità al fatto.
Tali profili, e in particolare quello della titolarità del bene sequestrat afferendo al dato preliminare della legittimazione per proporre impugnazione, precedono comunque ogni eventuale ulteriore problematica riguardante il perimetro RAGIONE_SOCIALE censure che il terzo, in tale qualità, può proporre, agendo per la restituzione di quanto sequestrato. Tanto anche in considerazione della circostanza per cui, a fronte della peculiare ipotesi di sequestro finalizzato alla confisca qui in esame, in cui il ricorrente sostiene di essere il reale quanto esclusivo titolare di beni invece attribuiti ad altri, la indagata COGNOME, e alla ste sequestrati per sproporzione ex art. 240 bis cod. pen., in mancanza di prova dell’effettiva titolarità del bene, ove pure venisse accolto il ricorso del terzo nel parte avente ad oggetto i presupposti della misura, la conseguenza sarebbe la revoca della confisca, ma con restituzione al soggetto ritenuto effettivo titolare del bene, sicchè alcun risultato concretamente utile ne conseguirebbe per il terzo stesso (in tal senso, seppur con specifico riferimento alla disciplina RAGIONE_SOCIALE misure di prevenzione, sez.1, n. 35669 dell’11/5/2023, n.m.).
A ben vedere, tutti gli aspetti che concernono i presupposti applicativi della misura sono dunque qui estranei alla sfera soggettiva del terzo o preteso tale, sicché, ammettere la possibilità di una contestazione di tali aspetti, andrebbe a ledere il fondamentale principio secondo cui la legittimazione ad agire deve essere individuata in relazione alla titolarità del diritto oggetto del giudizio, n potendosi consentire una sorta di intervento ad adiuvandum del terzo in favore del destinatario della misura.
Per quanto finora osservato, deve rilevarsi come le deduzioni proposte, anche con il secondo motivo (laddove si deducono peraltro censure eccentriche rispetto al tipo di sequestro, atteso che quello finalizzato alla confisca pe sproporzione, quale in esame, prescinde da ogni comparazione con il profitto del reato presupposto), trascendano la dimostrazione del dato preliminare della titolarità, in capo al ricorrente, del denaro in sequestro, essendosi solo asserita incidentalmente tale circostanza, laddove si è apoditticamente sostenuto che almeno parte della somma sarebbe del COGNOME, senza confrontarsi con le argomentazioni dei giudici, che hanno fornito una più che ragionevole spiegazione della impossibilità ovvero inverosimiglianza della prospettazione difensiva, tesa a ricondurre il denaro sequestrato, anche solo in parte, nella sfera patrimoniale del ricorrente.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese de procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Così deciso, il 23/04/2024.