Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22266 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22266 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/03/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 1284/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Napoli il 26/07/1950 avverso l’ordinanza dell’11/09/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; audita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza dell’11 settembre 2024, con la quale il Tribunale di Napoli ha rigettato il riesame avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in data 22 luglio 2024, ha disposto il sequestro preventivo della somma di 140.000,00 euro in quanto pertinenti al reato di riciclaggio.
Il ricorrente, con l’unico motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 240-bis, 648ter cod. penna. e 125, 321 cod. proc. pen.
2.1. La motivazione si fonderebbe esclusivamente sull’erronea interpretazione di una conversazione intercettata in data 27 marzo 2024 nel corso della quale NOME COGNOME si sarebbe limitato a riferire al cugino NOME che ‘ lui, tiene 130/140.000 euro di capitale che il nonno gli mette sulla banca ‘.
Sulla base di questa scarna e ambigua dichiarazione, i giudici del riesame, hanno affermato, con motivazione del tutto congetturale, che il ricorrente si sarebbe reso disponibile a custodire sul suo conto corrente la somma di 140.000 euro al fine di ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, senza tenere conto delle censure difensive e della documentazione prodotta a sostegno delle stesse.
La difesa ha, in particolare, evidenziato che, a differenza di quanto apoditticamente affermato dal Tribunale, NOME COGNOME non disporrebbe di ingenti capitali di provenienza illecita, essendo stato giudizialmente accertato che lo stesso era un mero partecipe -non stipendiato- del clan COGNOME.
Gli atti utilizzabili per la decisione non sarebbero, peraltro, idonei a dimostrare la riconducibilità al COGNOME della somma di denaro sequestrata al COGNOME, al contrario la documentazione prodotta dalla difesa dimostrerebbe la lecita provenienza della somma di denaro rinvenuta nei conti correnti
intestati al COGNOME circostanza non tenuta in adeguata considerazione dai giudici del riesame.
La produzione documentale avrebbe, infatti, dimostrato che il COGNOME, dal 1976, ha svolto l’attività di bancario fino al pensionamento avvenuto nell’anno 2007 e che proprio in quest’ultimo anno il ricorrente ha venduto un immobile di sua proprietà al prezzo di 160.000,00 euro.
La prova documentale attestante la lecita provenienza delle somme in sequestro avrebbe dovuto, a giudizio della difesa, necessariamente prevalere sull’arbitraria interpretazione della già menzionata intercettazione fatta dai giudici di merito. L’assoluta carenza di argomentazioni sul punto comporterebbe un vizio di motivazione così radicale da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno della deliberazione del tutto mancante dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza.
2.2. La motivazione sarebbe evidente nella parte in cui i giudici del riesame affermano che la fungibilità del denaro consentirebbe la confisca diretta delle somme sottoposte a sequestro, senza la necessità di dimostrarne la derivazione diretta dall’ipotizzato reato di riciclaggio.
Tale affermazione si porrebbe in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il principio di fungibilità Ł utilizzabile solo laddove sia dimostrata in concreto una oggettiva situazione di confusione tra somme di provenienza lecita e somme di provenienza illecita, confusione non ravvisabile nel caso di specie in considerazione dell’assenza di versamenti a favore del Carrozza non tracciati ovvero collegati ad operazioni anomale e non giustificate
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 . Il ricorso Ł presentato per motivi non deducibili in sede di legittimità.
Appare, preliminarmente, necessario ricordare che avverso le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, il ricorso per cassazione Ł ammesso solo per violazione di legge, per censurare, cioŁ, errores in iudicando o errores in procedendo commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulta di conseguenza radicalmente viziata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di motivazione può integrare gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento manchi del tutto, sia fondato su affermazioni che non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto o risultare privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (vedi Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli,
Rv. 269656)
2 . Ciò posto, occorre prendere atto che il ricorrente, pur lamentando violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, contesta in realtà la concreta ricostruzione della vicenda resa dal Tribunale. Le doglianze sono, ictu oculi , riferibili ad una motivazione, non già meramente apparente, ma illogica e non condivisa dal ricorrente e, quindi, dedotte per ragioni escluse dal sindacato della Corte di cassazione in materia di misure cautelari reali.
Il riferimento alla violazione di legge ed alla apparenza della motivazione Ł chiaramente strumentale ad una non consentita rivalutazione della vicenda nel merito, avendo il Tribunale correttamente fondato la propria decisione su indizi attestanti: la riconducibilità del denaro in sequestro alla pregressa attività illecita svolta da NOME COGNOME; il coinvolgimento del COGNOME nella realizzazione di condotte volte ad occultare la provenienza delittuosa di tali proventi illeciti nonchØ il concreto pericolo di dispersione della somma di denaro sottoposta a vincolo reale con conseguente legittimità del sequestro preventivo disposto dal primo giudice ai sensi degli artt. 240bis e 648-quater cod. pen. (vedi pagg. da 4 ad 8 dell’ordinanza impugnata).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, Ł fondata su apprezzamenti di fatto insindacabili in questa sede non essendo riconducibili nØ all’area semantica della motivazione “assente” nØ a quella della motivazione “apparente”. NØ, come vorrebbe la difesa del ricorrente può farsi rientrare sotto forma di violazione di legge la mera sottovalutazione di argomentazioni difensive implicitamente od esplicitamente escluse dai Giudici del riesame.
Deve essere, per altro, osservato che, a differenza di quanto indicato in ricorso, i giudici del riesame non hanno fondato la decisione esclusivamente sul contenuto della conversazione tra il COGNOME ed il COGNOME ma anche sul rinvenimento all’interno della cassetta di sicurezza intestata al ricorrente delle fotocopie di tre assegni emessi all’ordine di COGNOME NOME e di ‘ monili suddivisi all’interno di buste ciascuna con il nome di uno stretto familiare del COGNOME ‘, circostanze la cui particolare rilevanza indiziaria Ł stata rimarcata in motivazione con argomentazioni esenti da illogicità manifesta ed idonee a confutare tutte le doglianze contenute nell’atto di riesame e riproposte in sede di legittimità.
3 . Deve essere, inoltre, rimarcato come non sia ammissibile richiedere a questa Corte di legittimità una rivalutazione della ricostruzione dei fatti attraverso la produzione di documentazione già sottoposta al Tribunale, valutazione che compete esclusivamente ai giudici di merito essendo questa Corte giudice del provvedimento e, giova ribadirlo, nei limiti di eventualmente ravvisabili violazioni di legge.
Ciò premesso, l’odierno Collegio intende rimarcare come ci si trovi in presenza di elementi dedotti dalla difesa che indicano la provenienza di una provvista economica risalente nel tempo ma non specificano i passaggi che consentono di colmare il gap temporale (indubbiamente esistente) tra il momento di formazione di detta provvista ed il momento di reinvestimento della stessa nelle operazioni qui in esame.
Deve essere, inoltre, sottolineato che il Tribunale, a differenza da quanto affermato dalla difesa, ha affermato, con percorso argomentativo privo di vizi logici e giuridici, l’irrilevanza della documentazione prodotta dalla difesa (relativa ai redditi lecitamente percepiti dal COGNOME) in considerazione dell’accertata provenienza delittuosa della somma riconducibile al COGNOME e della natura fungibile del denaro.
3 .1. La doglianza, in particolare, non tiene conto del principio di diritto di recente affermato dalle Sezioni Unite secondo cui: « la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresentano l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non Ł ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione » (Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037).
La somma di denaro sequestrata non va dunque considerata, ai fini che ci lavorano, nella sua consistenza fisica, ma nella sua ontologica essenza di bene fungibile e paradigma di valore. Se il prezzo o il profitto del reato Ł rappresentato da una somma di denaro, essa si confonde con altre componenti del patrimonio del reo e perde perciò stesso ogni rilievo giuridico la sua identificabilità fisica.
In definitiva, secondo le Sezioni Unite, il rapporto di pertinenzialità va individuato tra il reato e l’incremento monetario che ne Ł ottenuto, di talchØ la composizione materiale della disponibilità del denaro depositato su conto corrente diviene irrilevante, posto che oggetto della confisca sarà pur sempre una somma di valore pari a quella ottenuta dalla commissione del reato.
Il sequestro finalizzato alla confisca del denaro quale profitto o prezzo del reato, operando allo
stesso modo della confisca per equivalente, genera un vincolo permanente di valore sulle consistenze pecuniarie anche futuro del soggetto ad esso sottoposto. Lo scopo della misura ablativa non Ł, infatti, di ritrovare sul conto corrente del reo le stesse banconote ab origine costituenti il prezzo o il profitto del reato, ma realizzare l’ablazione della somma che sia già entrata nel patrimonio dell’autore a causa della commissione dell’illecito ed ivi sia ancora rinvenibile, poichØ il pregiudizio Ł comunque correlato al carattere permanente dello stesso ed alla sua operatività slegata da una precisa e predefinita delimitazione temporale (da ultimo vedi Sez. 2, n. 43569 del 14/09/2022, Leo, non massimata; n. 41997 del 13/10/2022, COGNOME, non massimata).
3 .2. Non ci si trova, in conclusione, in presenza di una motivazione inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero nella quale le linee argomentative siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento, uniche ragioni, che, come detto, consentirebbero a questa Corte di legittimità l’annullamento del provvedimento impugnato per violazione di legge.
4 . All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così Ł deciso, 19/03/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME