Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10981 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10981 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MOLA DI BARI il 15/07/1938
avverso l’ordinanza del 21/02/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di LATINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore, l’avvocato NOME COGNOME che, in difesa di NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 21 febbraio 2024 il Tribunale del riesame di Latina ha confermato il decreto con il quale il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il 24/1/20 aveva disposto il sequestro preventivo nei confronti di NOME COGNOME indagata per il delitto di agli artt. 81 cpv. e 648 bis cod. pen. (capo d) per aver ricevuto su conto Credem somme di denaro provento di reati di dichiarazioni fraudolente finalizzate all’evasione di imposte dirett sul valore aggiunto e di truffa, che si assumono commessi dal figlio NOME NOME nell’esercizio dell’attività professionale di avvocato in danno di clienti, compiendo operazioni di sostituzione, trasferimento ed investimento dei profitti illeciti in modo idoneo ad ostacolare l’individuazi della loro illecita provenienza, ed altresì per il delitto di cui all’art. 648 bis cod. pen. (cap aver acquistato, in qualità di socio unico della RAGIONE_SOCIALE, un’autovettura RAGIONE_SOCIALE al prezzo di 47.000 euro, impiegando a tal fine parte del denaro provento dei reati di dichiarazioni fraudolente finalizzate all’evasione di imposte dirette e sul valore aggiunto e di truffa in da di clienti, ostacolando in tal modo concretamente l’individuazione della provenienza illecita dell provvista.
Oggetto del sequestro sono:
il conto corrente n. 7253 acceso presso Credem ai fini della confisca;
i conti titoli n. 9183107 e n. 9237280000 presso Credem ai fini della confisca;
il 100%del capitale sociale, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, della società RAGIONE_SOCIALE sede in Roma, ai fini della confisca ex art. 321 comma 1 cod. proc. pen. ai fini impeditivi;
-l’autovettura RAGIONE_SOCIALE intestata alla predetta società RAGIONE_SOCIALE ai fini del confisca.
Si tratta di beni già oggetto di precedente sequestro disposto dal GIP del Tribunale di Roma in data 21/10/2023, ufficio giudiziario poi dichiarato incompetente dal Tribunale dei riesame di Roma con ordinanza del 4/1/2024.
GLYPH Avverso la predetta ordinanza del Tribunale di Latina ha proposto ricorso per Cassazione la Maglio, affidandolo ad otto motivi di impugnazione, che si enunciano nei limiti strettamente necessari per la decisione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
2.1. Violazione di legge processuale in relazione all’incompetenza del Tribunale di Latina, per essere invece competente il Tribunale di Bari, e violazione di legge per motivazione meramente apparente in relazione all’eccepita incompetenza per territorio.
2.2. Violazione degli artt. 414 e 649 cod. proc. pen. nonché dell’art. 125 cod. proc. pen. per motivazione meramente apparente in relazione alla violazione del principio del “ne bis in idem”, essendo i fatti per cui si procede già oggetto di un procedimento concluso con provvedimento di archiviazione, sicché non era possibile procedere ad una nuova iscrizione bensì, eventualmente, procedere a riaprire le indagini del procedimento archiviato.
2.3. Violazione di legge, anche per mera apparenza della motivazione, con riferimento all’invalidità dei provvedimenti di proroga del termine delle indagini preliminari per l’inva delle relative notifiche all’indagata.
2.4. Violazione di legge sostanziale, art. 648 bis cod. pen., oltre che dell’art. 125 cod. pr pen., per mera apparenza della motivazione, in relazione all’insussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato e violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. per difett presupposti del sequestro preventivo.
Con lo stesso motivo è stata dedotta anche l’insussistenza del fumus del reato dì cui all’art. 512 bis cod. pen., che non avrebbe potuto fungere da reato presupposto perché introdotto con D.L.vo 21/2018, in vigore dal 6/4/2018.
2.5. Violazione di legge, con riferimento all’art. 648 quater cod. pen. anche per la mera apparenza della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato, nonché per l’importo del sequestro, di euro 7.814.506,00, ben superiore a quella che risulterebbe l’imposta evasa da parte del coindagato COGNOME, pari ad euro 1.894.897,12, che peraltro il predetto avrebbe già provveduto a definire con l’erario. Si deduce che il sequestro finalizzat alla confisca risulta motivato con inconferenti riferimenti alla società RAGIONE_SOCIALE attinenti alla persona fisica della sig.ra COGNOME sicché, in via gradata, il sequestro dovrebbe esse ridotto al predetto importo di euro 1.894.897,12, pari all’imposta evasa o, comunque, al presunto reato commesso dal Lorusso.
2.6. Violazione di legge, anche per mera apparenza della motivazione, per l’estinzione dei reati presupposti con definizione agevolata del debito fiscale.
2.7. Violazione di legge in relazione all’art. 321 cod. pen., ed anche per mera apparenza della motivazione, per difetto di periculum in mora, proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, dovendosi ritenere inspiegabili e non motivate le ragioni per cui l’importo dedotto in sequestro risulti di importo pari ad euro 7.814.506, a fronte dell’impos asseritamente evasa da parte del coindagato Lorusso pari ad euro 1.894.897,12.
2.8. Violazione di legge in relazione all’art. 322 ter cod. pen. ed all’art. 648quater cod. pe ed anche per mera apparenza della motivazione, in ordine al difetto di prova di derivazione delle somme sequestrate dal reato ipotizzato, non risultando dimostrato che la disponibilità delle somme contestate risulti collegata al risparmio di spesa ottenuto dal mancato versamento dell’imposta, né risulta dimostrato che la disponibilità dei titoli sequestrati sia dovuta al risp di spesa ottenuto con il mancato versamento dell’imposta.
3. Con requisitoria scritta del 12/11/2024 il P.G., nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
La difesa del ricorrente in data 11/12/2025 ha depositato memoria difensiva, inammissibile in quanto tardiva, perché presentata oltre i termini previsti per il giudizi cassazione dall’art. 611 cod. proc. pen., di quindici giorni prima dell’udienza per i motivi nuov le memorie, e dì cinque giorni per le repliche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va innanzi tutto ricordato che in tema dì provvedimenti cautelari reali il ricorso p cassazione è consentito solo per violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen. e che tale vizi ricomprende, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, sia gli ‘errores in iudicando’ o ‘in procedendo’, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparat argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692- 01; Sez. 2, n.18952 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01; Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME Rv. 285608 – 01).
Alla luce di tali principi il ricorso deve essere ritenuto inammissibile.
Il primo motivo di ricorso, in particolare, è manifestamente infondato, in quanto la competenza è stata riconosciuta come radicata dinanzi al Tribunale di Latina perché in quel circondario ha sede l’agenzia Credem presso la quale è stato acceso il conto corrente n. 7253 intestato alla COGNOME, sul quale avveniva il versamento degli importi oggetto di riciclaggio di alla contestazione, e dal quale, poi ,sono stati disposti gli investimenti ed i disinvestimenti due conti deposito, anch’essi intestati alla COGNOME conti tutti accesi presso la medesima agenzia della Credem dì Latina.
Nel riconoscere la competenza del Tribunale di Latina, pertanto, l’ordinanza impugnata si è uniformata alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo la quale è competente per territorio, in relazione al delitto di autoriciclaggio commesso mediante disposizione di denaro d delittuosa provenienza con bonifico effettuato tramite “home banking”, il giudice del luogo di impiego di tale denaro, ossia quello in cui si trova l’istituto bancario in cui l’agente ha aper conto corrente sul quale sono confluite le somme versate dalle persone offese e sul quale egli, operando “da remoto”, ha dato disposizioni di immettere nel circuito finanziario il capital illecitamente acquisito. (Sez. 2, n. 27023 del 07/07/2022, Rv. 283681 – 01).
E’ manifestamente infondato, per una pluralità di ragioni, anche il secondo motivo di ricorso, con il quale viene prospettata la violazione del principio del “ne bis in idem”, per ess stati i fatti per cui si procede già oggetto di procedimenti oggetto di decreti di archiviazi emessi dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, sicché non era possibile procedere ad una nuova iscrizione bensì, eventualmente, procedere a riaprire le indagini del procedimento archiviato.
In primo luogo, infatti, deve rilevarsi che l’ordinanza impugnata ha negato l’identità del fat storico oggetto dei diversi procedimenti rilevando che all’epoca in cui venivano emessi i decreti di archiviazione dei procedimenti n. 48723/2019 RGNR e n. 48753/2020 RGNR il conto corrente n. n. 7253 aveva un saldo negativo, mentre il procedimento di cui si tratta ha ad oggetto condotte di riciclaggio di denaro avvenute successivamente, nel 2022, con l’acquisto della
vettura Porche di cui al capo e) o, comunque dal luglio del 2020 fino al decreto di sequestro preventivo.
Peraltro, giova ricordare che, comunque, in tema di divieto di “bis in idem”, perfin l’emissione di una sentenza o di un decreto penale di condanna non è preclusa dall’esistenza, per il medesimo fatto, di un precedente decreto di archiviazione – anche se emesso ex art. 131bis cod. pen. – non essendo quest’ultimo un provvedimento suscettibile di esecuzione o di conseguire l’irrevocabilità (Sez. 1, n. 39498 del 07/06/2023, Rv. 285053 – 01).
Infine, correttamente il Tribunale ha rilevato che l’archiviazione di un procedimento presso diverso ufficio giudiziario (nel caso di specie il Tribunale di Roma) non può determinare preclusione del “ne bis in idem”, in quanto anche la litispendenza tra due procedimenti per lo stesso fatto e a carico della stessa persona, avanti ad uffici diversi, non determina, co riferimento all’azione penale esercitata nel secondo procedimento, la preclusione del “ne bis in idem”, perché si tratta di una situazione che deve essere regolata dalle disposizioni sui conflit positivi di competenza. (Sez. 6, n. 41380 del 19/09/2023, Rv. 285354 – 01).
4. Anche il motivo di ricorso volto a sostenere l’invalidità dei provvedimenti di proroga del termine delle indagini preliminari per l’invalidità delle notifiche all’indagata delle relative ri è manifestamente infondato: premesso, infatti, che l’ordinanza impugnata, richiamando la motivazione del Tribunale di Roma che aveva rigettato analoga eccezione difensiva, ha rilevato che le notifiche delle richieste di proroga delle indagini erano state effettuate alla Maglio compiuta giacenza (cfr. pagg. 8 e 9 dell’ordinanza impugnata), correttamente i Tribunale del riesame ha richiamato la consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione secondo la quale l’omessa notifica all’indagato della richiesta di proroga delle indagini preliminari non causa di nullità, né determina l’inutilizzabilità degli atti d’indagine compiuti dopo la presentazione (Sez. 3, n. 23953 del 12/05/2015, Rv. 263653; Sez. 5, n. 19873 del 27/01/2012, COGNOME, Rv. 252520 – 01).
5. Anche le censure volte a sostenere l’insussistenza dei presupposti del “fumus commissi delicti” e del “periculum in mora” sono inammissibili, in quanto si limitano a prospettare asseri lacune motivazionali, in una materia nella quale – come dinanzi ricordato – il ricorso pe cassazione è consentito solo nei limiti della violazione di legge, peraltro incorrendo anche nel vizio di aspecificità perché non si confronta adeguatamente con gli argomenti posti dal Tribunale di Latina a fondamento del provvedimento impugnato.
Il Tribunale ha dato conto, infatti, dell’apertura, in data 31/3/2015, presso la filiale di L della Credem, del conto corrente n. 7253 intestato alla Maglio e di un conto deposito titoli n 918317, nonché in data 22/12/2016 di un ulteriore conto titoli n. 9237280000, e di come su questi conti siano stati fatti confluire denaro frutto di evasione di imposte dirette e di IV parte del figlio NOME COGNOME al fine di ostacolare l’accertamento della provenienza delle somme predette da delitto: il conto n. 7253 è stato alimentato da somme utilizzate in modo prevalente per compiere operazioni di sottoscrizione di titoli e fondi comuni detenuti presso i due conti tit sopra citati, tanto che, in estrema sintesi ed a titolo di esempio, l’ordinanza impugnata ha rifer
che nel periodo di un anno, dal luglio 2021 al luglio 2022, venivano poste in essere migliaia di operazioni di sottoscrizioni titoli per euro 7.610.506,00 e, nel breve periodo dal 21 maggio al giugno 2021 venivano disposti bonifici a favore della società RAGIONE_SOCIALE per 200.000,00 euro; inoltre, dal 1°/1/2023 al 2/11/2023 sul conto n. 7235 sono state effettuate 900 operazioni in prevalenza di acquisto titoli, e si è anche rilevato che sul conto titoli n. 9237280000 alla del 26/9/2022 vi era saldo attivo dì euro 264.900,23 ed al momento del sequestro un saldo attivo di euro 280.683,00; sul conto titoli n. 918317, invece, alla data del 26/9/2022 vi era sal attivo di euro 3.272.543,71 ed al momento del sequestro un saldo attivo di euro 3.467.307,58.
La censura della difesa in ordine all’asserita inesistenza di alcuna delega conferita al Lorusso per operare su tali conti, poi, non si confronta con il percorso argomentativo dell’ordinanz impugnata laddove questa dapprima ha rilevato che fino al 2/12/2029 il Lorusso era delegato ad operare sul conto della madre n. 7235, che la delega era stata revocata alla predetta data del 2/12/2019 solo a seguito di un sequestro preventivo fino alla somma di euro 479.976,00 per delitti di cui agli artt. 2 e 4 d. Lgs. n. 74/2000 e che numerosi convergenti elementi inducono ritenere che anche successivamente sui predetti conti abbia operato sempre il Lorusso: l’ordinanza impugnata ha ricordato, a tal proposito, le dichiarazioni in tal senso della direttr dell’agenzia Credem e del consulente che si occupava delle operazioni sul conto, la copiosa documentazione avente ad oggetto i predetti conti rinvenuta in occasione di perquisizione presso l’abitazione del Lorusso, unitamente ad uno scritto olografo, originale, redatto dalla COGNOME, co il quale questa riconosceva che le somme ed i titoli depositati sui conti predetti erano di proprie esclusiva del figlio NOME, nonché il rinvenimento, nella tasca dei pantaloni di questo, di un smartphone sul quale era installata un’applicazione della banca Credem che consentiva di entrare sul conto della COGNOME, oltre che su quello del COGNOME.
Si tratta di elementi che non possono ritenersi contrastati dalla prospettazione difensiva, meramente generica ed ipotetica, secondo cui nei rapporti tra madre e figlio potrebbero essere avvenuti prestiti con restituzioni reciproche, attesa anche l’incompatibilità di tale prospettazì con il già menzionato scritto olografo sottoscritto dalla COGNOME e rinvenuto in possesso de COGNOME.
Infine (alle pagg. da 13 a 17) l’ordinanza impugnata ha dato conto anche dell’inadeguatezza dei redditi della COGNOME a giustificare le somme transitate sui suoi conti e degli elementi c portano a ritenere che il Lorusso utilizzasse il conto della madre per farvi confluire i pro compensi, che non fatturava, così da impedire all’Agenzia delle entrate di accertare la natura infedele delle proprie dichiarazioni e da sottrarre risorse sia all’attività di riscossione dell’Ag delle entrate che ad eventuali pignoramenti attivati dai suoi clienti: l’ordinanza riferisc accertamenti della Giardia di Finanza, di numerosi contenziosi del Lorusso con i suoi clienti, con condanne dello stesso al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese processuali, nonché di procedimenti penali ed amministrativi relativi a condotte dirette ad evadere imposte ed a sottrarsi alla riscossione di creditori pubblici o privati.
Anche con riferimento al “periculum in mora” non può ritenersi inesistente né meramente apparente la motivazione dell’ordinanza impugnata, laddove questa (alla pag. 19) ha evidenziato la necessità la sottrazione dì titoli e denaro “ad una futura confisca, tenuto conto delle modali di azione fino ad ora tenute dalla COGNOME e dal figlio”.
E’ manifestamente infondata, infine, anche la censura con la quale viene dedotta l’insussistenza del fumus del reato di cui all’art. 512 bis cod. pen., che non avrebbe potut fungere da reato presupposto perché introdotto con D.L,vo 21/2018: anche a prescindere dalla previgenza della disposizione di cui all’art. 12 quinques della legge n. 356 del 1992, è sufficien rilevare che la contestazione provvisoria indica la commissione del fatto “da luglio 2020” e, quanto al rato sub e), fino alla data del 18/4/2022.
Quanto all’asserita mera apparenza di motivazione in ordine alla dedotta estinzione di reati presupposti per la definizione agevolata del debito fiscale, deve in primo luogo rilevarsi c la definizione agevolata non comporta, di per sé, l’estinzione del debito tributario, ma sol sospensione della esecutorietà della cartella fino al completo pagamento che, peraltro, nel caso di specie nemmeno risulta dedotto, prima ancora che documentato.
Soprattutto, però, deve rilevarsi che in tema di riciclaggio, ai sensi dell’art. 170 cod. pe l’estinzione del reato presupposto non si estende al reato successivo, né nel caso di estinzione “originaria”, ovvero già maturata al momento dei fatti contestati ex art. 648-bis cod. pen., n nel caso di estinzione sopravvenuta a questi ultimi (cfr. Sez. 2, n. 56379 del 12/10/2018, Rv. 276300 – 01. in applicazione di tale principio, la Corte ha rigettato il motivo di ricorso inte far valere l’estinzione, in epoca anteriore alla condotta riciclatoria, dei reati tributari da derivavano i proventi riciclati).
Manifestamente infondate, infine, sono le censure difensive volte a prospettare una mera apparenza della motivazione con riferimento ai criteri di proporzionalità ed adeguatezza della misura cautelare reale, laddove si assume non essere state motivate le ragioni per cui l’importo dedotto in sequestro risulta pari ad euro 7.814.506,00 a fronte dell’imposta asseritamente evasa da parte del coindagato COGNOME pari ad euro 1.894.897,12.
L’ordinanza impugnata, infatti, ha ben evidenziato che, ai fini della confisca ex art. 64 quater cod. pen., si è proceduto al sequestro delle somme oggetto delle operazioni dirette ad ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa ed altrimenti destinate ad esser sottratte definitivamente. Si tratta, infatti, della confisca diretta delle somme che provengo dai delitti presupposto che si assumono commessi dal Lorusso e che la COGNOME ha acquisito nei suoi conti correnti, ulteriormente incrementate da operazioni di investimento: la confisca ex art 648-quater cod. pen., alla quale è finalizzato il sequestro, infatti, non implica necessariamente un’identità tra profitto del reato presupposto e riciclaggio, in quanto si estende si estende sia profitto che al prodotto del reato.
In tema di confisca ex art. 648-quater cod. pen., infatti, è suscettibile di ablazione non so il profitto del reato, ma anche il prodotto di esso, prevedendo la normativa sovranazionale la necessità di sottrarre alla criminalità i risultati dell’attività illecita, che non si esauriscon
vantaggi derivati, in via diretta o mediata, dai delitti presupposti, ma comprendono anche quanto forma oggetto delle successive fasi di reinvestimento o trasformazione degli anzidetti proventi (Sez. 2, n. 18184 del 28/02/2024, B., Rv. 286323 – 01).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 co proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ?i , i)ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/12/2024.