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Sequestro per equivalente: stop alla solidarietà

La Corte di Cassazione interviene sul tema del sequestro per equivalente in caso di concorso di persone nel reato. In una vicenda di frode fiscale su prodotti petroliferi, la Suprema Corte ha stabilito che la misura cautelare non può essere disposta in solido per l’intero profitto nei confronti di un singolo concorrente, ma deve essere limitata alla quota di profitto da lui effettivamente percepita. Se la quota non è determinabile, il profitto totale va diviso in parti uguali. La sentenza annulla parzialmente l’ordinanza impugnata con rinvio per una nuova quantificazione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per Equivalente: La Cassazione Dice Stop alla Solidarietà tra Coimputati

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha introdotto un principio fondamentale in materia di sequestro per equivalente nei reati commessi in concorso da più persone. Con la pronuncia in esame, i giudici hanno chiarito che la misura cautelare reale non può colpire un singolo coindagato per l’intero valore del profitto illecito, ma deve essere proporzionata alla quota da lui effettivamente conseguita. Questa decisione segna un punto di svolta rispetto a un orientamento precedente, limitando l’applicazione del principio solidaristico in ambito penale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine su una complessa frode nel settore dei prodotti petroliferi. Un imprenditore, legale rappresentante di una società, era accusato di aver partecipato a un meccanismo fraudolento per la commercializzazione di gasolio agricolo a uso agevolato. Secondo l’accusa, il prodotto veniva fittiziamente movimentato tramite documenti di accompagnamento falsi (DAS) per essere poi venduto a un prezzo maggiorato per usi diversi da quelli agricoli, con conseguente evasione delle maggiori accise e dell’IVA. Il profitto del reato era stato quantificato in oltre 760.000 euro, corrispondenti alle imposte evase.

Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva quindi disposto un sequestro preventivo, anche per equivalente, sui beni dell’imprenditore per l’intero importo. L’ordinanza era stata impugnata davanti al Tribunale del Riesame e, infine, portata all’attenzione della Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso e il Ruolo del Sequestro per Equivalente

L’indagato ha presentato ricorso alla Suprema Corte basandosi su sette motivi. Tra i più rilevanti, contestava la violazione del principio del ne bis in idem (poiché un precedente sequestro era già stato annullato), la carenza di motivazione del provvedimento e, soprattutto, l’errata applicazione del sequestro per equivalente. In particolare, la difesa sosteneva che fosse illegittimo aggredire il suo patrimonio per l’intero profitto del reato, commesso in concorso con altri soggetti, senza distinguere la quota di profitto a lui concretamente attribuibile.

La Corte ha rigettato gran parte dei motivi, ritenendo infondate le censure procedurali e confermando la sussistenza sia del fumus commissi delicti (la probabilità del reato) sia del periculum in mora (il rischio di dispersione dei beni). Tuttavia, ha accolto l’ultimo e decisivo motivo.

Le motivazioni

Il punto cruciale della decisione risiede nell’interpretazione del principio solidaristico applicato al sequestro per equivalente. La Corte, richiamando un recentissimo intervento delle Sezioni Unite, ha affermato che nel caso di concorso di persone nel reato, la confisca (e di conseguenza il sequestro ad essa finalizzato) non opera secondo una logica di solidarietà passiva. In altre parole, lo Stato non può pretendere da un solo concorrente il pagamento dell’intero profitto illecito generato da tutti.

La Suprema Corte ha stabilito un criterio chiaro:
1. La confisca e il sequestro devono essere disposti nei confronti di ogni singolo concorrente limitatamente a quanto da lui concretamente conseguito.
2. L’accertamento di tale quota è un onere della prova che deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti.
3. Solo nel caso in cui sia impossibile individuare la quota di arricchimento di ciascun concorrente, si applica un criterio residuale: la ripartizione in parti uguali tra tutti i correi.

L’ordinanza impugnata, affermando la legittimità del sequestro per l’intero importo nei confronti del solo ricorrente, si poneva in contrasto con questo nuovo e fondamentale principio. Di conseguenza, i giudici hanno ritenuto che il provvedimento dovesse essere annullato su questo specifico punto.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione non solo ha fornito una soluzione al caso specifico, ma ha anche stabilito una regola di portata generale con importanti implicazioni pratiche. Viene abbandonata una visione punitiva del sequestro che faceva gravare su un singolo soggetto l’intero peso economico del reato commesso da più persone. Si afferma invece un principio di proporzionalità e di responsabilità individuale: ogni concorrente risponde per la parte di profitto che ha effettivamente intascato.

La causa è stata quindi rinviata al Tribunale di Potenza, che dovrà riesaminare la questione e rideterminare l’importo del sequestro alla luce del principio affermato, valutando la quota di profitto effettivamente attribuibile all’indagato.

È possibile emettere un nuovo provvedimento di sequestro se il precedente è stato annullato?
Sì, è possibile se l’annullamento precedente è avvenuto per vizi formali o procedurali (come il difetto di motivazione) e non per una valutazione nel merito che ha escluso la sussistenza dei presupposti del reato. In tal caso, il principio del ne bis in idem non viene violato.

Il ‘risparmio di spesa’, come le imposte non pagate, può essere considerato ‘profitto’ del reato e quindi essere oggetto di sequestro?
Sì, la giurisprudenza consolidata, richiamata anche in questa sentenza, include nel concetto di profitto confiscabile qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente derivante dal reato, compreso il cosiddetto ‘risparmio di spesa’, come quello ottenuto dal mancato pagamento di tasse, accise o altri tributi.

In un reato commesso da più persone, si può sequestrare l’intero profitto a un solo concorrente?
No. Secondo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, il sequestro per equivalente deve essere disposto nei confronti di ciascun concorrente limitatamente alla quota di profitto che ha concretamente conseguito. È esclusa ogni forma di solidarietà passiva. Solo se è impossibile determinare le singole quote, il profitto viene diviso in parti uguali tra i concorrenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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