Sequestro per Equivalente: La Cessione Fittizia dell’Immobile non Sconfigge la Misura Cautelare
Il sequestro per equivalente è uno strumento fondamentale nel diritto penale per aggredire i patrimoni illecitamente accumulati. Ma cosa succede se un bene, prima di essere raggiunto dalla giustizia, viene ceduto a un’altra persona, come il convivente? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8993/2024) fornisce chiarimenti cruciali, stabilendo che la mera formalità di un atto di vendita non è sufficiente a proteggere un bene se gli indizi suggeriscono che la cessione è solo apparente.
I Fatti del Caso: Una Cessione Sospetta
La vicenda trae origine da un’indagine per truffa aggravata ai danni dello Stato, legata alla gestione dei fondi del ‘Superbonus’. Nell’ambito di tale procedimento, veniva disposto il sequestro di un immobile ritenuto nella disponibilità dell’indagato. A opporsi alla misura era la sua convivente, la quale sosteneva di essere la legittima proprietaria di una quota del bene, acquistata proprio dall’indagato.
Tuttavia, il Tribunale del Riesame prima, e la Corte di Cassazione poi, hanno ritenuto l’operazione di cessione del 50% dell’immobile meramente ‘apparente’. Diversi elementi hanno destato sospetto:
1. Modalità di Pagamento: Una parte del prezzo di vendita, circa 18.000 euro, sarebbe stata pagata con assegno, ma non vi era prova dell’effettivo incasso.
2. Accollo del Mutuo: La restante parte del prezzo doveva essere coperta tramite l’accollo del mutuo da parte della convivente. L’accollo, però, era rimasto ‘interno’, ovvero un accordo privato tra le parti che non liberava l’indagato dalla sua responsabilità civile verso la banca. Entrambi risultavano ancora cointestatari del contratto di mutuo.
3. Sproporzione del Valore: L’immobile era stato oggetto di una ristrutturazione del valore di circa 400.000 euro. Appariva quindi del tutto irragionevole che la metà del valore dello stesso potesse essere di soli 80.000 euro, come indicato nell’atto di vendita.
La Decisione e il principio del sequestro per equivalente
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso della donna inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione contro le misure cautelari reali è ammesso solo per violazione di legge, non per rimettere in discussione la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito.
Nel caso specifico, la motivazione del Tribunale non è stata giudicata ‘apparente’ o illogica. Al contrario, è stata considerata ben fondata su una serie di indizi gravi, precisi e concordanti che, letti insieme, rendevano la cessione immobiliare priva di reale sostanza economica e finalizzata unicamente a sottrarre il bene alla disponibilità dell’indagato, giustificando così il sequestro per equivalente.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha sottolineato come il Tribunale avesse correttamente considerato tutti gli elementi a disposizione per valutare la reale disponibilità dell’immobile. Il pagamento iniziale dell’abitazione da parte della ricorrente non era sufficiente a superare i pesanti dubbi sulla successiva operazione di cessione della quota del 50%.
L’analisi dei giudici si è concentrata sulla sostanza dell’operazione, andando oltre l’apparenza formale dell’atto notarile. L’accollo del mutuo ‘interno’ è stato un fattore decisivo: se l’indagato rimane civilmente responsabile nei confronti dell’istituto di credito, non si può dire che abbia realmente perso la disponibilità economica del bene. A ciò si aggiungeva l’evidente illogicità economica di una vendita a 80.000 euro di metà di un immobile appena ristrutturato con 400.000 euro.
Queste circostanze, unite ai gravi indizi di reato a carico dell’indagato per le truffe sul ‘Superbonus’, hanno reso la motivazione del provvedimento di sequestro pienamente rispettosa dei requisiti richiesti dalla legge, in particolare per la sussistenza del cosiddetto fumus commissi delicti.
Conclusioni: Cosa Impariamo da Questa Sentenza sul sequestro per equivalente
Questa pronuncia offre importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che gli atti formali, come una compravendita immobiliare, non costituiscono uno scudo invalicabile contro le misure cautelari reali. I giudici hanno il dovere di esaminare la sostanza economica delle operazioni per determinare la reale disponibilità di un bene.
In secondo luogo, la sentenza evidenzia quali ‘campanelli d’allarme’ possono portare un giudice a considerare fittizia una cessione: pagamenti non tracciati o non provati, accordi che non liberano il debitore originario (come l’accollo interno) e una palese antieconomicità dell’operazione. Per chi opera nel settore immobiliare e finanziario, è un monito a prestare massima attenzione alla coerenza e alla trasparenza delle transazioni, specialmente quando coinvolgono soggetti legati da vincoli personali e indagati per reati economici.
Un immobile ceduto a un convivente può essere comunque oggetto di sequestro per equivalente per un reato commesso dal cedente?
Sì, può essere oggetto di sequestro se il giudice ritiene, sulla base di gravi indizi, che la cessione sia stata solo ‘apparente’ e che l’indagato abbia mantenuto la disponibilità effettiva del bene. L’atto formale di vendita non è sufficiente a escluderlo.
Quali elementi possono far considerare una cessione immobiliare come ‘apparente’ ai fini di un sequestro?
Secondo la sentenza, elementi significativi sono: la mancanza di prova di un effettivo pagamento del prezzo, un accollo del mutuo che non libera il venditore dal debito (accollo ‘interno’) e una palese sproporzione tra il prezzo di vendita e il valore reale o i costi sostenuti per l’immobile (come una ristrutturazione).
È possibile ricorrere in Cassazione per contestare la valutazione dei fatti che hanno portato al sequestro?
No, il ricorso in Cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è limitato alla sola ‘violazione di legge’. Non è possibile chiedere alla Corte di rivalutare le prove o i fatti già esaminati dal Tribunale del Riesame, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia totalmente assente, contraddittoria o manifestamente illogica.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8993 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8993 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VARESE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/09/2023 del TRIBUNALE di COMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, c del d.l. n. 137 del 2020,
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Como sezione per il riesame delle misure cautelari reali res !istanza di riesame proposta da NOME COGNOMECOGNOME terza interessata, in relaz sequestro funzionale alla confisca per equivalente di un immobile ritenuto nella dispo
dell’indagato (per truffa aggravata ai danni dello Stato), ovvero il convivente NOME COGNOME.
Avverso tale GLYPH ordinanza GLYPH proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 321, comrna 2, cod. proc peri., art. 640 -quater cod. pen.): la motivazione relativa alla disponibilità dell’immobile in capo all’indagat apparente: non sarebbe stato considerato che il prezzo dell’immobile ed il mutuo stesso erano stati pagati dalla ricorrente e che la cessione del 50% dell’i effettuata dall’indagato a favore della convivente non sarebbe pertanto “apparente” ritenuto dal Tribunale. Si deduceva che, peraltro non sarebbe rilevante neanche che erano stati effettuati lavori di ristrutturazione per 400.000 euro, tenuto c pacifica natura di società cartiere delle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE
2.2. Il collegio ribadisce che il ricorso per cassazione contro ordinanze em materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso solo per violazione di legge tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a s del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coer completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario seguito dal giudice. Tale principio, enucleato già nel 2004 con una pronuncia a S Unite (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710), è stato ulterior sviluppato e chiarito, sempre con pronuncia a Sezioni Unite, nel 2008 (Sez. U, n.259 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692), e successivamente ribadito in numerose pronun provenienti dalle sezioni semplici (tra le altre, Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Ch 252430; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129).
Nel caso in esame contrariamente a quanto dedotto, la motivazione censurata no affatto apparente.
Il Tribunale prendeva in considerazione le doglianze difensive ritenendole non rile In particolare: l’iniziale pagamento della abitazione da parte della NOME veniva r non sufficiente a dimostrare che la stessa non fosse nella disponibilità di NOME conto che le modalità della cessione della quota del 50% da NOME ad Alcarno risult sospette; infatti dall’atto emergeva che il prezzo di vendita era di NOME 80.000, di cui NOME 18.000 sarebbero stati versati contestualmente, mentre per la restante quota vi stato un accollo del mutuo da parte della COGNOME. TutIvia non vi era prova del versamento dell’assegno di 18.000 euro, mentre l’accollo del mutuo era rimasto “interno”iin entrambi i mutuatari risultano ancora intestatari del contratto con la Banca Popo Sondrio, sicché NOME è rimasto civilmente responsabile nei confronti dell’istituto.
A ciò si aggiungeva che l’immobile sarebbe stato oggetto di una ristrutturazion costo di NOME 400.000 euro, sicché sarebbe irragionevole ritenere che la metà della quota dello stesso ammontasse a soli 80.000 euro; tali circostanze, unitamente ai indizí emersi in ordine a COGNOME NOME NOME la ~II, consumazione di una serie di t aggravate ai danni dello Stato nella gestione del cosiddetto “Superbonus” rendono l motivazione rispettosa degli oneri motivazionali richiesti dalla Corte di legittimi i ndividuazione del fumus commissi delicti.
2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determin equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il giorno 23 gennaio 2024.