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Sequestro per equivalente: quando la cessione è fittizia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna contro il sequestro per equivalente di un immobile, formalmente cointestato ma ritenuto nella piena disponibilità del convivente, indagato per truffa aggravata. La Corte ha confermato la decisione del Tribunale, giudicando la cessione del 50% della proprietà come ‘apparente’. Elementi come la mancanza di prova del pagamento, un accollo del mutuo solo interno e l’enorme sproporzione tra il prezzo di vendita e i costi di ristrutturazione sostenuti, hanno reso la motivazione del sequestro solida e non censurabile.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per Equivalente: La Cessione Fittizia dell’Immobile non Sconfigge la Misura Cautelare

Il sequestro per equivalente è uno strumento fondamentale nel diritto penale per aggredire i patrimoni illecitamente accumulati. Ma cosa succede se un bene, prima di essere raggiunto dalla giustizia, viene ceduto a un’altra persona, come il convivente? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8993/2024) fornisce chiarimenti cruciali, stabilendo che la mera formalità di un atto di vendita non è sufficiente a proteggere un bene se gli indizi suggeriscono che la cessione è solo apparente.

I Fatti del Caso: Una Cessione Sospetta

La vicenda trae origine da un’indagine per truffa aggravata ai danni dello Stato, legata alla gestione dei fondi del ‘Superbonus’. Nell’ambito di tale procedimento, veniva disposto il sequestro di un immobile ritenuto nella disponibilità dell’indagato. A opporsi alla misura era la sua convivente, la quale sosteneva di essere la legittima proprietaria di una quota del bene, acquistata proprio dall’indagato.

Tuttavia, il Tribunale del Riesame prima, e la Corte di Cassazione poi, hanno ritenuto l’operazione di cessione del 50% dell’immobile meramente ‘apparente’. Diversi elementi hanno destato sospetto:

1. Modalità di Pagamento: Una parte del prezzo di vendita, circa 18.000 euro, sarebbe stata pagata con assegno, ma non vi era prova dell’effettivo incasso.
2. Accollo del Mutuo: La restante parte del prezzo doveva essere coperta tramite l’accollo del mutuo da parte della convivente. L’accollo, però, era rimasto ‘interno’, ovvero un accordo privato tra le parti che non liberava l’indagato dalla sua responsabilità civile verso la banca. Entrambi risultavano ancora cointestatari del contratto di mutuo.
3. Sproporzione del Valore: L’immobile era stato oggetto di una ristrutturazione del valore di circa 400.000 euro. Appariva quindi del tutto irragionevole che la metà del valore dello stesso potesse essere di soli 80.000 euro, come indicato nell’atto di vendita.

La Decisione e il principio del sequestro per equivalente

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso della donna inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione contro le misure cautelari reali è ammesso solo per violazione di legge, non per rimettere in discussione la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito.

Nel caso specifico, la motivazione del Tribunale non è stata giudicata ‘apparente’ o illogica. Al contrario, è stata considerata ben fondata su una serie di indizi gravi, precisi e concordanti che, letti insieme, rendevano la cessione immobiliare priva di reale sostanza economica e finalizzata unicamente a sottrarre il bene alla disponibilità dell’indagato, giustificando così il sequestro per equivalente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha sottolineato come il Tribunale avesse correttamente considerato tutti gli elementi a disposizione per valutare la reale disponibilità dell’immobile. Il pagamento iniziale dell’abitazione da parte della ricorrente non era sufficiente a superare i pesanti dubbi sulla successiva operazione di cessione della quota del 50%.

L’analisi dei giudici si è concentrata sulla sostanza dell’operazione, andando oltre l’apparenza formale dell’atto notarile. L’accollo del mutuo ‘interno’ è stato un fattore decisivo: se l’indagato rimane civilmente responsabile nei confronti dell’istituto di credito, non si può dire che abbia realmente perso la disponibilità economica del bene. A ciò si aggiungeva l’evidente illogicità economica di una vendita a 80.000 euro di metà di un immobile appena ristrutturato con 400.000 euro.

Queste circostanze, unite ai gravi indizi di reato a carico dell’indagato per le truffe sul ‘Superbonus’, hanno reso la motivazione del provvedimento di sequestro pienamente rispettosa dei requisiti richiesti dalla legge, in particolare per la sussistenza del cosiddetto fumus commissi delicti.

Conclusioni: Cosa Impariamo da Questa Sentenza sul sequestro per equivalente

Questa pronuncia offre importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che gli atti formali, come una compravendita immobiliare, non costituiscono uno scudo invalicabile contro le misure cautelari reali. I giudici hanno il dovere di esaminare la sostanza economica delle operazioni per determinare la reale disponibilità di un bene.

In secondo luogo, la sentenza evidenzia quali ‘campanelli d’allarme’ possono portare un giudice a considerare fittizia una cessione: pagamenti non tracciati o non provati, accordi che non liberano il debitore originario (come l’accollo interno) e una palese antieconomicità dell’operazione. Per chi opera nel settore immobiliare e finanziario, è un monito a prestare massima attenzione alla coerenza e alla trasparenza delle transazioni, specialmente quando coinvolgono soggetti legati da vincoli personali e indagati per reati economici.

Un immobile ceduto a un convivente può essere comunque oggetto di sequestro per equivalente per un reato commesso dal cedente?
Sì, può essere oggetto di sequestro se il giudice ritiene, sulla base di gravi indizi, che la cessione sia stata solo ‘apparente’ e che l’indagato abbia mantenuto la disponibilità effettiva del bene. L’atto formale di vendita non è sufficiente a escluderlo.

Quali elementi possono far considerare una cessione immobiliare come ‘apparente’ ai fini di un sequestro?
Secondo la sentenza, elementi significativi sono: la mancanza di prova di un effettivo pagamento del prezzo, un accollo del mutuo che non libera il venditore dal debito (accollo ‘interno’) e una palese sproporzione tra il prezzo di vendita e il valore reale o i costi sostenuti per l’immobile (come una ristrutturazione).

È possibile ricorrere in Cassazione per contestare la valutazione dei fatti che hanno portato al sequestro?
No, il ricorso in Cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è limitato alla sola ‘violazione di legge’. Non è possibile chiedere alla Corte di rivalutare le prove o i fatti già esaminati dal Tribunale del Riesame, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia totalmente assente, contraddittoria o manifestamente illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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