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Sequestro per equivalente: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’indagata contro un’ordinanza di sequestro per equivalente per un valore di 165.000 euro, relativo a ipotesi di truffa. La Corte ha ribadito che il sequestro per equivalente è legittimo quando il sequestro diretto del profitto del reato risulta, anche solo temporaneamente, impraticabile. Le questioni sulle modalità esecutive della misura, inoltre, non sono contestabili in Cassazione ma in sede di incidente di esecuzione.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per Equivalente: La Cassazione Chiarisce i Limiti di Applicabilità

Il sequestro per equivalente rappresenta uno strumento fondamentale nel contrasto alla criminalità economica, consentendo allo Stato di aggredire i patrimoni illeciti anche quando il profitto diretto del reato è stato occultato o dissipato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 42861/2024) offre importanti chiarimenti sui presupposti per la sua applicazione, in particolare sulla nozione di impossibilità di reperire i beni diretti.

Il Caso in Esame: Sequestro Preventivo e Crediti Fiscali

Il caso trae origine da un’indagine per reati di truffa aggravata. Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva emesso un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta o per equivalente, del profitto del reato, quantificato in 165.000 euro.

Il profitto era stato identificato in crediti fiscali presenti nel cassetto fiscale dell’indagata. Tuttavia, in fase esecutiva, la Guardia di Finanza non era riuscita a procedere al sequestro diretto di tali crediti e aveva quindi sottoposto a vincolo altri beni di proprietà dell’indagata per un valore equivalente.

L’interessata ha proposto ricorso al Tribunale del riesame, contestando la legittimità del sequestro per equivalente. Le sue difese si basavano su tre punti principali:

1. Il sequestro diretto dei crediti fiscali era possibile e andava esperito prima di procedere per equivalente.
2. Il sequestro era stato erroneamente applicato anche per un reato fiscale (art. 10-quater D.Lgs. 74/2000) che non lo prevedeva.
3. L’importo sequestrato (oltre 253.000 euro) eccedeva il profitto del reato indicato dal GIP (165.000 euro).

Il Tribunale del riesame ha rigettato la richiesta, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte: Il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La decisione si fonda su principi consolidati sia in materia procedurale che sostanziale, offrendo una lezione chiara sulla corretta sede per contestare le modalità esecutive di una misura cautelare e sui presupposti del sequestro per equivalente.

Le Motivazioni della Sentenza: Quando il sequestro per equivalente è legittimo

Le motivazioni della Corte sono precise e si articolano su due livelli.

In primo luogo, la Suprema Corte ribadisce un principio procedurale cruciale: le questioni relative alle modalità di esecuzione del sequestro preventivo non possono essere fatte valere tramite ricorso per Cassazione. La sede corretta per sollevare tali doglianze è l’incidente di esecuzione. Il ricorso in Cassazione è limitato alla violazione di legge, non alle scelte operative compiute in fase esecutiva.

In secondo luogo, e nel merito della questione, la Corte ha smontato la tesi difensiva sulla presunta illegittimità del sequestro per equivalente. Richiamando l’orientamento delle Sezioni Unite (sentenza Gubert, n. 10561/2014), i giudici hanno chiarito che il sequestro di beni per un valore equivalente può essere disposto anche quando l’impossibilità di reperire i beni costituenti il profitto diretto del reato sia transitoria e reversibile.

È sufficiente che tale impossibilità sussista al momento della richiesta e dell’adozione della misura. Non è richiesta una ricerca generalizzata e preventiva dei beni diretti, poiché ciò potrebbe vanificare l’esigenza cautelare, dando all’indagato il tempo di occultare gli altri beni aggredibili. Nel caso di specie, il Tribunale del riesame aveva correttamente dato atto dell’impraticabilità del sequestro in forma specifica dei crediti fiscali, rendendo legittimo il ricorso alla forma per equivalente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale volto a garantire la massima efficacia delle misure di ablazione patrimoniale. Le conclusioni che se ne possono trarre sono due:

1. Distinzione delle sedi di impugnazione: È fondamentale distinguere tra la contestazione del titolo (il provvedimento di sequestro), da farsi con il riesame e poi in Cassazione per violazione di legge, e la contestazione delle modalità esecutive, da proporsi tramite incidente di esecuzione.
2. Flessibilità del sequestro per equivalente: La possibilità di ricorrere al sequestro per equivalente non è subordinata a una ricerca lunga e infruttuosa dei beni diretti. La semplice impraticabilità o impossibilità, anche temporanea, di vincolare il profitto diretto del reato al momento dell’esecuzione è condizione sufficiente per aggredire altri beni del patrimonio dell’indagato.

È possibile contestare in Cassazione le modalità di esecuzione di un sequestro preventivo?
No. La Corte di Cassazione, sulla base di una giurisprudenza consolidata, ha stabilito che i provvedimenti riguardanti le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono ricorribili per cassazione. Le eventuali questioni relative devono essere proposte in sede di incidente di esecuzione.

Il sequestro per equivalente può essere disposto se i beni che costituiscono il profitto diretto del reato sono solo temporaneamente irreperibili?
Sì. La giurisprudenza delle Sezioni Unite ha chiarito che il sequestro per equivalente può essere disposto anche quando l’impossibilità di reperire i beni costituenti il profitto del reato è transitoria e reversibile, purché tale impossibilità sussista al momento della richiesta e dell’adozione della misura.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, fissata equitativamente, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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