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Sequestro per equivalente per truffa bonus edilizi

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro per equivalente sui beni personali del socio unico di una società, ritenuto il ‘dominus di fatto’ di una frode milionaria legata a crediti d’imposta fittizi per bonus edilizi. La Corte ha stabilito che la misura è legittima anche se l’indagato non ricopriva formalmente la carica di amministratore al momento dei fatti, poiché il suo coinvolgimento effettivo e continuativo è stato provato. Il sequestro è stato ritenuto proporzionato al profitto del reato, non al singolo emolumento percepito dall’indagato.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per equivalente: la responsabilità del dominus nella truffa sui bonus edilizi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso di truffa aggravata legata ai bonus edilizi, chiarendo i criteri di applicazione del sequestro per equivalente nei confronti di chi, pur senza una carica formale, agisce come effettivo controllore della società. La decisione sottolinea come la responsabilità penale e patrimoniale vada oltre le apparenze formali, guardando alla sostanza del ruolo ricoperto dall’indagato.

Il Caso: Una Truffa Milionaria con Crediti d’Imposta Fittizi

I fatti al centro della vicenda riguardano un’articolata frode perpetrata attraverso una società a responsabilità limitata. L’indagato, in qualità di socio unico e amministratore (legale o di fatto), è accusato di aver creato, in concorso con un altro soggetto, ingenti crediti d’imposta fittizi. Il meccanismo fraudolento si basava sull’emissione di fatture false per lavori di ristrutturazione di facciate condominiali mai deliberati né eseguiti, per un valore complessivo di svariati milioni di euro.

Questi crediti inesistenti venivano poi monetizzati tramite cessione a terzi. L’operazione illecita ha portato all’emissione di un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, che ha colpito sia i crediti d’imposta ancora nella disponibilità della società, sia, tramite sequestro per equivalente, i beni personali dell’indagato (quote societarie, veicoli e un immobile).

I Motivi del Ricorso dell’Indagato

L’indagato ha impugnato il provvedimento di sequestro basando il suo ricorso su due argomenti principali:

1. Violazione del principio di proporzionalità: Sosteneva che il valore dei beni personali sequestrati fosse sproporzionato rispetto al profitto da lui personalmente conseguito, limitato, a suo dire, ai soli emolumenti legittimi come amministratore. Egli contestava quindi la correlazione tra il valore dei suoi beni e l’intero profitto del reato.
2. Carenza dell’elemento soggettivo: Affermava di essere estraneo ai fatti, poiché al momento della commissione di parte dei reati aveva formalmente rassegnato le dimissioni dalla carica di amministratore. Si considerava, pertanto, un soggetto terzo non coinvolto nell’attività criminale.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo integralmente le argomentazioni della difesa con motivazioni nette e precise.

La Questione della Proporzionalità del Sequestro per Equivalente

In primo luogo, la Corte ha smontato la tesi della sproporzionalità. I giudici hanno chiarito che il parametro per valutare l’adeguatezza del sequestro per equivalente non è il vantaggio personale e lecito percepito dall’indagato (come gli stipendi da amministratore), bensì l’importo totale del profitto illecito generato dal reato. Poiché il valore dei beni sequestrati all’indagato era significativamente inferiore al profitto complessivo della truffa e dato che non era stato possibile reperire sufficiente liquidità sui conti della società, la misura cautelare sui suoi beni personali è stata ritenuta pienamente legittima e proporzionata.

Il Ruolo del “Dominus di Fatto” Giustifica il Sequestro

Il punto cruciale della sentenza riguarda la figura dell’indagato come dominus di fatto. La Corte ha stabilito che, a prescindere dalle dimissioni formali dalla carica di amministratore per un limitato periodo, l’indagato aveva mantenuto un controllo costante e ininterrotto sulla società. Numerosi elementi provavano il suo pieno coinvolgimento: era socio unico, era stato amministratore prima e lo è ridiventato dopo il periodo ‘scoperto’, e soprattutto, anche durante l’intervallo, aveva partecipato a sopralluoghi e assemblee condominiali cruciali per la realizzazione della frode.

Questa continuità operativa ha convinto i giudici che egli fosse il vero regista dell’operazione illecita. Di conseguenza, non poteva essere considerato un soggetto estraneo al reato. La sua posizione di controllore di fatto ha reso legittimo il sequestro per equivalente sui suoi beni, in quanto responsabile della commissione dell’illecito e fruitore, diretto o indiretto, dei suoi proventi.

le conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: nel contesto dei reati societari e delle frodi complesse, la giustizia guarda alla sostanza dei ruoli e non solo alla forma. La figura del dominus di fatto è centrale per attribuire la responsabilità penale e patrimoniale. Chi gestisce e controlla un’entità, traendone profitti illeciti, non può schermarsi dietro cariche formali o dimissioni di comodo. Il sequestro per equivalente si conferma così uno strumento essenziale per colpire i patrimoni illecitamente accumulati, garantendo che il crimine non paghi, anche quando i proventi diretti sono stati occultati o dissipati.

Quando si può applicare il sequestro per equivalente?
Si applica quando non è possibile sequestrare direttamente i beni che costituiscono il profitto del reato (ad esempio, perché il denaro è stato speso o trasferito). In tal caso, la misura colpisce altri beni di valore equivalente appartenenti alla persona ritenuta responsabile del reato.

Chi è il ‘dominus di fatto’ e perché la sua identificazione è rilevante?
Il ‘dominus di fatto’ è la persona che, al di là delle cariche formali, esercita un controllo effettivo e continuativo su una società. La sua identificazione è cruciale perché la Corte lo ritiene pienamente responsabile degli illeciti commessi, rendendo i suoi beni personali aggredibili con il sequestro per equivalente.

Il valore del sequestro per equivalente deve corrispondere al profitto personale dell’indagato?
No. Secondo la sentenza, il valore del sequestro è commisurato al profitto totale del reato conseguito dalla società, non necessariamente alla sola parte di cui l’indagato ha beneficiato personalmente e direttamente. Se i beni della società non sono sufficienti a coprire il profitto illecito, si possono sequestrare i beni personali del responsabile fino al raggiungimento di tale valore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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