LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro per equivalente: onere della prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di sequestro per equivalente per reati tributari. La Corte ha stabilito che, in caso di illeciti commessi tramite una persona giuridica, l’onere di dimostrare la capienza patrimoniale della società spetta all’indagato che si oppone al sequestro sui propri beni personali. Non è compito del Pubblico Ministero condurre un’indagine preliminare esaustiva sul patrimonio sociale. La sentenza ribadisce che il sequestro per equivalente è legittimo quando non risultano beni disponibili in capo all’ente, e spetta alla fase esecutiva aggredire in via prioritaria il patrimonio della società.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per Equivalente: La Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5483 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di reati tributari commessi attraverso società: il sequestro per equivalente. Questa pronuncia stabilisce un principio fondamentale: spetta all’indagato, e non all’accusa, l’onere di dimostrare la disponibilità di beni nel patrimonio della società prima di poter contestare la legittimità del sequestro sui propri beni personali. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il Tribunale del Riesame di Milano aveva confermato un decreto di sequestro preventivo per equivalente per un importo superiore a 1,7 milioni di euro, emesso nei confronti di un soggetto indagato per concorso in reati di dichiarazione fraudolenta. Tali reati erano stati commessi nell’ambito dell’attività di due società.

L’indagato, attraverso il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando due principali violazioni di legge:
1. Violazione del principio di sussidiarietà: la difesa sosteneva che il sequestro sui beni personali fosse illegittimo perché non era stata preventivamente condotta un’indagine esaustiva per verificare l’impossibilità di trovare il profitto del reato nel patrimonio delle società beneficiarie.
2. Violazione del principio di proporzionalità: si contestava l’errata quantificazione del profitto attribuibile all’indagato, il cui ruolo sarebbe stato marginale.

L’Onere della Prova nel Sequestro per Equivalente

La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo di ricorso, fornendo un chiarimento decisivo sul funzionamento del sequestro per equivalente. I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato: la confisca (e quindi il sequestro preventivo ad essa finalizzato) può essere disposta sui beni dell’amministratore o del concorrente nel reato quando non vi sia prova della disponibilità di beni nel patrimonio della persona giuridica.

Il punto centrale della decisione risiede nell’inversione dell’onere della prova. Non è il Pubblico Ministero a dover dimostrare l’incapienza della società con accertamenti preliminari complessi. Al contrario, il PM è legittimato a richiedere il sequestro per equivalente sulla base degli elementi indiziari disponibili. Sarà poi l’indagato, che subisce il vincolo cautelare sui propri beni, a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per un sequestro in forma diretta sul patrimonio sociale, fornendo prove concrete della capienza dell’ente.

La Corte ha inoltre precisato che l’ordine di aggressione dei patrimoni (prima la società, poi la persona fisica) è una questione che attiene alla fase esecutiva del provvedimento, non alla sua legittimità iniziale.

Il Principio di Proporzionalità nel Concorso di Persone

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ricordato che, in caso di pluralità di indagati, il sequestro può essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascun concorrente, specialmente quando la quota individuale non sia chiaramente individuabile.

In questo caso, tuttavia, i giudici hanno evidenziato che l’ordinanza del G.I.P. aveva specificato il quantum di profitto riferibile a ciascun indagato, compreso il ricorrente. La doglianza della difesa è stata quindi ritenuta generica, poiché non indicava quale sarebbe stata la corretta quota di profitto da attribuire al proprio assistito.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su una logica di efficienza e concretezza processuale. Pretendere che l’accusa svolga un’indagine patrimoniale completa e preventiva sulla società prima di poter richiedere il sequestro per equivalente ne paralizzerebbe l’efficacia, consentendo la dispersione dei beni. Il sequestro è una misura cautelare che risponde a esigenze di urgenza per assicurare il recupero del profitto illecito.

La Corte ha stabilito che la sequenza procedurale corretta prevede che il giudice, sulla base degli indizi, emetta un provvedimento di sequestro che può essere indirizzato in via sussidiaria verso la persona fisica. La verifica concreta della capienza della società è demandata alla fase esecutiva. Se in quella sede la società risulta capiente, il vincolo verrà apposto sui suoi beni; in caso contrario, si procederà sui beni personali dell’indagato. L’onere di allegare elementi che dimostrino la capienza della società, per evitare il vincolo personale, ricade quindi sull’interessato. Per quanto riguarda la proporzionalità, la Corte ha ritenuto che il ricorso fosse vago e non confutasse efficacemente le specifiche quantificazioni già operate dal giudice di merito.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio fondamentale per chiunque sia coinvolto, a vario titolo, in procedimenti per reati tributari societari. L’indagato non può limitarsi a una difesa passiva, eccependo genericamente la mancata ricerca di beni presso la società. Per contrastare efficacemente un sequestro per equivalente sui propri beni, è necessario assumere un ruolo attivo, fornendo al giudice prove concrete e specifiche della capacità patrimoniale della persona giuridica. Questa pronuncia consolida gli strumenti a disposizione dell’accusa per il recupero dei profitti derivanti da reati fiscali, ponendo un chiaro onere probatorio a carico della difesa.

In caso di sequestro per equivalente per reati tributari, chi deve provare che la società beneficiaria del reato ha beni sufficienti per coprire il profitto illecito?
Secondo la sentenza, l’onere di dimostrare la capienza patrimoniale della persona giuridica spetta all’indagato che intende opporsi al sequestro disposto sui propri beni personali.

Il Pubblico Ministero è obbligato a compiere una ricerca approfondita dei beni della società prima di chiedere il sequestro sui beni personali dell’indagato?
No. La Corte ha chiarito che non è necessario il compimento di specifici e ulteriori accertamenti preliminari da parte del Pubblico Ministero per rinvenire il profitto nelle casse della società. Il PM può richiedere il sequestro per equivalente sulla base del compendio indiziario emerso.

Se più persone concorrono in un reato, il sequestro può colpire uno solo di loro per l’intero importo del profitto?
Sì, il sequestro preventivo può essere adottato per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno dei concorrenti, specialmente qualora la quota attribuibile a ciascuno non sia chiaramente individuabile. La confisca finale, tuttavia, non potrà duplicare l’importo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati