Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22541 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22541 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Leverano il 05/12/1983
avverso l’ordinanza del 28/1/2025 del Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28/01/2025 il Tribunale di Lecce respingeva l’appello proposto avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce del 04/12/2024, che aveva rigettato l’istanza di revoca parziale del sequestro preventivo avanzata da NOME COGNOME
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riferimento all’applicazione del criterio solidaristico in tema di sequestro preventivo. Rileva che il Tribunale del riesame e prima ancora il Giudice per le indagini preliminari hanno errato nell’applicare il principio solidaristico al sequestro per equivalente disposto nei confronti dell’odierno ricorrente; che, invero, le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità con la sentenza del 26/09/2024 hanno escluso ogni forma di solidarietà passiva tra i concorrenti nel reato, limitando la misura ablativa al solo profitto conseguito dal singolo concorrente e, qualora non sia possibile individuarlo, hanno indicato quale criterio residuale quello della ripartizione del profitto in parti uguali; che il Tribunale del riesame ha errato anche laddove ha ritenuto che nella fase cautelare sia l’indagato a dover indicare esattamente la quota di arricchimento a lui riferibile, in caso contrario dovendosi attendere la fase del giudizio per l’individuazione della quota precisa di arricchimento di ogni singolo concorrente; che
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME
in tal modo ha escluso l’applicazione del criterio suppletivo della ripartizione in parti uguali; che, nel caso di specie, la richiesta difensiva aveva preso spunto dalla stessa ricostruzione operata dal Giudice per le indagini preliminari nel provvedimento di sequestro preventivo, in cui era stato stabilito l’ammontare del profitto per ogni singolo concorrente rispetto alle varie ipotesi di reato; che, in particolare, il giudice, nella distribuzione del profitto, aveva individuato con precisione l’ammontare degli importi incamerati dagli altri concorrenti per ognuna delle due vicende delittuose contestate, sovrapponendo, però, genericamente l’intero importo per la posizione del COGNOME, solo perchØ si trattava del soggetto che aveva funto da intermediario nell’esecuzione dei bonifici; che, invece, seguendo le indicazioni del Giudice per le indagini preliminari, la parte residua di profitto conseguito dall’odierno ricorrente, al netto delle somme computate agli altri concorrenti, dovrebbe essere quantificata in euro 11.629,73 o, in subordine, applicando il criterio suppletivo della suddivisione in parti uguali, in complessivi euro 33.751,35 per entrambe le ipotesi contestate; che tale criterio suppletivo Ł stato scartato dal Tribunale del riesame sul presupposto che l’esatta quota di arricchimento potrà essere individuata nel corso del giudizio; che, in definitiva, l’ordinanza impugnata ha finito con l’applicare il criterio della solidarietà passiva, nonostante detto criterio sia stato escluso dalle Sezioni Unite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso Ł fondato.
3.1. Con riferimento al quantum della confisca per equivalente nei confronti di ciascun concorrente nel caso di reato concorsuale, di recente si sono espresse le Sezioni Unite di questa Corte, affermando che, in caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca Ł disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito; che il relativo accertamento deve formare oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti; che, solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali (Sez. U, n. 13783 del 16/09/2024, dep. 2025, COGNOME).
Tanto in applicazione del principio di proporzionalità, che nell’ambito dei valori costituzionali Ł espressione del principio di ragionevolezza e che «Ł trasversale al sistema ed ha trovato genesi ed espressione nei vari contesti, distinti ma sovrapposti, del diritto dell’Unione europea , della giurisprudenza di Strasburgo, e dell’ordinamento interno» e che si articola «in quattro verifiche successive, relative: a) alla sussistenza di una finalità legittima della misura; b) all’idoneità della misura stessa a conseguire quella finalità; c) alla necessità della misura, intesa come inesistenza di misure egualmente idonee ma meno incidenti sui diritti fondamentali dell’interessato; d) alla sua proporzionalità in senso stretto, ossia al carattere non eccessivo della compressione del diritto fondamentale rispetto all’importanza dello scopo perseguito».
Nell’arresto in discorso, le Sezioni Unite hanno avuto, altresì, cura di precisare che il principio di proporzionalità può assumere sia una valenza c.d. prospettica, che una valenza c.d. retrospettiva: nel primo caso, ha ad oggetto il rapporto tra la misura ablativa e la finalità perseguita dalla norma, dunque, «una proporzione che attiene al rapporto tra mezzi impiegati scopo perseguito»; nel secondo caso, involge il giudizio sugli effetti che una norma sanzionatoria, in particolare punitiva, produce sui diritti fondamentali del suo destinatario, se cioŁ ne determini una compressione eccessiva, per cui ha ad oggetto una valutazione della congruità della risposta sanzionatoria rispetto al fatto che ha dato causa alla sanzione, vertendo sul rapporto tra severità della sanzione e gravità dell’illecito; che il sindacato di proporzionalità, rispetto alle pene, trova il proprio fondamento sia nel principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., che in quello di rieducazione della pena e della
personalità della responsabilità penale (che Ł alla base della necessaria individualizzazione della pena) di cui all’art. 27, terzo comma, Cost.; che il sindacato di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 112 del 2019), Ł applicabile anche alla generalità delle sanzioni amministrative, dunque, non solo a quelle c.d. punitive in senso stretto.
Tali premesse hanno consentito di porre alcuni punti fermi:
«- la confisca Ł misura sottoposta anch’essa al controllo di proporzione, a prescindere dalla sua formale “etichetta”;
anche rispetto alla confisca si deve valutare se la compromissione del diritto di proprietà sia idonea, necessaria e proporzionata rispetto al fine prefissato;
se l’ablazione non Ł diretta ad un mero ripristino ma assume connotati punitivi, nel senso in precedenza esplicitato (Corte cost., sent. n. 112 del 2019), il controllo di proporzionalità assume una valenza retrospettiva, con particolare riguardo alla proporzione della sanzione complessivamente irrogata rispetto alla gravità del singolo fatto;
se l’ablazione Ł invece diretta al ripristino della situazione anteriore all’illecito, il controllo di proporzionalità ha una valenza prospettica ed Ł volto a verificare la congruità del mezzo – cioŁ della misura – rispetto al fine.
gli automatismi e le rigidità sanzionatorie possono essere elementi indicativi di sproporzione».
Orbene – premesso che la confisca per equivalente, pur avendo una componente sanzionatoria, non assolve, tendenzialmente, ad una funzione punitiva, essendo invece fisiologicamente finalizzata ad assicurare il ripristino della situazione pregressa al reato -, pur volendo ragionare nell’ottica che attribuisce alla confisca funzione punitiva, evidenziano le Sezioni Unite che una confisca disposta anche in assenza di arricchimento si pone in forte tensione con il giudizio di proporzionalità e, piø in generale, con il principio di colpevolezza, atteso che la pena Ł misura della colpevolezza: «Infliggere una “punizione” (l’ablazione) in misura maggiore, fissa, automatica e in modo del tutto scollegato dalla situazione concreta – cioŁ da quanto sia stato davvero conseguito dal singolo correo – ovvero, addirittura, confiscare al singolo correo l’intero prezzo o profitto anche nei casi in cui alcun arricchimento sia a questi derivato, non Ł compatibile con il principio di proporzionalità in senso retrospettivo, non solo quanto ai profili di idoneità e “necessità” – ben potendo la misura essere rivolta a chi si sia effettivamente arricchito -, ma, soprattutto con riguardo al giudizio di proporzionalità in senso stretto.
Il soggetto che ha concorso a commettere il delitto subirà la pena prevista dalla legge per detto delitto in ragione del quantum di colpevolezza personale sicchØ anche la confisca “punitiva” non può essere sganciata dal peso e dal quantum di vantaggio in concreto conseguito».
Analogamente, deve rilevarsi una violazione del principio di proporzionalità anche se si fa riferimento alla funzione di ripristino della confisca: «l’ablazione indistinta, fissa e totalizzante nei riguardi del correo che non abbia conseguito nessun arricchimento, nessuna porzione di profitto, ovvero abbia conseguito una quota parte di profitto inferiore rispetto all’oggetto della ablazione, non risulta proporzionata sotto il profilo della adeguatezza del mezzo scelto per raggiungere gli obiettivi prefissati: si realizza, cioŁ, una frattura dell’intervento ablatorio – fisso e automatico – rispetto al rapporto tra gli obiettivi da raggiungere – il rispristino – e i diritti “da sacrificare”, che vengono senza ragione compressi in modo immediato ed eccessivo».
La conclusione di quest’articolato percorso logico argomentativo Ł che, «in caso di pluralità di concorrenti, ai fini della confisca diretta o per equivalente avente ad oggetto denaro costituente prezzo o profitto del reato Ł illegittima ogni forma di solidarietà passiva fra i correi».
L’accertamento del prezzo o del profitto conseguito dal singolo concorrente nel reato forma oggetto di prova nel processo, in contraddittorio tra le parti e deve essere compiuto caso per caso,
in concreto, partendo dalla massima di esperienza secondo la quale chi commette un delitto che genera lucro lo fa per conseguire un vantaggio personale, che in genere ha una consistenza economica. Naturalmente siffatta massima di esperienza, per le caratteristiche di debolezza che sono proprie di tutte le massime di esperienza, «potrà essere superata attraverso la allegazione di fatti dimostrativi della partecipazione del singolo concorrente al reato per ragioni diverse rispetto a quella di trarre una indebita locupletazione e che potrà condurre ad un accertamento anche della inesistenza di un effettivo arricchimento da parte del compartecipe (es. partecipazione al reato per costrizione, per fatto illecito altrui, per conseguire vantaggi non derivanti dal reato, per acquistare “fama criminale”)».
Trattasi di una verifica dinamica, che si svolge secondo le ordinarie regole del processo e che, per un verso, impone al pubblico ministero di provare il quantum di profitto conseguito dai singoli correi in relazione a ciascun reato e, per altro verso, offre a ciascun concorrente la facoltà di dimostrare a discarico di non avere conseguito nessun vantaggio ovvero di averne conseguito una parte inferiore rispetto a quella indicata dalla pubblica accusa. «Una quantificazione del prezzo o del profitto che viene provata non in via presuntiva, ma sulla base di un accertamento probatorio concreto, in ragione degli atti del processo».
Solo qualora non sia possibile provare il quantum di prezzo o di profitto conseguito da ciascun concorrente e sempre sul presupposto provato che una parte del prezzo o del profitto del reato sia stato conseguito dal compartecipe, opererà la regola di chiusura della divisione in parti uguali del prezzo o del profitto conseguito dal reato tra i singoli concorrenti.
Tali principi, affermati con riferimento alla confisca, vengono estesi esplicitamente dalle Sezioni Unite al sequestro preventivo ad essa finalizzato, sulla scorta della considerazione che – tenuto conto della funzione strumentale ed anticipatoria della misura cautelare – quest’ultima non può di per sØ incidere sui diritti in misura maggiore rispetto a quanto sia destinato a fare il provvedimento definitivo al quale la cautela Ł servente. Del resto, i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura devono trovare applicazione anche in sede cautelare, non essendovi ragioni «per consentire in sede cautelare di sequestrare indistintamente l’intero profitto o prezzo a ciascun concorrente oppure di rispristinare la solidarietà passiva tra correi – destinata, invece, a non operare, come detto, all’esito del giudizio – ovvero, ancora, di sequestrare nei confronti di ciascuno piø di quanto da questi sia stato conseguito.
La motivazione, anche in sede cautelare, deve chiarire le ragioni della sussistenza dei presupposti che legittimano il ricorso al sequestro e deve necessariamente spiegare i motivi per cui si ritiene che il singolo partecipe al reato abbia conseguito una determinata quantità di prezzo o di profitto derivante dal reato».
Naturalmente, si dovrà tener conto delle caratteristiche proprie della fase procedimentale, del suo sviluppo, degli elementi acquisiti e, in particolare, «dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione» (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, non massimata sul punto), ai fini della modulazione del contenuto motivazionale del provvedimento.
3.2. Tutto ciò posto, osserva il Collegio che, nel caso di specie, con riferimento al reato di cui al capo B2), commesso in concorso con NOME COGNOME, il sequestro disposto nei confronti del ricorrente copre l’intero ‘prodotto/profitto’, individuato in euro 123.259,46, nonostante il reato risulti contestato anche al COGNOME.
In proposito, la difesa ha individuato il profitto ricavato dal COGNOME in euro 23.259,46, da dividere in parti uguali con il Cappello, dunque, in euro 11.629,73, che Ł l’importo che residua dopo aver sottratto al profitto complessivamente generato dal reato (come si Ł detto, pari ad euro 123.259,46) le somme computate agli altri indagati (euro 60.000 a NOME COGNOME ed a NOME
COGNOME, euro 40.000 a NOME COGNOME ed a NOME COGNOME). Ha richiesto, in subordine, nel caso in cui non si dovesse ritenere sufficientemente individuata la quota di profitto conseguita dall’odierno ricorrente, l’applicazione del criterio della suddivisione in parti uguali tra i sette concorrenti, quantificata in euro 17.608,49 ciascuno.
Con riferimento al reato di cui al capo E3), che risulta contestato in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, il sequestro disposto nei confronti del ricorrente ha ad oggetto il ‘prodotto/profitto’, individuato in euro 113.000, nonostante i due bonifici incriminati (uno di euro 73.000, l’altro di euro 40.000) siano stati effettuati in concorso con il COGNOME; in secondo luogo, tenuto conto del sequestro disposto nei confronti dei coindagati, si giunge a sequestrare un importo di gran lunga superiore al profitto complessivo che Ł scaturito dal reato.
Sul punto, la difesa – non avendo individuato il profitto ricavato dal COGNOME – ha chiesto l’applicazione del criterio residuale della suddivisione del profitto, quantificato in complessivi euro 113.000, in parti uguali tra i sette concorrenti, dunque, nella misura di euro 16.142,86 pro capite.
A fronte delle richieste difensive, il Tribunale del riesame ha obiettato che la difesa non ha assolto all’onere probatorio su di essa gravante, relativo alla indicazione dell’esatta quota di arricchimento del singolo indagato; che, «allo stato non Ł dato sapere quali accordi siano intercorsi tra gli indagati per il riparto del profitto»; che, nel caso di specie, non può trovare applicazione il criterio residuale della divisione del profitto in parti uguali, atteso che la quota di arricchimento di ciascun concorrente potrà essere accertata nel contraddittorio delle parti solo nel corso del giudizio, con la conseguenza che fino a quando non sarà evidente l’impossibilità di un siffatto accertamento, non si potrà procedere alla ripartizione secondo il criterio residuale.
Ritiene il Collegio che la motivazione del provvedimento impugnato non possa essere condivisa. Ed invero, come si Ł sopra evidenziato, le Sezioni Unite COGNOME hanno affermato espressamente che, in ossequio al principio di proporzionalità, i principi validi in materia di confisca devono trovare applicazione anche con riferimento al sequestro preventivo ad essa finalizzato, atteso che la misura cautelare non può di per sØ incidere sui diritti in misura maggiore rispetto alla confisca, che Ł il provvedimento definitivo al quale il sequestro Ł finalizzato. Dunque, anche nella fase cautelare, occorre in prima battuta individuare il profitto realizzato dal singolo concorrente, circostanza questa che, secondo le regole generali, spetta all’organo dell’accusa provare, avendo l’indagato la facoltà di controprovare sul punto, dimostrando di non avere conseguito nessun vantaggio ovvero di averne conseguito una parte inferiore rispetto a quella indicata dalla pubblica accusa. ¨ ovvio, poi, che tale accertamento dovrà esser calibrato in ragione della fase in cui si articola. Ciò significa che la misura del prezzo o del profitto conseguito dal singolo concorrente dovrà essere determinata sulla base di un compendio indiziario meno rigoroso rispetto alla prova che si forma nel processo nel contraddittorio tra le parti, fondato cioŁ sulla probabilità, piuttosto che sulla certezza. In altri termini, il criterio su cui va plasmato l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro, in relazione alla individuazione del prezzo o del profitto che il singolo partecipe ha percepito dalla commissione del reato, va rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, concretizzandosi in un giudizio di tipo prognostico. Si richiede, dunque, una motivazione articolata secondo “stilemi” conformi alla fase del procedimento interessata.
Solo ove non si dovesse riuscire a individuare il quantum di profitto che il singolo concorrente abbia lucrato, si procederà anche in fase cautelare a dividere il profitto complessivo generato dal reato in parti uguali quanti sono i soggetti che hanno concorso nella sua realizzazione, dovendosi escludere ogni forma di solidarietà passiva per le ragioni prima sintetizzate.
L’ordinanza impugnata, in conclusione, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Lecce, che dovrà uniformarsi ai principi di diritto sopra espressi, per cui dovrà innanzitutto valutare se, alla
luce degli elementi acquisiti agli atti, sia possibile individuare il profitto in concreto conseguito dal COGNOME dalla commissione di ciascun reato ascrittogli e, in caso negativo, dovrà provvedere a ripartire tra i concorrenti in parti uguali il profitto tratto da ciascun reato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Lecce competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 08/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME