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Sequestro per equivalente: no alla solidarietà passiva

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro per equivalente per un reato tributario. La Corte ha stabilito che, in caso di concorso di persone nel reato, non si applica il principio della solidarietà passiva. Il sequestro deve essere limitato alla quota di profitto effettivamente conseguita da ciascun concorrente o, in subordine, ripartito in parti uguali, escludendo che l’intero importo possa essere sequestrato a un solo indagato.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per equivalente: la Cassazione esclude la solidarietà tra concorrenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di sequestro per equivalente disposto nell’ambito di reati commessi da più persone. In questi casi, la misura cautelare non può essere applicata ‘in solido’ per l’intero importo a uno solo degli indagati, ma deve essere proporzionata al profitto che ciascuno ha effettivamente conseguito. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Un Sequestro per Evasione Fiscale

Il caso trae origine da un’indagine per reati tributari, in particolare per l’omessa presentazione della dichiarazione IVA da parte di una società a responsabilità limitata. L’evasione contestata ammontava a oltre 415.000 euro. Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di tale somma.

La misura era stata ordinata sia in via diretta nei confronti della società, sia come sequestro per equivalente sui beni degli amministratori (di diritto e di fatto) coinvolti. Tuttavia, il sequestro era stato eseguito per l’intero importo nei confronti di uno solo degli indagati, in applicazione del principio di solidarietà passiva. La decisione era stata confermata anche dal Tribunale del Riesame, spingendo la difesa dell’indagato a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul sequestro per equivalente

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando per un nuovo giudizio. Il punto centrale della decisione è il netto rifiuto del principio della ‘solidarietà passiva’ nell’ambito delle misure ablatorie come il sequestro e la confisca.

I giudici hanno ribadito un orientamento già consolidato dalle Sezioni Unite, secondo cui la misura cautelare reale deve colpire ciascun concorrente solo per la parte di profitto illecito che ha personalmente ottenuto. Non è legittimo, quindi, porre l’intero carico su un solo soggetto, lasciando a lui l’onere di rivalersi sugli altri co-indagati.

Le Motivazioni: Il Principio della Ripartizione del Profitto

La motivazione della Corte si fonda sulla natura della confisca, che ha un carattere sanzionatorio e personale. Pertanto, deve essere commisurata all’arricchimento individuale di ciascun partecipe al reato. Applicare la solidarietà passiva significherebbe imporre una sanzione sproporzionata a chi magari ha percepito solo una frazione del profitto totale.

La Suprema Corte ha delineato un percorso chiaro per i giudici di merito:
1. Individuazione della quota individuale: Il giudice deve in primo luogo cercare di accertare, sulla base degli elementi disponibili, la quota di profitto conseguita da ogni singolo concorrente. Il sequestro andrà disposto per tale importo nei confronti di ciascuno.
2. Ripartizione in parti uguali: Solo se è impossibile determinare le singole quote di arricchimento, si deve ricorrere a un criterio sussidiario: la ripartizione del profitto totale in parti uguali tra tutti i concorrenti.

In nessun caso, quindi, è possibile disporre il sequestro per equivalente per l’intero importo ‘in solido’ tra i vari indagati.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale per chi è coinvolto in procedimenti penali per reati commessi in concorso. Essa impone all’accusa e al giudice un onere motivazionale più stringente: non basta provare l’esistenza di un profitto illecito, ma è necessario, ove possibile, dimostrare come questo sia stato distribuito tra i vari partecipi.

In pratica, si sposta l’onere della prova, evitando che un solo soggetto debba rispondere per tutti. La decisione limita l’ambito di applicazione del sequestro per equivalente, rendendolo più equo e aderente al principio della responsabilità penale personale. Si tratta di una tutela cruciale che impedisce duplicazioni o eccessi nell’applicazione delle misure cautelari reali.

In caso di reato commesso da più persone, il sequestro per equivalente può essere eseguito per l’intero importo su un solo indagato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che ogni forma di solidarietà passiva è esclusa. Il sequestro deve essere limitato alla quota di profitto che si presume sia stata conseguita da ciascun concorrente.

Cosa accade se non è possibile determinare la quota di profitto di ogni singolo indagato?
Se l’individuazione della quota individuale di arricchimento risulta impossibile, il giudice deve applicare un criterio sussidiario, ovvero la ripartizione dell’intero profitto in parti uguali tra tutti i concorrenti nel reato.

Perché la Corte ha annullato l’ordinanza di sequestro impugnata?
L’ordinanza è stata annullata perché applicava erroneamente il regime della solidarietà passiva, disponendo il sequestro ‘in solido’ tra i co-indagati e consentendo che l’intera somma venisse aggredita nei confronti di uno solo di essi, senza indicare le ragioni per cui si dovesse ritenere che quest’ultimo avesse conseguito l’intero profitto del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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