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Sequestro per equivalente: no alla responsabilità in solido

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza di sequestro per equivalente per truffa aggravata. Il provvedimento era stato emesso in solido a carico dei dirigenti di un’associazione sportiva, accusati di aver creato falsa documentazione per far ottenere a terzi indebiti ristori pandemici. La Corte ha stabilito che il principio solidaristico è un criterio residuale e non si applica se le quote di profitto percepite dai singoli beneficiari sono chiaramente individuabili, come nel caso di specie. Il Tribunale dovrà quindi ricalcolare l’eventuale compartecipazione degli indagati al profitto illecito.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per Equivalente: La Cassazione Fissa i Paletti sulla Responsabilità Solidale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 14525/2025, interviene su un tema cruciale della procedura penale: i limiti di applicazione del sequestro per equivalente in caso di concorso di persone nel reato. La Corte chiarisce che il principio di responsabilità solidale non è una regola automatica, ma un criterio residuale da applicare solo quando è impossibile ripartire il profitto illecito tra i vari concorrenti. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per la difesa in procedimenti per reati economici.

I Fatti del Caso: Truffa sui Ristori Pandemici

Il caso trae origine da un’indagine su una presunta truffa aggravata legata all’ottenimento di ristori per il periodo pandemico. Il segretario amministrativo di un’associazione sportiva dilettantistica, insieme al presidente, era accusato di aver predisposto documentazione falsa per consentire a circa 30 tra calciatori e operatori sportivi di ottenere indebitamente indennizzi statali. L’importo totale della presunta truffa ammontava a circa 115.000 euro.

Sulla base di questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva disposto un sequestro per equivalente sull’intero importo a carico dei soli due dirigenti dell’associazione, applicando il cosiddetto “principio solidaristico”, secondo cui ciascun concorrente nel reato risponde per l’intero profitto. Il Tribunale del riesame aveva confermato tale provvedimento, e contro questa decisione la difesa ha proposto ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica: I Limiti del Sequestro per Equivalente Solidale

Il fulcro del ricorso riguardava la corretta applicazione del principio solidaristico al sequestro per equivalente. La difesa sosteneva che tale principio fosse stato applicato in modo illegittimo, per due ragioni principali:

1. Profitto Divisibile: Era pacifico e documentato che i due dirigenti non avessero percepito personalmente le somme, che erano state invece accreditate direttamente ai singoli atleti e operatori. Le quote di profitto percepite da ciascun soggetto erano, quindi, precisamente individuate e quantificate (variabili tra 1.950 e 5.750 euro).
2. Assenza di Periculum in Mora: Lo stesso GIP aveva escluso il pericolo di dispersione dei beni per i 30 percettori materiali, rigettando la richiesta di sequestro nei loro confronti. Appariva quindi contraddittorio ritenere sussistente tale pericolo solo per i due dirigenti che non avevano incassato il denaro.

In sostanza, la domanda posta alla Corte era: è legittimo applicare un sequestro solidale per l’intero importo ai presunti organizzatori di una truffa, quando il profitto è stato materialmente incassato da altri soggetti in quote perfettamente definite?

L’Analisi della Corte e la Regola della Ripartizione

La Corte di Cassazione ha accolto le tesi difensive, annullando l’ordinanza e rinviando il caso al Tribunale per una nuova valutazione. La sentenza stabilisce un principio fondamentale: nel contesto del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca, il criterio della ripartizione del profitto prevale su quello della solidarietà.

Il Principio Solidaristico come Criterio Residuale

I giudici hanno chiarito che il principio solidaristico, che impone a ciascun concorrente di rispondere per l’intero, rappresenta una soluzione estrema (extrema ratio). Ad esso si può ricorrere solo quando risulta impossibile, sulla base degli elementi disponibili, determinare la quota di profitto effettivamente percepita da ciascun concorrente. Se, al contrario, è possibile accertare come il profitto illecito sia stato diviso, il sequestro deve essere limitato alla quota di pertinenza di ciascuno.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che, nel caso specifico, era incontestato che la quasi totalità delle provvidenze indebitamente percepite non era andata a favore dei due dirigenti sportivi, ma dei singoli tesserati. Applicare un sequestro per l’intero importo a carico di chi non ha materialmente incassato il denaro, quando i reali percettori e le somme da loro ricevute sono noti, costituisce un’applicazione errata della legge. Il sequestro finalizzato alla confisca deve colpire il vantaggio economico effettivamente conseguito dal reo. Pertanto, il Tribunale del rinvio dovrà rimodulare la motivazione, valutando sulla base delle prove disponibili l’eventuale, e non presunta, compartecipazione del dirigente alla ripartizione di quanto illecitamente conseguito.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale, evitando che il sequestro per equivalente si trasformi in una misura sproporzionata e sanzionatoria prima ancora di un accertamento di responsabilità. Si ribadisce che il giudice, prima di applicare indiscriminatamente la responsabilità solidale, ha l’obbligo di verificare se gli atti del procedimento consentano di individuare le singole quote di profitto. Solo in caso di impossibilità oggettiva di tale accertamento, potrà scattare la responsabilità per l’intero. Una decisione che impone maggiore rigore nella valutazione dei presupposti delle misure cautelari reali in contesti plurisoggettivi.

Quando si applica il sequestro per equivalente in solido tra più concorrenti nel reato?
La responsabilità in solido si applica come criterio residuale, cioè solo quando è oggettivamente impossibile determinare la quota di profitto illecito attribuibile a ciascun concorrente sulla base degli elementi disponibili.

Se il profitto di una truffa viene percepito da terzi, i presunti organizzatori possono subire un sequestro per l’intero importo?
No, non automaticamente. Secondo la sentenza, il sequestro a loro carico deve essere commisurato alla loro effettiva ed eventuale compartecipazione alla ripartizione del profitto. Il giudice deve valutare le prove per determinare se e quanto abbiano conseguito illecitamente.

Cosa deve fare il giudice prima di applicare il principio solidaristico a un sequestro?
Il giudice ha l’obbligo di valutare le emergenze processuali per verificare se sia possibile individuare le quote di profitto spettanti a ciascun concorrente. Solo se questa ripartizione risulta impossibile, può ricorrere al criterio della responsabilità solidale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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