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Sequestro per equivalente: limiti per il concorrente

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro per equivalente per oltre 115.000 euro a carico del dirigente di un’associazione sportiva, accusato di truffa aggravata per l’ottenimento di ristori pandemici. La Corte ha stabilito che il sequestro non può colpire chi, pur avendo concorso nel reato, non ha personalmente beneficiato dei proventi illeciti, i quali erano stati destinati ai dipendenti dell’associazione. La decisione si fonda su un recente principio delle Sezioni Unite, secondo cui la responsabilità patrimoniale è strettamente individuale e limitata alla quota di profitto effettivamente percepita dal singolo concorrente.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per equivalente: non paga chi non incassa

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 44712/2024, introduce un principio di fondamentale importanza in materia di sequestro per equivalente nei reati commessi in concorso. Viene stabilito che la misura cautelare non può colpire indiscriminatamente tutti i concorrenti per l’intero importo del profitto illecito, ma deve essere limitata alla quota che ciascuno ha effettivamente percepito. Analizziamo questa decisione che rafforza i principi di personalità della responsabilità penale e di proporzionalità.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un’indagine per truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640 bis c.p.). Il dirigente di un’associazione sportiva dilettantistica veniva accusato di aver prodotto documentazione falsa per ottenere indebitamente dei ristori economici previsti durante il periodo pandemico, per un valore di circa 115.000 euro.

Di conseguenza, il Tribunale disponeva un decreto di sequestro preventivo, anche per equivalente, sull’intero importo nei confronti del dirigente. Quest’ultimo proponeva ricorso, sostenendo un punto cruciale: né lui né l’altro concorrente nel reato avevano personalmente beneficiato di quelle somme. I fondi, infatti, erano stati interamente utilizzati per pagare i dipendenti dell’associazione, che avevano dovuto sospendere le loro attività a causa dell’emergenza sanitaria. La difesa sosteneva quindi l’illegittimità di un sequestro sui beni personali di un soggetto che non si era arricchito.

La decisione della Corte di Cassazione e il sequestro per equivalente

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso al Tribunale per un nuovo esame. La decisione si fonda su un recentissimo e autorevole intervento delle Sezioni Unite Penali (sentenza del 26 settembre 2024), che ha delineato le coordinate per l’applicazione della confisca e del sequestro per equivalente in caso di concorso di persone.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito in modo definitivo alcuni principi cardine:

1. Nessuna solidarietà passiva: Nel diritto penale, a differenza di alcuni ambiti del diritto civile, non vige un principio di responsabilità solidale per il pagamento del profitto del reato. Ciascun concorrente risponde solo per la sua parte.
2. Limite al profitto individuale: La confisca, e di conseguenza il sequestro ad essa finalizzato, deve essere disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto da lui concretamente conseguito. Non si può aggredire il patrimonio di un soggetto per una somma superiore a quella di cui si è effettivamente appropriato.
3. Onere della prova: Spetta all’accusa dimostrare, nel contraddittorio tra le parti, la quota di arricchimento di ciascun concorrente. L’accertamento non può essere presunto.
4. Criterio residuale della divisione in parti uguali: Solamente nell’ipotesi in cui sia impossibile accertare le singole quote di profitto, il giudice può ricorrere al criterio sussidiario della ripartizione in parti uguali tra i concorrenti.

Applicando questi principi al caso di specie, la Cassazione ha ritenuto inevitabile l’annullamento. Era infatti incontestato che la maggior parte, se non la totalità, delle somme percepite non era andata a favore dei due dirigenti indagati, ma era stata redistribuita a terzi. Pertanto, un sequestro per equivalente sull’intero importo era sproporzionato e illegittimo.

Le conclusioni

Questa sentenza segna un punto di svolta nella gestione delle misure ablatorie patrimoniali nei reati plurisoggettivi. Si abbandona un approccio che rischiava di penalizzare eccessivamente uno dei concorrenti, spesso quello più facilmente “aggredibile” dal punto di vista patrimoniale, per l’intero profitto del reato, anche se percepito da altri. La decisione riafferma con forza che la responsabilità penale è personale e che le sanzioni, incluse quelle patrimoniali come il sequestro e la confisca, devono essere strettamente proporzionate al contributo e all’arricchimento individuale. Il Tribunale del rinvio dovrà ora ricalcolare l’eventuale sequestro, basandosi esclusivamente sulla prova dell’effettiva compartecipazione del dirigente alla ripartizione dei fondi illeciti.

In caso di truffa commessa da più persone, si può sequestrare l’intero profitto a uno solo dei concorrenti?
No, la Cassazione ha stabilito che non esiste solidarietà passiva. Il sequestro nei confronti del singolo concorrente è limitato alla quota di profitto che ha effettivamente conseguito.

Cosa succede se non è possibile determinare quanto ha guadagnato ogni singolo concorrente dal reato?
Solamente nel caso in cui sia impossibile individuare la quota di arricchimento del singolo concorrente, l’autorità giudiziaria può applicare il criterio della ripartizione del profitto (e quindi del sequestro) in parti uguali tra tutti i partecipanti al reato.

Qual è la differenza tra confisca diretta e per equivalente di somme di denaro secondo questa sentenza?
La confisca di somme di denaro è “diretta” solo quando esiste la prova di una derivazione causale diretta di quel denaro dal reato. In tutti gli altri casi, quando questo nesso causale non sussiste, la confisca di denaro è da considerarsi “per equivalente”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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