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Sequestro per equivalente: la Cassazione fissa i limiti

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo per il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche. La sentenza stabilisce un principio fondamentale in materia di sequestro per equivalente: i beni personali dell’amministratore possono essere aggrediti solo in via subordinata, cioè dopo aver accertato l’incapienza del patrimonio della società che ha direttamente beneficiato del profitto del reato. La Corte ha inoltre censurato la mancata verifica della competenza territoriale e l’assenza di motivazione sul ‘periculum in mora’.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per equivalente: la Cassazione ribadisce la gerarchia tra società e amministratore

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha tracciato una linea netta sulle modalità di applicazione del sequestro per equivalente, in particolare quando il profitto di un reato finisce nelle casse di una società. Il caso riguardava un’accusa di indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dell’INPS, ma i principi affermati hanno una portata ben più ampia e toccano il cuore del rapporto tra responsabilità penale dell’amministratore e patrimonio dell’ente giuridico.

I Fatti del Caso

Il Tribunale del Riesame aveva confermato un provvedimento di sequestro preventivo emesso nei confronti dell’amministratore di una società. L’ipotesi accusatoria era che la società avesse beneficiato di integrazioni salariali durante il periodo Covid-19, attestando falsamente una riduzione dell’orario di lavoro dei dipendenti, per un importo di circa 26.000 euro. Il sequestro era stato disposto sia in forma diretta sulla società sia, per equivalente, sui beni personali dell’amministratore.

Contestualmente, era stato disposto anche un sequestro probatorio su telecamere con microfono installate nei luoghi di lavoro, per un’ipotesi di reato legata alle intercettazioni illecite. L’amministratore e la società hanno proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui l’incompetenza territoriale del Tribunale, la carenza dei presupposti del sequestro e, soprattutto, l’errata applicazione del sequestro sui beni dell’amministratore.

Il Principio del sequestro per equivalente e la sua applicazione

Il sequestro per equivalente è uno strumento pensato per colpire il patrimonio del reo quando non è possibile rintracciare e sequestrare il profitto diretto del reato (ad esempio, il denaro illecitamente ottenuto). La legge prevede, in questi casi, di poter aggredire altri beni di valore corrispondente.

La questione diventa complessa quando il reato è commesso da un amministratore a vantaggio della società. Chi deve ‘pagare’ per primo? La società che si è arricchita o l’amministratore che ha commesso il fatto?

La Cassazione, in questa sentenza, ha fornito una risposta chiara e in linea con il suo orientamento consolidato: esiste una gerarchia precisa. Il profitto del reato va cercato e sequestrato in via prioritaria presso l’ente che ne ha tratto diretto beneficio. Solo se il patrimonio della società risulta incapiente, ossia insufficiente a coprire l’intero importo, si può procedere in via sussidiaria con il sequestro per equivalente sui beni personali dell’amministratore.

Altri motivi di annullamento: competenza e ‘periculum in mora’

La Corte non si è fermata qui. Ha accolto anche altri due motivi di ricorso, censurando duramente l’operato del Tribunale del Riesame.

1. Incompetenza territoriale: Il ricorrente sosteneva che l’erogazione dei fondi fosse avvenuta dalla sede centrale dell’INPS a Roma e non dalla sede locale. La Cassazione ha ricordato che, per questo tipo di reato, la competenza si determina nel luogo in cui è avvenuta la disposizione del denaro pubblico. Il Tribunale non aveva verificato questo aspetto cruciale, basando la propria competenza su un’affermazione apodittica.
2. Mancata motivazione sul periculum in mora: Il sequestro preventivo funzionale alla confisca richiede la dimostrazione del ‘pericolo nel ritardo’, cioè il rischio che, attendendo la fine del processo, i beni possano essere dispersi. Il Tribunale aveva completamente omesso di motivare su questo punto, violando i principi stabiliti dalle Sezioni Unite nella nota sentenza ‘Ellade’.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema sono radicate in una logica giuridica precisa. La confisca del profitto del reato ha una natura primariamente ripristinatoria: mira a sottrarre l’arricchimento illecito a chi ne ha goduto. Poiché in questo caso il beneficio economico è entrato direttamente nel patrimonio della società, è lì che lo Stato deve prima cercare di recuperarlo. L’aggressione al patrimonio personale dell’amministratore assume, invece, una natura più sanzionatoria e può avvenire solo come extrema ratio.

L’ordine del sequestro, pertanto, deve specificare questa gerarchia: l’esecuzione deve avvenire prioritariamente sui beni della società e solo in caso di incapienza, in via subordinata, su quelli dell’amministratore. La verifica concreta di tale incapienza è un’attività successiva, rimessa alla fase esecutiva sotto il controllo del Pubblico Ministero e del giudice.

Analogamente, la censura sulla mancanza di motivazione riguardo al periculum in mora e alla competenza territoriale sottolinea l’obbligo per i giudici di merito di non dare per scontati i presupposti delle misure cautelari, che incidono pesantemente sui diritti patrimoniali dei cittadini, ma di verificarli e argomentarli in modo puntuale.

le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante vademecum per l’applicazione del sequestro per equivalente nei reati societari. Stabilisce con chiarezza che non è possibile aggredire indiscriminatamente il patrimonio dell’amministratore, ma occorre seguire un ordine preciso che vede la società beneficiaria come primo bersaglio. Questo principio tutela la posizione dell’amministratore da misure eccessivamente afflittive e garantisce che la misura cautelare sia proporzionata e correttamente indirizzata a colpire il reale arricchimento derivante dal reato. L’annullamento con rinvio impone al Tribunale di riesaminare il caso, attenendosi scrupolosamente a questi principi.

Quando è possibile disporre il sequestro per equivalente sui beni personali dell’amministratore se il profitto del reato è andato alla società?
È possibile solo in via subordinata. La misura deve colpire in via prioritaria il patrimonio della società che ha beneficiato del profitto del reato. Solo se tale patrimonio risulta insufficiente (incapiente), si può procedere al sequestro dei beni personali dell’amministratore per il valore residuo.

Come si determina la competenza territoriale per il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.)?
La competenza territoriale si determina nel luogo in cui è avvenuta la concreta erogazione del denaro pubblico da parte dell’ente pagatore, e non nel luogo in cui è stata presentata la documentazione falsa o dove le somme sono state materialmente riscosse.

È sempre necessario motivare il ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo finalizzato alla confisca?
Sì. La Corte, richiamando la sentenza ‘Ellade’ delle Sezioni Unite, afferma che il giudice deve sempre spiegare le ragioni che giustificano l’urgenza della misura, ovvero il rischio concreto che, senza il sequestro, la successiva confisca possa essere resa impossibile o inefficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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