Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14049 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14049 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Cina il 06/11/1981
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Macerata in data 15/11/2024 preso atto che il procedimento è stato trattato con contraddittorio scritto udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria con la quale il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto la rettifica del provvedimento impugnato in relazione all’indicazione del reato per il quale è stato disposto il sequestro (capo 15 e non capo 14) ed il rigetto del ricorso;
letta la memoria difensiva con la quale gli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
I difensori di NOME COGNOME ricorrono avverso l’ordinanza indicata in epigrafe che ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall’indagato avverso il decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP del Tribunale di Macerata in data
16/09/204 in relazione a somme di denaro, beni immobili ed autovetture, ritenuti profitto di reati fiscali.
Con un unico articolato motivo i difensori di NOME COGNOME contestano la legittimità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca (diretta o pe equivalente) perché disposta in violazione degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., 8 e 12 bis d.lgs. 74/2000 e 125 comma 3 e 324 cod. pro. pen., deducendo che l’unico reato attribuito all’indagato al capo 14): art. 8 d.lgs. 74/2000 consentirebbe di sottoporre a vincolo l’entità corrispondente al prezzo/compenso del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (elemento di cui non v’è traccia in atti) e non di beni di valore corrispondente al profitto del reato utilizzo di fatture per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000, re non contestato all’indagato.
2.1. Con una memoria depositata il 06/03/2025 i difensori osservano che il Tribunale del Riesame, nel disattendere le doglianze difensive, non è incorso in alcun errore materiale poiché la motivazione del provvedimento è incentrata sul delitto di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000 (capo 14) e non sul delitto di cui all’a fL d.lgs. 74/2000 (capo 15), come’sostenuto dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni.
2.2. Aggiungono che il collegio cautelare avrebbe errato nel ritenere confiscabile l’immobile sito in Corridonia INDIRIZZO di proprietà della moglie dell’indagato e gli ulteriori beni indicati nel verbale di sequestro eseguito 25/10/2024 (gioielli, oggetti di lusso) poiché trattasi di beni rispetto ai qua mancherebbe il nesso di pertinenzialità con il reato tributario attribuito a Zhang e dei quali egli non avrebbe la disponibilità di fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è basato su motivi infondati e va rigettato.
Osserva il collegio che, in via di principio, la deduzione difensiva con cui si contesta la confiscabilità della somma di denaro di euro 8.596.856 quale profitto del reato di cui all’art. 8 D.Igs. 74/2000, è corretta.
Questa Corte (Sez. 3, n. 43952 del 05/05/2016, Rv. 267925) ha da tempo affermato che “in tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non può essere disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, in quanto il regime derogatorio previsto dall’art. 9 D.Lgs. n. 74 del 2000 – escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli
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casi di illecito plurisoggettivo”. In motivazione, la S.C. ha chiarito che il vincolo nei confronti dell’emittente può essere imposto in relazione al solo prezzo del delitto di cui all’art. 8 d.lgs. n.74 del 2000, da individuare – in sede di sequestro – con riferimento a qualsiasi utilità economica valutabile ed immediatamente o indirettamente derivante dalla commissione del reato (in tal senso anche Sez. 3, n. 15458 del 04/02/2016, Rv. 266832).
3. Nel caso concreto, tuttavia, il rilievo difensivo appare privo di fondamento poiché la richiesta di sequestro preventivo avanzata dalla Procura EPPO ai sensi dell’art. 12 bis d.lgs. 74/2000 ( cfr. pagg. 215 e 216) ed il decreto di sequestro emesso dal Gip, hanno avuto ad oggetto (tra gli altri) la somma di euro 8.596.856,00, importo che corrisponde esattamente al profitto del reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lgs. 74/2000 attribuito all’indagato e rubricato al capo 15) e non al capo 14), come erroneamente indicato dal P.M. a pag. 216. Ciò rende evidente l’errore materiale in cui è incorso anche il Tribunale del Riesame che nel riportare il numero di rubrica relativo al reato per il quale è stato disposto il sequestro ha indicato il capo 14) anziché capo 15).
Il Tribunale si comunque è attenuto al fondamentale principio di diritto secondo il quale il Tribunale non può porre a fondamento della propria decisione un fatto diverso da quello in contestazione e nel caso in esame il sequestro secondo quanto contestato con il provvisorio capo d’incolpazione (capo 15) ha riguardato “Il profitto calcolato in relazione ai reati a contenuto dichiarativo (dichiarazione fraudolenta mediante annotazione di fatture per operazioni inesistenti od omessa dichiarazione), pertanto alcuna illegittimità si rinviene nel provvedimento impugnato.
4. Le censure con le quali si contesta, poi, la sequestrabilità dell’immobile sito in Corridonia, INDIRIZZO e degli ulteriori beni (orologi, gioielli, capi abbigliamento) sono non consentiti perché aspecifici.
In disparte ogni considerazione sulla intrinsecamente contraddittoria deduzione difensiva con la quale, da un lato, il ricorrente contesta la decisione del riesame che ha rilevato la carenza di legittimazione all’impugnazione e dall’altro si duole dell’apposizione del vincolo asserendo che si tratta di beni a lui non riconducibili e privi del nesso di pertinenzialità con il reato, rileva il Collegio detti beni n rientrano tra quelli indicati nel provvedimento genetico dei GIP, il quale fa riferimento ad altre unità immobiliari: 1) quella sita in Corridonia, INDIRIZZO piano secondo con pertinenziale locale ad uso deposito; 2) immobili siti in Corridonia, INDIRIZZO con locale deposito pertinenziale posto ai piani terra e seminterrato e adiacente appezzamento di terreno pertinenziale, sicchè la questione sollevata dal ricorrente non riguarda
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vizi del provvedimento impugnato, tassativamente enumerati all’art. 606 del codice di rito, ma pertiene all’esecuzione del provvedimento di sequestro.
Ed invero, nel caso di decreto di sequestro preventivo che presenti una struttura “mista” – come nel caso in esame- la identificazione dei beni da aggredire è rimessa alla fase esecutiva (Sez. 6, Sentenza n. 53832 del 25/10/2017, Rv. 271736). E’ stato affermato da questa Sezione (Sent. n. 24785 del 12/5/2015, n. m.) che: “In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il giudice che emette il provvedimento non è tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma può limitarsi a determinare la somma di denaro che costituisce il profitto o il prezzo del reato o il valore ad essi corrispondente, mentre l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al “quantum” indicato nel sequestro è riservata alla fase esecutiva demandata al P.M.”
Il principio dianzi espresso corrisponde a un consolidato orientamento della Suprema Corte (Sez. 6, n. 53832 del 2017; Sez. 3, n. 37848 del 07/05/2014, Rv. 260148; Sez. 3, n. 10567 del 12/07/2012, Rv. 254918)
Nessuna illegittimità, dunque, affligge l’ordinanza impugnata avendo il Tribunale del riesame osservato a pag. 5 del provvedimento impugnato che l’immobile di cui sopra e gli altri beni fungibili sequestrati a Zhao COGNOME, moglie dell’indagato, sono stati sottoposti a vincolo ablatorio “in esecuzione del sequestro per equivalente disposto dal GIP”.
La natura del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente consente l’applicazione del vincolo ai beni anche nella sola disponibilità dell’indagato per quest’ultima intendendosi, al pari della nozione civilistica del possesso, tutte quelle situazioni nelle quali i beni stessi ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, Rv. 252378; Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018, Rv. 274852; Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013, Rv. 255950; Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, Rv. 252378; Sez. 1, n. 11732 del 09/03/2005, Rv. 231390).
Ai fini del sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, non occorre quindi provare il nesso di pertinenzialità della res rispetto al reato, essendo assoggettabili a confisca beni nella disponibilità dell’indagato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato. Si tratta infatti di misura che ha natura eminentemente sanzionatoria ed è applicabile esclusivamente all’autore del reato (Sez. U, n. 18374 deI31/01/2013, Rv. 255037).
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5. Ciò detto, le deduzioni difensive appaiono del tutto aspecifiche poiché
limitanovriproporre questioni, circa la legittimità del sequestro per equiva
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operato con riferimento all’immobile di proprietà della coniuge dell’indag sulla natura diretta (e non per equivalente) del sequestro operato su
fungibili, laddove invece l’ordinanza impugnata ha evidenziato – correttamente
-come l’immobile ed i beni fungibili sequestrati, non fossero, in sé, il profitt reato, quindi non si verte intema di confisca diretta, ma di confisc
equivalente rispetto alla quale, come detto, non rileva il nesso di pertinenz con il reato ma la riconducibilità dei beni oggetto di sequestro nella disponi
dell’indagato. Disponibilità che, occorre ribadirlo, consiste nel potere di di senza incontrare limiti e senza dover sottostare ad autorizzazioni, sulla ba
una relazione effettuale con il bene, connotata dall’esercizio dei poteri d non
corrispondenti al diritto di proprietà, ossia con una signoria di fatto sulla res
riconducibile alle categorie del diritto privato (così, da ultimo, Sez. 2, n del 28/05/2019, Rv.277021, nella quale è stata anche richiamata l’affermazione
secondo cui il richiamo più appropriato, tra gli istituti di diritto civile essere quello riferito al possesso nelle definizioni che ne dà l’articolo 114 civ.; così anche Sez. 3, n. 14605 del 24/03/2015, Rv. 263118, Sez. 3, n. 152 del 08/03/2012, Rv. 252378; nel medesimo senso, da ultimo, Sez.3 n. 39772 del 12/10/2022, n. m.).
Alla luce di quanto complessivamente detto, tenuto conto che sia l’immobil sequestrato, in cui pacificamente l’indagato risiede, sia i beni fungib rinvenuti rientrano della disponibilità dell’indagato e che quindi la as insequestrabilità degli stessi riguarda la fase esecutiva del sequestro e non astratta legittimità, il ricorso va rigettato, previa rettificazione del provve impugnato nei termini sopra indicati.
P.Q.M.
Rettifica il decreto di sequestro del GIP del Tribunale di Macerata, indic quale oggetto del sequestro a carico del ricorrente il profitto del reato di capo 15) in luogo di quello relativo al capo 14), errato. Rigetta il ricorso.
Così deciso il 12/03/2025