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Sequestro per equivalente: i limiti per i reati tributari

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6295/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore contro un sequestro per equivalente sui suoi beni personali. La misura era stata disposta a seguito di reati tributari commessi dalla società da lui gestita. La Corte ha confermato la legittimità del sequestro, chiarendo che quando il profitto diretto del reato (l’imposta evasa) non è reperibile nel patrimonio della società perché incapiente, si può procedere in via sussidiaria sui beni dell’amministratore. La sentenza ribadisce la distinzione tra profitto diretto del reato e il reimpiego di tali somme, escludendo che i beni aziendali acquistati successivamente possano essere oggetto di sequestro diretto senza una prova del nesso causale.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro per Equivalente nei Reati Tributari: La Cassazione Chiarisce i Limiti

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nell’ambito dei reati tributari: il sequestro per equivalente. La decisione chiarisce quando e a quali condizioni è possibile aggredire il patrimonio personale dell’amministratore di una società per debiti fiscali dell’ente. La pronuncia offre importanti spunti sulla distinzione tra profitto diretto del reato e beni di valore corrispondente, soprattutto in caso di incapienza della società.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda l’amministratore di un gruppo societario, imputato per reati di omesso versamento di IVA e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. A fronte dell’impossibilità di recuperare le somme evase dal patrimonio delle società coinvolte, l’autorità giudiziaria aveva disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sui beni personali dell’amministratore.

La difesa dell’imputato aveva impugnato il provvedimento, sostenendo che la società possedesse in realtà beni sufficienti a coprire il debito, come crediti commerciali e infrastrutture (reti del gas). Secondo la tesi difensiva, questi beni, essendo stati realizzati anche grazie al ‘risparmio di spesa’ derivante dall’evasione fiscale, avrebbero dovuto essere considerati profitto del reato e quindi aggrediti in via diretta, prima di poter procedere sui beni personali dell’amministratore.

La Decisione della Corte: Il Sequestro per Equivalente è Legittimo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la piena legittimità del sequestro per equivalente disposto sui beni dell’amministratore. I giudici hanno stabilito che il tribunale del riesame aveva correttamente valutato l’incapienza del patrimonio sociale, ritenendo quindi giustificato il ricorso alla misura cautelare sussidiaria sul patrimonio della persona fisica responsabile del reato.

Le Motivazioni della Cassazione sul Sequestro per Equivalente

La sentenza si fonda su principi giuridici consolidati, che vengono qui applicati con estrema chiarezza per dirimere la questione.

Distinzione tra Profitto Diretto e Beni Equivalenti

Il punto centrale della motivazione risiede nella netta distinzione tra il profitto diretto del reato e i beni sequestrabili per equivalente. Nei reati tributari, il profitto è costituito dal vantaggio economico immediatamente conseguito, ovvero il ‘risparmio di spesa’ corrispondente all’imposta non versata. Questo denaro, in quanto tale, è l’oggetto del sequestro diretto.

Tuttavia, la Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui ogni bene acquistato successivamente dalla società con il proprio patrimonio (anche se arricchito dai mancati pagamenti) diventerebbe automaticamente ‘profitto’ del reato. Per poter procedere a un sequestro diretto su beni diversi dal denaro, è necessario dimostrare un nesso di causalità diretto e immediato tra il bene e il reato, cosa che non è stata provata nel caso di specie per i crediti commerciali o le reti del gas.

Il Principio di Sussidiarietà del Sequestro per Equivalente

La Corte ribadisce che il sequestro per equivalente è una misura sussidiaria. Ciò significa che può essere attivata solo quando il sequestro diretto del profitto del reato sia impossibile, ad esempio perché il denaro è stato speso, nascosto o, come in questo caso, non è più presente nel patrimonio della società. La provata incapienza della società, con una liquidità monetaria irrisoria rispetto all’enorme debito tributario e un bilancio in forte passivo, ha reso necessario e legittimo il ricorso a questa misura sui beni dell’amministratore.

Irrilevanza della Procedura Concorsuale

Infine, i giudici hanno chiarito che l’esistenza di una procedura concorsuale o fallimentare a carico della società non osta all’adozione o al mantenimento di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari. La tutela degli interessi erariali prevale, consentendo di aggredire i beni dell’amministratore anche in pendenza di tali procedure.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Anzitutto, rafforza la responsabilità patrimoniale degli amministratori per i reati tributari commessi nell’interesse della società. Quando il patrimonio sociale è insufficiente a coprire il debito con l’erario, le autorità possono legittimamente rivalersi sui beni personali di chi ha commesso l’illecito. In secondo luogo, definisce in modo rigoroso la nozione di ‘profitto’ confiscabile, limitandolo al vantaggio economico diretto e impedendo interpretazioni estensive che vorrebbero includere l’intero patrimonio aziendale. Per gli amministratori, ciò rappresenta un monito a garantire sempre la capienza della società per far fronte agli obblighi fiscali, pena il rischio di veder aggredito il proprio patrimonio personale.

Quando è possibile disporre un sequestro per equivalente sui beni personali di un amministratore per reati tributari della società?
È possibile quando viene dimostrata l’impossibilità di eseguire un sequestro diretto del profitto del reato (ovvero l’imposta evasa) dal patrimonio della società, in quanto quest’ultimo risulta insufficiente (incapiente).

I beni aziendali (es. crediti, infrastrutture) acquistati con il denaro risparmiato non pagando le tasse possono essere oggetto di sequestro diretto?
No, non automaticamente. La Corte ha chiarito che per un sequestro diretto su beni diversi dal denaro è necessario dimostrare un nesso di derivazione causale diretto e immediato tra il bene e il reato. I beni acquistati successivamente con il patrimonio aziendale generico non sono considerati profitto diretto del reato e quindi non sono soggetti a sequestro diretto.

L’avvio di una procedura concorsuale (es. concordato) per la società impedisce il sequestro sui beni dell’amministratore?
No. Secondo la sentenza, l’esistenza di una procedura concorsuale a carico della società non impedisce l’adozione o il mantenimento del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari, incluso il sequestro per equivalente sui beni dell’amministratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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