Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1818 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1818 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME nato a Teramo il 12/11/1958 avverso l’ordinanza del 20/09/2024 del Tribunale di Teramo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio l’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Teramo, in funzione di Tribunale del riesame e quale giudice del rinvio, ha rigettato l’istanza di riesame, presentata da NOME COGNOME avverso il decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Teramo in data 10 febbraio 2024, che aveva disposto il sequestro preventivo in funzione della confisca, in forma diretta, del denaro sino all’importo di euro 700.985,60, nei confronti del suddetto COGNOME ovvero, in alternativa, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e, in via sussidiaria, per equivalente, nei confronti di entrambi i suddetti soggetti, in relazione al delitto e all’illecito amministrativo da reat
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previsti, rispettivamente, dagli artt. 316-bis cod. pen. e 5-24, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dei propri difensori, articolando due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione di legge, in relazione all’art. 627 cod. proc. pen., poiché il Tribunale non avrebbe rispettato i principi fissati dalla sentenza di annullamento con rinvio. Il sequestro per equivalente in danno dell’amministratore avrebbe avuto natura residuale rispetto all’aggressione del patrimonio sociale e sarebbe stato espressamente subordinato alla verifica del periculum in mora. Viceversa, nell’ordinanza impugnata, si prenderebbe in esame la sola posizione del ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura la violazione dell’art. 321, commi 2 e 2-bis, cod. proc. pen., in relazione all’omessa motivazione in ordine al requisito del periculum, poiché il discorso giustificativo consisterebbe in una mera tautologia e trascurerebbe, invece, i plurimi e consistenti cespiti aggredibili ricompresi nel patrimonio della società, per un valore assai superiore a quello del profitto astrattamente sequestrabile.
La natura sanzionatoria della confisca per equivalente imporrebbe di rinvenire tali esigenze cautelari esclusivamente in relazione alla persona giuridica. Nei confronti dell’indagato, si sarebbe omessa ogni necessaria verifica in tema di possibile dispersione dei beni, procedendosi unicamente alla mera comparazione tra il patrimonio astrattamente aggredibile e l’importo sino al quale dovrebbe essere eseguita la misura cautelare.
Ugualmente, sarebbe stata trascurata ogni valutazione sulla adeguatezza e la proporzionalità della misura rispetto alla finalità di anticipazione della confisca, anche in considerazione dell’impossibilità di estendere solidaristicamente al singolo concorrente il vincolo per l’intero importo.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei limiti e per le ragioni che seguono.
La Sesta Sezione penale di questa Corte, con la sentenza n. 30601 del 12/06/2024, in parziale accoglimento del ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo, ha annullato l’ordinanza con cui il Tribunale aveva accolto la richiesta di riesame reale avanzata da NOME COGNOME.
Il provvedimento impugnato in quella sede, pur ravvisando il presupposto del fumus, aveva – senza corretta sussunzione della vicenda storica nelle articolate fattispecie processuali astrattamente applicabili – escluso la possibilità di configurare un profitto suscettibile di confisca, anche per equivalente, in assenza di effettivo incremento patrimoniale in favore dell’indagato per effetto dell’erogazione del finanziamento oggetto di contestazione.
L’annullamento con rinvio, pertanto, è stato disposto affinché il giudice del merito cautelare verificasse in via preliminare, onde poter procedere ritualmente all’apposizione del vincolo con funzione anticipatoria della futura confisca diretta, la presenza di denaro, sino all’importo corrispondente al finanziamento erogato, nelle casse sociali, previa valutazione del periculum in mora. In caso di incapienza della liquidità disponibile presso RAGIONE_SOCIALE, si sarebbe potuto disporre sempre previa valutazione del periculum in mora il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, su altri beni rientranti nel patrimonio sociale, a norma dell’art. 19, d.lgs. n. 231 del 2001, ovvero su beni rientranti nel patrimonio dell’amministratore indagato (accertando preliminarmente, in questo caso, che costui non avesse incamerato direttamente e personalmente il profitto del reato).
3. Il Tribunale non si è compiutamente misurato con la concreta portata del suddetto dictum di legittimità. Invero il giudice del rinvio è tenuto ad uniformarsi non solo al principio di diritto, ma anche alle premesse logico-giuridiche poste a base dell’annullamento, non potendo nuovamente valutare questioni che, anche se non esaminate nel giudizio rescindente, costituiscono i presupposti della pronuncia sui quali si è formato il giudicato implicito interno. (Sez. 4, n. 22603 del 22/05/2024, COGNOME non mass.; Sez. 5, n. 14411 del 1/01/2024, Vandalac, non mass.; Sez. 2, n. 25891 del 07/04/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 11641 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272641-01).
Nell’ordinanza impugnata, si è, infatti, reputata ormai preclusa ogni valutazione in merito al sequestro disposto nei confronti della società indagata, in difetto di impugnazione da parte di quest’ultima, rappresentando che l’ordinanza genetica aveva dato compiutamente conto della possibilità di definitivo pregiudizio, qualora le somme erogate fossero rimaste nella disponibilità dei soggetti coinvolti, e che le emergenze procedimentali confermavano che la RAGIONE_SOCIALE era pienamente operativa e non poteva qualificarsi quale mero schermo societario di COGNOME; il sequestro per equivalente in via sussidiaria nei confronti di quest’ultimo appariva, pertanto, del tutto corretto. L’individuazione specifica dei beni da sottoporre a vincolo avrebbe riguardato, poi, soltanto la distinta fase esecutiva del provvedimento cautelare, rimessa alla competenza del pubblico ministero.
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Tali considerazioni confliggono con i vincoli derivanti da quanto disposto dall’art. 627 cod. proc. pen., nei termini sopra accennati: il permanente interesse a una «rivisitazione» del provvedimento cautelare da parte della società, pur non impugnante, alla luce della insuperabile necessità di apprezzare la posizione della persona giuridica nell’ambito della catena di verifiche richiamata nel paragrafo successivo, costituisce inequivocabilmente la base logica da cui hanno preso le mosse le statuizioni della Corte di cassazione.
In primo luogo, seguendo l’ordine logico-giuridico della sentenza di annullamento, deve escludersi – alla luce della valutazione di reale autonomia della società, diretta fruitrice del profitto del reato – la possibilità di disporre il seques diretto nei confronti del ricorrente. L’ordinanza impugnata ha pretermesso un’espressa conclusione, ma ha illustrato chiaramente le risultanze investigative rilevanti sul punto.
Inoltre, poiché il profitto è costituito dall’indebito utilizzo di una somma di denaro erogata da un ente pubblico in favore di una società commerciale, la liquidità rinvenuta nelle casse sociali è pienamente suscettibile di (sequestro ai fini della) confisca diretta. Il provvedimento cautelare, pertanto, potrà essere confermato nei confronti della società, in forma diretta – ai sensi sia dell’art. 322ter cod. pen., sia dell’art. 19, d.lgs. n. 231 del 2000 – per tutte le somme di denaro che saranno reperite, sino all’importo di euro 700.985,60, verificando tuttavia preliminarmente la sussistenza di un periculum in mora, con esplicitazione delle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio (cfr. Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848-01, che ha chiarito che l’onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nella pendenza del giudizio, le res potrebbero essere modificate, disperse, deteriorate, utilizzate o alienate). In ogni caso, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio, tale motivazione non può essere imperniata sulla mera natura fungibile del denaro (Sez. 3, n. 9206 del 07/11/2023, dep. 2024, Fiore, Rv. 286021-01).
Subordinatamente all’eventualità di incapienza dei liquidi della società rispetto all’importo suddetto (e cioè quando risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nel patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato), potrà essere altresì confermato il sequestro per equivalente, sia nei confronti della società (ex art. 19, d.lgs. 231 del 2001), sia di NOME COGNOME (ex art. 322-ter cod. pen.). In entrambi i casi, dovrà essere compiutamente evidenziata la ricorrenza del periculum in mora, nei termini già illustrati.
La sentenza va dunque annullata sul punto, con rinvio al Tribunale Teramo che, nel procedere ad un nuovo esame della istanza ex art. 324 cod. proc. pen., terrà conto dei rilievi sopra indicati.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale Teramo, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso il 17 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidere