Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30038 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30038 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nata ad Aidone il 11/10/1957
avverso l’ordinanza del 20/3/2025 del Tribunale di Verona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile o, in subordine,
rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 marzo 2025 il Tribunale di Verona ha rigettato l’appello cautelare proposto da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 26 febbraio 2025 del Giudice dell’udienza preliminare del medesimo Tribunale, di rigetto della richiesta di dissequestro avanzata dalla medesima COGNOME, quale terza di buona fede, delle somme depositate in banca su un conto corrente alla stessa intestato (pari a euro 42.300,90), sottoposte a sequestro in relazione ai reati di cui agli artt. 416 cod. pen., 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, contestati, tra gli altri NOME COGNOME figlia della richiedente, sul rilievo che su tale conto corrente l’indagata era delegata a operare.
Avverso tale ordinanza la medesima COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a sette motivi.
2.1. In primo luogo, ha lamentato la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. a causa della mancanza del necessario nesso pertinenziale tra quanto sequestrato e i reati contestati alla indagata, non essendo stato allegato alcun elemento concreto di collegamento tra il conto corrente della ricorrente e i reati, non essendo stata dimostrata la strumentalità o la natura di profitto delle somme sequestrate, mentre la difesa aveva dimostrato documentaimente l’utilizzo esclusivamente personale e familiare del conto, privo di movimenti riferibili a terzi.
2.2. In secondo luogo, ha lamentato la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. e la mancanza di motivazione, essendo insufficienti a giustificare l’applicazione e la conferma della misura il richiamo alla delega a operare sul conto attribuita alla indagata e il ruolo in passato svolto dalla ricorrente.
2.3. In terzo luogo, ha lamentato la violazione del diritto di difesa e degli artt. 6 CEDU e 111 Cost., non essendo la ricorrente mai stata sentita né convocata nel corso delle indagini e avendo, nei corso dell’udienza di discussione innanzi al Tribunale, sottolineato la propria estraneità ai fatti, contestati a terzi che non avevano nulla a che fare con il conto corrente sequestrato.
2.4. Con un quarto motivo ha eccepito la sproporzione della misura, in corso di applicazione da oltre un anno in assenza di ulteriori indagini o accertamenti, con la conseguente violazione del diritto di proprietà della ricorrente, che sarebbe indebitamente e ingiustificatamente compresso in assenza di valide giustificazioni.
2.5. Con un quinto motivo si lamenta l’omessa valutazione di prove difensive, costituite dall’estratto conto e dalle certificazioni bancarie, che dimostrerebbero l’esclusivo utilizzo personale del conto, mai movimentato da terzi, e la conseguente insussistenza dei presupposti per disporne il sequestro.
2.6. Con un sesto motivo ha eccepito il venir meno delle esigenze cautelari idonee a giustificare il mantenimento del sequestro, stante il tempo trascorso.
2.7. Infine, con un settimo motivo, ha eccepito l’illegittimità della confisca, in quanto disposta nei confronti di soggetto estraneo al reato, richiamando la sentenza della Corte Edu Varvara c. Italia e la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Preliminarmente va precisato che il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali può essere esaminato solo in relazione al vizio di violazione di legge non essendo consentita, in subiecta materia, la deduzione del vizio di motivazione per espresso dettato dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. Nondimeno, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito come nella violazione di legge siano ricompresi anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, con conseguente violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. (cfr., ex multis, Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 e, da ultimo, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv.254893; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
Sempre in premessa è necessario rammentare che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, COGNOME, Rv. 250362; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623). Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non
-1-;
massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Inoltre, è opportuno ribadire che il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti in sede di impugnazione e motivatamente respinti da parte del giudice del gravame deve ritenersi inammissibile, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, solo apparentemente, denunciano un errore logico o giuridico determinato (in termini v. Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altro, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
Ora, nel caso in esame tutti i motivi di ricorso sono volti, peraltro in modo generico, privo di autentico confronto critico con la vicenda, gli elementi indiziari acquisiti e la motivazione del provvedimento impugnato, a censurare l’adeguatezza e la logicità della motivazione di tale provvedimento, tra l’altro anche nelle parti relative alla valutazione del quadro indiziario, e, quindi, risultano tutti non consentiti nel giudizio di legittimità relativo a misure cautelari reali.
Il primo e il secondo motivo, esaminabili congiuntamente in ragione della sovrapponibilità delle censure con essi formulate, tutte relative al rapporto di pertinenzialità tra il conto corrente sottoposto a sequestro e i fatti contestati e all effettiva disponibilità da parte della indagata di tale conto (rectius delle somme ivi depositate), sono inammissibili per le ragioni anzidette, essendo entrambi volti a censurare l’adeguatezza della motivazione su tali punti, che, però, non è certamente mancante né apparente e quindi non è sindacabile nel giudizio di legittimità.
Il Tribunale, nel disattendere i rilievi sollevati con l’atto d’appello, riproposti il ricorso per cassazione senza significativi elementi di novità, senza neppure illustrare il contenuto della delega bancaria rilasciata dalla ricorrente alla figlia, anzitutto, escluso la necessità di un nesso pertinenziale tra i reati contestati alla indagata e le somme sequestrate, trattandosi di sequestro per equivalente, giacché occorre la prova della derivazione causale del bene rispetto al reato solamente per la confisca diretta (Sez. U, n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287756 – 02). Il Tribunale ha, poi, evidenziato gli elementi dimostrativi della disponibilità da parte della indagata delle somme depositate in banca sul conto corrente intestato alla ricorrente, costituiti dal conferimento alla stessa di delega a operare e dal compimento da parte della medesima indagata di prelevamenti anteriormente alla esecuzione del sequestro (comunicati dalla banca depositaria con nota del 18 dicembre 2023).
0—•
Si tratta di argomenti idonei a giustificare il sequestro strumentale alla confisca per equivalente delle somme giacenti sul conto corrente bancario della ricorrente, essendo state indicate la funzione di tale sequestro e gli elementi dimostrativi della disponibilità di dette somme da parte della indagata, che la ricorrente ha censurato sul piano della adeguatezza della motivazione e della correttezza della valutazione degli elementi indiziari ritenuti dimostrativi di detta disponibilità da parte del indagata, dunque, come ricordato, in modo non consentito nel giudizio di legittimità relativo a misure cautelari reali.
Il terzo motivo, mediante il quale è stata lamentata la violazione del diritto di difesa e degli artt. 6 CEDU e 111 Cost., per non essere la ricorrente mai stata sentita né convocata, è inammissibile, sia a causa della sua genericità, non essendo stato specificato quali norme processuali relative al diritto di partecipazione al giudizio della terza siano state violate; sia a causa della sua manifesta infondatezza, in quanto la ricorrente, appresa l’esecuzione del sequestro, ne chiese la revoca al Giudice dell’udienza preliminare e propose tempestiva impugnazione avverso il relativo provvedimento di diniego, intervenendo personalmente anche all’udienza di discussione innanzi al Tribunale, nei corso della quale ribadì la circostanza della esclusiva titolarità delle somme depositate in banca e assoggettate a sequestro, in tal modo esercitando compiutamente le proprie prerogative di partecipazione al giudizio ed esplicando il diritto di difesa, personale e tecnica, con la conseguente evidente insussistenza di pregiudizi ai diritti difensivi della ricorrente, peraltro lamentati del genericamente.
Il quarto e il sesto motivo, anch’essi esaminabili congiuntamente, essendo entrambi relativi alla permanenza dei presupposti per la disposizione e il mantenimento del sequestro, sono entrambi inammissibili, sia a causa della loro genericità, consistendo nella mera asserzione della mancanza di proporzione e della sottolineatura del tempo trascorso dalla esecuzione della misura, disgiunte dalla considerazione della natura e del contenuto della misura e di quanto esposto nell’ordinanza impugnata; sia a cagione della loro manifesta infondatezza, essendo, tra l’altro, anch’essi volti a sindacare l’idoneità della motivazione.
Il rapporto di proporzionalità tra il valore dei beni sequestrati in funzione dell confisca per equivalente del profitto del reato e l’ammontare di quest’ultimo non riguarda il mantenimento del sequestro, come sostenuto nel ricorso, bensì la necessità, per evitare indebite e ingiustificate compressioni dei diritto di proprietà, che i beni sequestrati non eccedano il profitto dei reato, aspetto che, peraltro, non è stato in alcun modo affrontato nel ricorso.
Il persistere della necessità del mantenimento dei vincolo nonostante il tempo trascorso dalla sua apposizione (peraltro pari a circa un anno e mezzo, essendo stato eseguito il 6 novembre 2023) è stato adeguatamente giustificato dal Tribunale, che ha sottolineato, anche a questo proposito, oltre quanto esposto nell’ordinanza applicativa della misura, il compimento da parte dell’indagata di operazioni sul conto assoggettato al vincolo: si tratta di considerazioni sufficienti a giustificare il permanere delle esigenze ravvisate al momento della apposizione del vincolo, non sindacabili, come già ricordato, sul piano della idoneità e della adeguatezza e logicità della motivazione.
Il quinto motivo, mediante il quale si lamenta l’omessa valutazione di prove difensive, costituite dall’estratto conto e dalle certificazioni bancarie, ch dimostrerebbero l’esclusivo utilizzo personale del conto, è inammissibile per ragioni analoghe a quelle esposte al punto 3, in quanto si risolve in una critica, generica, essendo priva della illustrazione del contenuto dei documenti di cui si lamenta la mancata, o, comunque, insufficiente, considerazione, alla valutazione degli elementi indiziari e alla adeguatezza della relativa motivazione, non consentite, come già osservato, nel giudizio di legittimità relativo a misure cautelari reali.
Il settimo motivo, mediante il quale è stata eccepita l’illegittimità dell confisca, in quanto disposta nei confronti di soggetto estraneo al reato, è manifestamente infondato, alla luce di quanto osservato al punto 3 in ordine alla disponibilità del bene sequestrato da parte dell’indagata (ritenuto non appartenente a un terzo ma nella disponibilità dell’indagata, con la conseguente irrilevanza delle deduzioni della ricorrente circa la propria estraneità al reato) nonché di quanto esposto dal Tribunale per disattendere l’analogo motivo di impugnazione, laddove il Tribunale ha indicato i plurimi elementi indicativi della non estraneità della ricorrente alla vicenda (tra cui il rapporto di parentela con la figlia e la veste di amministratrice di alcune società coinvolte nelle indagini), che la ricorrente non ha considerato, limitandosi a prospettare, in modo generico, la propria buona fede.
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della genericità e della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali è stato affidato
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
I”;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 3/7/2025