Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2639 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2639 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME n. a Terlizzi il 9/3/1953
NOME n. a Bisceglie il 10/4/1975
avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Trani in data 2/10/2024
dato atto che si è proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare a norma dell’art. 611 cod.proc.pen., come novellato dal D. Lgs n. 150/2022;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Trani in funzione di giudice dell’appello cautelare rigettava l’impugnazione proposta avverso il provvedimento del Gip che aveva
disatteso l’istanza di rimozione del blocco giudiziario in relazione a tre conti correnti inte ai ricorrenti COGNOME e COGNOME indagati per il reato di truffa aggravata.
Il collegio cautelare evidenziava che il Gip del Tribunale di Trani in data 20/2/2024 aveva disposto il sequestro del profitto dei reati fino alla concorrenza di euro 185.589,43 e, in difet di beni nella disponibilità degli indagati per un valore corrispondente. In sede esecutiva Guardia di Finanza, rilevata l’incapienza delle somme depositate a nome dei ricorrenti presso diversi istituti bancari, estendeva la misura all’immobile sito in Bisceglie, INDIRIZZO del valore commerciale di euro 208m1la.
2.Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore degli indagati, Avv. NOME COGNOME deducendo con unico atto:
2.1 la violazione dell’art. 325 cod.proc.pen. in relazione agli artt. 310,322bis, 5 cod.proc.pen., 111, comma 6, Costituzione, essendosi il giudice dell’appello cautelare impropriamente sostituito al gip redigendo integralmente la motivazione da questi omessa.
Il difensore, premesso che gli indagati avevano richiesto al Gip la rimozione del blocco giudiziario dei rispettivi conti correnti bancari, trattandosi di vincolo che non aveva più rag d’essere a seguito dell’esecuzione del sequestro preventivo per l’intero ammontare del profitto, lamenta che il giudice rigettava l’istanza con motivazione apparente, che il Tribunal cautelare ha ritenuto di poter integrare, di fatto sostituendosi al primo giudice, c conseguente nullità dell’ordinanza impugnata;
2.2 la violazione degli artt. 240, comma 1, e 321 cod.proc.pen. Il difensore sostiene che il Tribunale cautelare ha erroneamente ritenuto che debba permanere il vincolo sui conti correnti bancari in quanto eventuali somme accreditate dopo l’esecuzione della misura ricadrebbero nell’ambito d’operatività della stessa fino al raggiungimento dell’importo complessivo di euro 185.589,43, in virtù del principio di preferenza o prevalenza del danaro rispetto ai beni mobili o immobili. I ricorrenti richiamano al riguardo alcune pronunzie legittimità alla cui stregua il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del dan costituente profitto del reato non può avere ad oggetto denaro che abbia una provenienza lecita e certa e che sia stato percepito successivamente all’esecuzione del sequestro quando non esiste rischio di confusione tra il danaro acquisito lecitamente dopo l’esecuzione della misura cautelare e quello oggetto di vincolo. Pertanto, ad avviso del difensore, deve ritenersi illegittima la protrazione del blocco dei conti bancari quando, come nel caso di specie, le giacenze sono state azzerate in sede di esecuzione della misura reale e le sopravvenienze di origine lecita non sono suscettibili di confusione con il profitto del reato contestato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è manifestamente infondato. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nel giudizio d’appello avverso provvedimenti cautelari reali, disciplinato dall’art. 322-b
cod. proc. pen., l’impugnazione innanzi al tribunale ha effetto devolutivo e attribuisce giudice del gravame piena cognizione, potendo essere posto rimedio sia alla insufficienza, sia alla mancanza di motivazione, precisando altresì, che, a tale giudizio, non è applicabile, per i combinato disposto degli artt. 309, comma 9, 324, comma 7 e 604 cod. proc. pen., la regola che, in sede di riesame, impone l’annullamento del provvedimento di sequestro privo di motivazione o non contenente la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento o degli elementi forniti dalla difesa (Sez. 3, n. 58451 del 13/11/2018, Rv. 275566-01; Sez. 2, n. 7829 del 15/1/2021, Rv. 280687 – 01).
2. Il secondo motivo è infondato. Nella specie il sequestro preventivo del profitto del reato è stato disposto a norma dell’art.321, comma 2, cod.proc.pen. anche per equivalente, in conformità a quanto previsto dall’art. 240bis cod.pen. La difesa evoca a sostegno dell’impossibilità di estendere il vincolo a somme eventualmente sopravvenute sui conti in discussione alcune sentenze di legittimità che non paiono pertinenti al caso in discussione. Infatti, le fattispecie scrutinate da Sez. 5, n. 31186 del 27/06/2023, Rv. 285072-01 e n. 36223 del 28/06/2024, Rv. 286945-01 hanno ad oggetto ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del denaro costituente profitto di un reato per il quale n prevista la confisca per equivalente (in particolare, bancarotta fraudolenta patrimoniale), i relazione alle quali si è affermato che la misura non può avere a oggetto denaro di certa provenienza lecita, percepito successivamente all’esecuzione del sequestro o, in caso di mancata adozione della misura cautelare reale, della confisca, qualora, essendo venuto meno nel patrimonio dell’imputato, al momento della cautela reale o dell’ablazione, qualsivoglia attivo dello stesso genere, sia impedita l’automatica confusione nel patrimonio stesso del denaro acquisito lecitamente dopo l’esecuzione della misura cautelare o di quella ablativa.
Nel caso a giudizio, sebbene il denaro eventualmente affluito o in predicato di farlo sui conti correnti degli indagati in epoca successiva alla commissione dei reati per cui si procede e all’apposizione del vincolo non può costituire profitto del reato, per come delineato dall costante giurisprudenza di legittimità, tuttavia simili sopravvenienze sono comunque suscettibili di confisca e del sequestro anticipatorio nella forma per equivalente, assumendo in tal caso le caratteristiche di valore corrispondenti al profitto non rinvenuto e, dunque, com tale non sottoponibile, in prima battuta, secondo il “meccanismo” forgiato dall’art. 322-te cod. pen., a sequestro in via diretta (Sez. 3, n. 6163 del 20/10/2020, dep. 2021, Rv. 281048 – 02).
2.1 In conclusione, in ragione del titolo di reato posto a fondamento della misura reale e della latitudine del provvedimento impositivo del vincolo non esiste nella specie quel rischio di omologazione funzionale del sequestro cd. impeditivo al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente o di valore che è alla base dell’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla
(9sL9-
difesa, vertendosi in ipotesi di applicabilità dell’art. 640 quater cod.pen. e risult perfettamente legittima l’apprensione dell’equivalente del profitto del reato nella prospettiv di privare l’agente di ogni beneficio economico derivante dal fatto illecito, a prescinde dall’accertamento del nesso di pertinenzialità tra bene e reato.
Alla luce delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma, 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Pres ente