Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22582 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22582 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME NOMECOGNOME nato a San Giorgio a Cremano il 14.04.1965, avverso l’ordinanza del 10/10/2024 del Tribunale di Varese; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 ottobre 2024, il Tribunale del Riesame di Varese ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio che ha disposto il sequestro preventivo dei beni preziosi e del denaro rinvenuti nella disponibilità dell’indagata e, comunque, dei beni mobili e immobili e valori da individuarsi nella fase esecutiva del decreto di sequestro fino alla concorrenza dell’ammontare totale del debito erariale, risultante dalla sommatoria dei dazi doganali e dell’IVA evasi, a) di complessivi euro 13.779.470,22 per le importazioni effettuate da Ferrari s.p.a. dal 22/09/2020 al 07/06/2021, in relazione al capo 3 di imputazione, b) di complessivi euro 5.511.218,43 per le importazioni effettuate da RAGIONE_SOCIALE dal 13/07/2021 al 17/11/2021, in relazione al capo 4, lett. a), di imputazione, c) di complessivi euro 2.611.115,69 per le importazioni effettuate da RAGIONE_SOCIALE dal 07/04/2022 al 13/05/2022, in relazione al capo 4, lett. b), di imputazione, in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 292 e 295, comma 2, lett. d-bis, d.P.R. n. 43 del 1973 e 70 del d.P.R. n. 633 del 1972, per aver sottratto merci al pagamento dei diritti di confine, formando falsi documenti doganali e fiscali e fornendo indicazioni operative sino alla consegna delle merci ai reali destinatari, omettendo il versamento dei diritti di confine e introducendo nel territorio nazionale migliaia di orologi di lusso originali destinati alla vendita, attestando falsamente che si trattava di spedizioni relative ad economici orologi in acciaio di valore nettamente inferiore a quello reale.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione.
La difesa lamenta innanzitutto che il Tribunale del riesame di Varese si Ł integralmente riportato alla motivazione del G.I.P., a sua volta riportatosi alla richiesta di sequestro preventivo del
pubblico ministero, senza che nei provvedimenti cautelari emerga alcuna valutazione critica in cui si possa rilevare l’autonomia delle decisioni impugnate e l’esame della posizione della ricorrente circa la sua partecipazione alle condotte di reato ipotizzate.
Lamenta la ricorrente la mancata valutazione della proporzionalità della misura alla gravità del reato e alla necessità di tutelare le esigenze processuali, non essendovi stato alcun sequestro di orologi ed il calcolo ponderale della sedicente evasione dei dazi doganali Ł un mero dato contabile dell’assunto mancato pagamento dell’IVA e dei dazi.
Deduce ancora la difesa che la denunciante, direttrice generale di RAGIONE_SOCIALE, avrebbe alterato e inquinato le prove, non essendo stati sottoposti a sequestro gli strumenti informatici da costei utilizzati, ed avendo la denunciante dichiarato di aver aperto un pacco contenente orologi alla presenza di NOME COGNOME addetto al magazzino doganale, circostanza smentita dallo stesso COGNOME, senza che di ciò sarebbe stata fornita spiegazione nella motivazione dell’ordinanza impugnata.
Sostiene, infine, la difesa la irretroattività della disciplina di cui al d.lgs. n. 155 del 2022 che ha esteso la possibilità di disporre il sequestro per equivalente anche ai reati di contrabbando, essendo i fatti contestati commessi in epoca anteriore alla entrata in vigore della legge in cui non era prevista la possibilità di disporre il sequestro per equivalente in materia di contrabbando doganale.
E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME con la quale si ribadiscono le doglianze contenute in ricorso, ovverosia l’assenza di autonoma motivazione del decreto impositivo, il mancato sequestro degli strumenti informatici della denunciante NOME COGNOME l’inquinamento probatorio di quest’ultima e l’irretroattività della disciplina di cui al d.lgs. n. 155 del 2022 che ha esteso la possibilità di disporre il sequestro per equivalente ai reati di contrabbando doganale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
E’, innanzitutto, infondata la censura con la quale si contesta la sussistenza dell’autonoma valutazione del fumus dei reati in relazione ai quali Ł stata emessa la misura ablativa, nonchØ la omessa valutazione dell’inquinamento probatorio operato dalla denunciante NOME COGNOME
In proposito, deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., Ł ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656). Ed Ł stato anche precisato che Ł ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchØ sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'”iter” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893). Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Alla luce di tali principi, la motivazione resa dal provvedimento impugnato, quanto ai dati di fatto
valorizzati e alle conclusioni da essi tratte, non risulta affatto apparente, avendo il Tribunale del riesame, adeguatamente e senza vizi logici, dato conto della autonoma valutazione degli elementi indiziari da parte del G.I.P. e puntualmente indicato il meccanismo fraudolento illecito posto in essere dalla ricorrente, consistito nell’aver gestito, unitamente al coindagato NOME COGNOME e servendosi della sede della RAGIONE_SOCIALE ad Hong Kong, delle spedizioni di orologi di lusso aventi, come destinazione fittizia, la RAGIONE_SOCIALE Center presso la base RAGIONE_SOCIALE di Gricignano di Aversa, ignara delle operazioni di spedizione, perchØ tale destinatario consentiva l’esenzione dal pagamento dei diritti di confine. Sono emerse, in particolare, 64 operazioni di transito di orologi aventi come destinazione la base NATO di Gricignano di Aversa nel quadriennio 20202024, 58 delle quali riconducibili alla RAGIONE_SOCIALE e 6 alla RAGIONE_SOCIALE Tutte le operazioni riconducibili alle predette società sono state concretamente gestite da NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali sono stati dipendenti della Ferrari sRAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE rispettivamente fino al 08/11/2021 e al 05/11/2021, per poi transitare alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE (la ricorrente con il nome fittizio di NOME COGNOME poichØ ancora formalmente dipendente della RAGIONE_SOCIALE) e lì gestire le ulteriori illecite operazioni riscontrate, occupandosi sempre della consegna dei plichi provenienti da Hong Kong alla US Navy, coinvolgimento emerso dalle dichiarazioni rese dai dipendenti delle due società, dalla denuncia presentata da NOME COGNOME, direttrice della filiale di Malpensa della RAGIONE_SOCIALE, dall’analisi dei tabulati telefonici (in cui erano emersi frequenti contatti tra COGNOME e COGNOME e utenze riconducibili a diverse gioiellerie campane, verosimilmente destinatarie finali delle spedizioni), dalle comunicazioni rese dalla US Navy di non aver mai avuto rapporti con RAGIONE_SOCIALE e con RAGIONE_SOCIALE infine dall’esito delle perquisizioni.
Diversamente da quanto dedotto in ricorso, il Tribunale ha quindi spiegato, con linearità logica, quale fosse il meccanismo evasivo illecito e quali fossero le fonti indiziarie a carico dell’indagata, non limitate alla denuncia di NOME COGNOME analizzandone la posizione e valutandone il contributo concorsuale, ben potendo il Tribunale del riesame, sulla base del materiale istruttorio a sua disposizione, modulare la motivazione del proprio provvedimento, attesa la natura interamente devolutiva della istanza di riesame, così conformandosi al disposto di cui all’art. 292, comma 1, lett. c, cod. proc. pen., mentre le doglianze contenute in ricorso omettono il confronto integrale con le argomentazioni di cui all’ordinanza impugnata, che prende in considerazione un quadro indiziario che va ben oltre il contenuto della denuncia di NOME COGNOME
Emerge, in definitiva, uno sviluppo argomentativo del provvedimento impugnato tale da far ritenere come il Tribunale non sia venuto meno all’obbligo di esaustiva verifica del fumus dei reati ipotizzati.
La ricostruzione dei giudici della cautela Ł, dunque, il frutto di una esauriente e razionale rassegna degli elementi investigativi acquisiti, dei quali la difesa propone sostanzialmente una diversa lettura, che non può trovare ingresso in questa sede.
2. E’ infondato il motivo di ricorso relativo alla irretroattività della disciplina di cui al d.lgs. n. 155 del 2022.
In proposito, occorre ricordare che la possibilità di procedere alla confisca per equivalente in relazione ai reati in materia di contrabbando doganale Ł stata introdotta nel nostro ordinamento penale per effetto della modifica apportata all’art. 301, comma primo, d.P.R. n. 43 del 1973, dall’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 155 del 2022, con il quale il testo del citato art. 301, primo comma, d.P.R. n. 43 del 1973 Ł stato interpolato con l’inserimento del seguente periodo «Quando non Ł possibile procedere alla confisca delle cose di cui al periodo precedente, Ł ordinata la confisca di somme di danaro, beni e altre utilità per un valore equivalente, di cui il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona».
Consegue che, nei casi di contrabbando, non solo Ł sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto, ma, quando non Ł possibile procedere alla confisca di esse, Ł ordinata la confisca di somme di danaro, beni e altre utilità per un valore equivalente di cui l’agente, anche per
interposta persona abbia la disponibilità.
La disposizione di cui all’art. 301, comma primo, d.P.R. n. 43 del 1973 Ł stata interamente trasfusa nell’art. 94, comma 1, del d.lgs. n. 141 del 2024 che si pone sul punto in linea di continuità normativa con la precedente disposizione nell’ambito di una disciplina – quella appunto di cui al d.lgs. n. 141 del 2024 – che ha introdotto disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi e che ha abrogato il d.P.R. n. 43/1973, disponendo espressamente all’art. 7 che ‘Quando leggi, regolamenti, decreti o altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni contenute in articoli del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al d.P.R. n. 43 del 1973, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, il riferimento si intende alle corrispondenti disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione di cui all’allegato 1 al presente decreto’.
In ogni caso, come messo in evidenza da Sez. 3, n. 6309 del 09/10/2024, dep. 2025, COGNOME, in questa sede condivisa, essendo il reato oggetto di provvisoria contestazione a carico della ricorrente un reato “permanente” (in tal senso, fra le altre, Sez. 3, n. 41139 del 25/06/2019, Guerra, Rv. 277981; Sez. 3, n. 19233 del 20/02/2019, Piccolo, Rv. 275792) la cui flagranza, pertanto, perdura sino al momento in cui non siano stati versati i diritti di confine connessi con la importazione delle merci recate all’interno del territorio nazionale ovvero con la cessazione dell’attività volta a consentire la circolazione sul territorio nazionale dei beni sottratti al pagamento dei diritti doganali (Sez. 3, n. 1564 del 06/11/1985, dep. 1986, COGNOME, Rv. 171943), poco incide, ai fini della individuazione della legge applicabile al caso concreto determinare, come invece si sforza di dimostrare la ricorrente, quale fosse la legge vigente al momento in cui Ł iniziata la flagranza del reato, essendo ius receptum il principio secondo il quale, in caso di successione di leggi penali nel tempo, deve essere applicata, laddove si tratti di reato permanente, quella vigente al momento della cessazione della permanenza anche nel caso in cui questa preveda un trattamento sanzionatorio deteriore rispetto a quello stabilito dalla normativa vigente al momento dell’inizio della condotta criminosa (in tal senso, Sez. 6, n. 52546 del 04/11/2016, COGNOME, Rv. 268684; Sez. 3, n. 43597 del 09/09/2015, COGNOME, Rv. 265261; piø di recente, Sez. 2, n. 14052 del 10/01/2019, COGNOME, Rv. 275418, in motivazione).
E’ priva di fondamento la doglianza della mancata valutazione della proporzionalità della misura cautelare reale.
In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha fissato i criteri di riferimento per ravvisare la sussistenza delle esigenze cautelari necessarie per il mantenimento del sequestro preventivo a fini di confisca.
Come precisato dalle Sezioni Unite, il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, ad eccezione delle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, per le quali Ł sufficiente la mera indicazione della appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege” (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
Tanto in modo da garantire coerenza con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando appunto un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio. Ed Ł stato conseguentemente aggiunto come l’indicazione che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile, comporti una diversa modulazione del contenuto motivazionale del provvedimento coercitivo, dove «Ł il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza
che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio» (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, cit., in motivazione).
E la sussistenza del periculum in mora può essere desunta sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa (in ragione cioŁ dell’entità del profitto determinante il quantum sequestrabile e successivamente confiscabile, che, nel caso di specie, Ł pari alla rilevante cifra di oltre 20 milioni di euro) o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi elementi (oggettivi e soggettivi) debbano necessariamente concorrere, essendo tra di loro alternativi per fondare la giustificazione del sequestro (Sez. 3, n. 44874 dell’11/10/2022, COGNOME, Rv. 283769).
Nella fattispecie, la motivazione del G.I.P., riassuntivamente ripresa dal Tribunale del riesame, fa perno sulla finalità di evitare il pericolo di dispersione dei beni, ove lasciati nella disponibilità dell’indagato, idoneo a giustificare l’anticipazione degli effetti della futura confisca, in ragione della stessa natura dei beni e delle condotte poste in essere, consistenti nella falsificazione della documentazione proveniente dalla base Nato, nonchØ della immediata attivazione del canale delle importazioni dalla Francia, condotte tali da rendere attuale il rischio della dispersione dei beni; argomenti che sostengono la motivazione del periculum in mora e rendono non apparente, ma realmente esistente, una motivazione facente leva sul fatto che, dalla permanente disponibilità dei beni sequestrati, si possa desumere la possibile dispersione, anche in ragione della difficile, dal punto di vista obiettivo, rintracciabilità e, di conseguenza, del loro recupero ai fini della confisca in caso di condanna (cfr., Sez. 3, n. 44874 dell’11/10/2022, Fricano, Rv. 283769).
In conclusione, stante la infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse della ricorrente deve essere rigettato, con conseguente onere per la ricorrente medesima, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 16/05/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME NOME