Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 27666 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 27666 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 06/03/2025 del Tribunale di Bergamo;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Con ordinanza in data 6 marzo 2025, il Tribunale di Bergamo ha rigettato la richiesta di riesame proposta dal ricorrente avverso il decreto di sequestro ex art. 252 cod. proc. pen. del Pubblico ministero presso il Tribunale di Bergamo emesso il 24/09/2024 ed eseguito il 16/01/2025 avente ad oggetto un dipinto pubblicizzato per la vendita su piattaforma on line falsamente attribuito al pittore contemporaneo, ormai defunto, NOME COGNOME
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propone ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 518-quaterdecies, comma 1, n. 2), cod. pen.
Lamenta il ricorrente che il Tribunale non ha considerato che la dichiarazione di vendita prodotta dalla difesa attesta che la vendita del quadro era stata eseguita da NOMECOGNOME quale proprietario del bene, in favore di NOME che era il soggetto da cui l’indagato aveva acquistato il quadro e che gli aveva consegnato la dichiarazione di vendita.
Lamenta inoltre la difesa che, ai fini della sussistenza del dolo, nell’annuncio di vendita on line, il ricorrente aveva fatto inserire la foto del quadro, nonchØ la foto di una dichiarazione di autenticità asseritamente rilasciata dall’autore NOME COGNOME del 09/03/2011 e la foto di una pagina estratta dal catalogo delle opere dell’autore in cui si notava la presenza del quadro in vendita, elementi sintomatici della convinzione della bontà dell’opera e dell’assenza di ogni forma di dolo in capo al ricorrente.
Lamenta, infine, la difesa erronea applicazione della legge penale, nella parte in cui l’ordinanza impugnata afferma che la dichiarazione di vendita non spiegherebbe perchØ l’indagato non disponga di documentazione afferente all’acquisto ed al pagamento dell’opera, dal momento che il documento prodotto dimostra che il ricorrente era in possesso di documentazione relativa all’acquisto, e nella parte in cui non ha fatto riferimento alle dichiarazioni rese dal ricorrente al momento della perquisizione, con le quali spiegava che la
Sent. n. sez. 949/2025
CC – 20/06/2025
R.G.N. 13441/2025
vendita si era perfezionata anche mediante lo scambio di alcune opere, oltre al pagamento di una parte in denaro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, Ł ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656; Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608). Ed Ł stato anche precisato che Ł ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchØ sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'” iter ” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, NOME, Rv. 254893).
Per motivazione assente deve intendersi quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129; Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, n.m.) o che Ł graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Rv. 252898). La motivazione apparente, invece, Ł solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si Ł fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Rv. 196361).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Tanto premesso, il ricorso Ł manifestamente infondato, dovendo ritenersi che, nel caso di specie, non sia configurabile nØ una violazione di legge, nØ un’apparenza di motivazione, avendo il Tribunale del riesame adeguatamente illustrato le ragioni poste a fondamento della decisione di inammissibilità del riesame cautelare.
2.1. Deve essere ricordato che il sequestro probatorio Ł stato disposto ed eseguito in relazione al reato di cui all’art. 518-quaterdecies, comma 1, n. 2, cod. pen., vale a dire di messa in circolazione di opere d’arte contraffatte, ipotesi che, peraltro, impone, unitamente alle altre condotte previste dalla richiamata disposizione normativa, la confisca degli esemplari contraffatti (art. 518-quaterdecies, comma 2, cod. pen.).
2.2. E, nell’ambito del perimetro del giudizio di legittimità in tema di misure cautelari reali, limitato come sopra ricordato ai soli profili di violazione di legge, le deduzioni svolte nel ricorso sono infondate, non essendosi il ricorrente adeguatamente confrontato con le argomentazioni dei giudici cautelari, che hanno fornito una non illogica spiegazione dei presupposti del sequestro probatorio, venendo in considerazione il corpo del reato.
E’ stato infatti affermato nella ordinanza impugnata come il dipinto, posto in vendita su piattaforma on line al prezzo di euro 10.000,00 come opera del pittore contemporaneo NOME COGNOME era in realtà contraffatto perchØ l’opera originale era in possesso di NOME
COGNOME, titolare della casa d’aste RAGIONE_SOCIALE di Taranto, unitamente a regolare certificazione di autenticità rilasciata dall’archivio COGNOME, in particolare da NOME COGNOME, congiunta e custode dell’archivio dell’artista, sottolineando peraltro come, in materia di sequestro probatorio, il Tribunale sia chiamato a verificare la sussistenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria; precisando, altresì, che il “fumus” necessario per la ricerca della prova Ł quello inerente all’avvenuta commissione dei reati, nella loro materiale accezione, e non già alla colpevolezza del singolo.
Le affermazioni contenute nell’ordinanza impugnata si pongono in sintonia con i principi affermati da questa Corte nella parte in cui evidenziano, con motivazione congrua in linea di fatto e perciò insindacabile in sede di legittimità, la sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita mediante il sequestro (Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 2020, COGNOME Rv. 278542; nello stesso senso, piø di recente, Sez. 6, n. 21250 del 09/04/2025, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 18108 del 04/03/2025, COGNOME, n.m.), sicchŁ il provvedimento qui impugnato non Ł censurabile sotto il profilo della violazione di legge, unico vizio deducibile in questa sede.
NØ, peraltro, può sostenersi, come fa il ricorrente, la insussistenza dell’elemento soggettivo che la fattispecie contestata richiede sotto il profilo del dolo generico, dal momento che la giurisprudenza di questa Corte Ł consolidata nell’affermare che, in tema di sequestro probatorio, il Tribunale Ł chiamato a verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delitti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria, «anche con riferimento all’elemento soggettivo del reato, il cui accertamento nel merito si fonda, come quello sull’elemento oggettivo, proprio sulle ulteriori indagini cui il sequestro probatorio Ł preordinato. Infatti, richiedere l’esistenza ex ante della prova dell’elemento soggettivo del reato al fine di consentire il sequestro probatorio significherebbe vanificare la portata di tale strumento, che Ł invece finalizzato proprio alla ricerca della prova (Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 2020, COGNOME, cit.; Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, COGNOME, Rv. 267007; Sez. 3, n. 15254 del 10/03/2015, COGNOME, Rv. 263053; da ultimo cfr. Sez. 2, n. 1329 del 14/12/2023, dep. 2024, Seye, n.m.; Sez. 3, n. 45171 del 13/10/2023, RAGIONE_SOCIALE n.m.).
Del resto, il Tribunale argomenta, non illogicamente, che il ricorrente Ł risultato sfornito, oltre che di certificazione di autenticità proveniente da chi gestisce l’archivio COGNOME, che ne ha al contrario attestato la non attribuibilità al defunto autore, anche di documenti che attestassero il suo acquisto, essendosi limitato a produrre dichiarazione di vendita intervenuta tra soggetti terzi e ad affermare di aver acquistato il dipinto proprio dal soggetto che figurava come acquirente nella dichiarazione di vendita prodotta, documenti ritenuti non conducenti per affermare la buona fede del ricorrente stesso.
Ciò posto, tenuto conto dei limiti del controllo esercitabile in questa sede sulla motivazione del provvedimento impugnato, non appare censurabile la conclusione cui Ł
giunto il Tribunale, la cui motivazione oggettivamente esistente e tutt’altro che apparente esclude il vizio di violazione di legge eccepibile in questa sede.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 20/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME