Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23150 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23150 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Palermo il 9/4/1956 avverso l’ordinanza resa il 17 gennaio 2025 dal Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo, sezione del riesame, ha respinto l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME in proprio e nella qualità di amministratore e rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza del 3 dicembre 2024 del Tribunale di Palermo, quale giudice del dibattimento, con cui era stata respinta la richiesta di revoca del sequestro delle quote sociali e del compendio aziendale della società, sequestro già disposto con provvedimento del GIP del Tribunale di Palermo del 13 dicembre 2021 nonché la richiesta subordinata di applicazione di una misura cautelare meno invasiva.
Con il suindicato decreto, il GIP aveva disposto il sequestro preventivo del patrimonio aziendale della RAGIONE_SOCIALE, delle quote sociali e del compendio aziendale e il sequestro anche per equivalente sino alla somma di 212.000 euro di beni dell’imputato, ritenendo sussistenti il fumus dei reati di ricettazione e di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
Il Tribunale del riesame con ordinanza del 20/1/2022 ha dichiarato l’inammissibilità del riesame proposto dal Marino in relazione al compendio aziendale, perché privo di procura speciale e ha annullato il sequestro per equivalente dei beni personali del Marino.
Con il provvedimento oggi impugnato il Tribunale ha respinto l’appello proposto nell’interesse del COGNOME in proprio e quale rappresentante legale della società, osservando che il periculum in mora non risulta inficiato o inciso dalla riduzione del profitto illecito originariamente indicato nell’incolpazione provvisoria di cui al capo A e dalla delimitazione del tempus commissi delicti, operata in occasione del rinvio a giudizio, poiché la misura cautelare impeditiva ha per oggetto le quote sociali e il complesso aziendale e, già in sede di riesame, il Tribunale aveva precisato che la libera disponibilità del complesso aziendale della RAGIONE_SOCIALE, dei mezzi di trasporto e degli stabilimenti che sono serviti per realizzare le condotte illecite, rischierebbe di favorire la protrazione o l’aggravamento delle conseguenze del reato; ne consegue che nessuna refluenza sul sequestro riveste la tematica della riduzione del profitto.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso NOME COGNOME in proprio e quale amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE, deducendo:
4.1. Violazione di legge e in particolare degli artt. 321 e 525, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento alla sopravvenienza di fatti idonei a far venir meno i presupposti della misura cautelare applicata (primo motivo). L’ordinanza impugnata ha respinto l’appello proposto dal ricorrente che aveva chiesto la revoca del sequestro delle quote sociali, del patrimonio e del compendio aziendale di RAGIONE_SOCIALE e una riduzione del sequestro finalizzato alla confisca delle quote del patrimonio e del compendio aziendale di RAGIONE_SOCIALE ai soli cespiti aventi complessivamente valore pari a 70.000 euro.
Osserva il ricorrente che, all’esito dell’udienza preliminare, il pubblico ministero ha riformulato il capo di imputazione della ricettazione, riducendo il quantitativo di materiale metallico ricevuto in 100.000 chili, a fronte dei 4.700.000 euro in origine indicati nella richiesta di rinvio a giudizio e ha, conseguentemente, limitato la determinazione dell’ingiusto profitto in circa 71.000 euro, a fronte degli 883.000 euro indicati nella richiesta di rinvio a giudizio.
Questa riduzione dell’importo realizzato in relazione al reato di ricettazione deve necessariamente refluire anche sulla determinazione dell’oggetto di cui al capo 1,
relativo al traffico illecito di rifiuti, sebbene quest’ultimo non sia stato riformul verosimilmente per un errore materiale.
Osserva il difensore che, a dispetto di quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, la rideterminazione dell’originaria accusa e la riformulazione del capo di imputazione sono intervenuti in epoca successiva al 13 dicembre 2021 e costituiscono fatti sopravvenuti idonei a far venir meno i presupposti della misura cautelare.
L’ordinanza impugnata, poi, non ha tenuto in nessun conto il secondo fatto sopravvenuto e cioè che il pubblico ministero ha rideterminato l’ingiusto profitto, riducendolo ad euro 71.000 circa, il che rappresenta un fatto sopravvenuto. Considerato che il sequestro è finalizzato a consentire la materiale esecuzione della confisca, non può colpire un bene il cui valore sia superiore all’importo del profitto realizzato.
Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata ha completamente omesso di valutare la doglianza specifica relativa alla riformulazione della imputazione e così è incorso nel vizio di violazione di legge.
2.2. Violazione degli artt. 275 e 125 cod. proc. pen. con riferimento all’omessa motivazione in relazione alla richiesta subordinata di riduzione del sequestro preventivo e alla mancanza di proporzionalità e adeguatezza nella misura cautelare applicata (secondo motivo). Con l’istanza di revoca e con l’atto di appello, NOME aveva chiesto, subordinatamente alla revoca del sequestro, di limitare la misura cautelare finalizzata alla confisca su singoli cespiti aventi complessivamente il valore pari ad euro 71.000 circa, e cioè il profitto indicato nel capo di imputazione all’esito dell’udienza preliminare. L’ordinanza non ha preso in alcun modo questa richiesta subordinata e si è limitata a respingere la domanda principale di revoca della misura cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché propone motivi non consentiti e generici.
Deve premettersi che, secondo l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, è ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, non per i vizi logici della motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (tra le tante, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129 – 01).
La più autorevole giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01).
Occorre inoltre rilevare che, nel caso di specie, si versa nell’ipotesi di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro e che, essendo già stato proposto riesame avverso il provvedimento genetico, che è stato ritenuto inammissibile con ordinanza del Tribunale, avverso la quale non è stato proposto ricorso, è intervenuto il cd. giudicato cautelare, che solo elementi fattuali nuovi possono consentire di superare.
Ed infatti è pacifico in giurisprudenza che, la preclusione del giudicato cautelare opera allo stato degli atti, ed è preordinata ad evitare ulteriori interventi giudiziari assenza di una modifica della situazione di riferimento, con la conseguenza che essa può essere superata laddove intervengano elementi nuovi che alterino il quadro precedentemente definito (Sez. 2, n. 49188 del 09/09/2015, Masone, Rv. 265555 – 01). Ciò posto, va osservato che il sequestro preventivo è stato disposto ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen. a scopo impeditivo e anche ex art. 452-quaterdecies cod. pen. ai fini della successiva confisca delle cose pertinenti al reato e del profitto. Il Tribunale ha respinto l’istanza di revoca, osservando che gli elementi di novità addotti dalla difesa, la riduzione della quantità di metalli trattati e la conseguente riduzione del profitto del reato di ricettazione, non sono idonei ad inficiare il ritenuto periculum in mora e ad incidere sulle esigenze cautelari; che, infatti, ha motivatamente ribadito che gli elementi di novità addotti dal ricorrente, pur ridimensionando l’entità del traffico illecit contestato non appaiono idonei a confutare la prospettazione accusatoria e a escludere il fumus del reato e non incidono sul periculum, in quanto la disponibilità dell’azienda e dei mezzi di trasporto che sono serviti alla realizzazione delle condotte in contestazione rischia di agevolare la reiterazione delle condotte illecite già realizzate.
1.1. Con il primo motivo di ricorso la difesa non contesta in modo specifico questa valutazione di persistente pericolosità e non si confronta con la natura anche impeditiva del disposto sequestro, ma si limita a formulare considerazioni relative alla riduzione del profitto, che possono al più incidere sul sequestro finalizzato alla confisca e non su quello impeditivo.
Così facendo, la difesa formula una censura generica, perché fondata su argomentazioni eccentriche rispetto alle motivazioni del rigetto dell’appello.
1.2. Con il secondo motivo lamenta che non sia stata presa in considerazione la richiesta che aveva formulato in subordine in sede di revoca, di limitare il sequestro a singoli cespiti del valore pari ad euro 71.000, ma anche detta censura è generica poiché è evidente che l’iter motivazionale assunto dal Tribunale nel provvedimento impugnato comporta l’implicito rigetto di questa seconda richiesta, e il ricorso non si confronta con la natura impeditiva del vincolo reale.
Questa Corte ha ribadito – anche di recente – che, in caso di sequestro preventivo dell’intero compendio aziendale, i principi di adeguatezza e proporzionalità impongono al giudice della cautela di verificare il valore preponderante, o quanto meno il significativo rilievo, dell’utilizzo strumentale della impresa alla consumazione dei reati per cui è stata richiesta la misura, rispetto alla operatività lecita della impresa stessa,
onde evitare che il vincolo coercitivo determini un’esasperata compressione dei diritti di proprietà e di libertà di iniziativa economica privata (Sez. 6, n. 13166 del 02/03/2022,
COGNOME, Rv. 283139 – 01).
vero che anche in questo caso si impone il rispetto del principio di proporzione
E’
tra il sacrificio imposto all’azienda e le esigenze cautelari tutelate, ma al riguardo le deduzioni difensive appaiono generiche e introducono argomenti che esulano dal tenore
dell’istanza di revoca originaria.
2. Per queste considerazioni il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una
ammenda che si ritiene congruo determinare in euro 3000, in proporzione al grado di colpa nella proposizione della impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Roma 3 giugno 2025 Il Consigliere estensore
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Il Presidente
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NOME COGNOME
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