Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34651 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34651 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 28/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SANTA MARIA CAPUA VETERE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del riorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137/2020 successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Santa Maria Capua Venere, quale giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro dell’unità abitativa abitata dall’indag accusata di averlo occupato abusivamente da decenni.
Il ricorso in Cassazione espone quattro motivi.
2.1 Con il primo si deduce violazione di legge per assenza di motivazione o motivazione apparente sulla carenza di autonoma valutazione del Provvedimento del giudice per le indagini preliminari, già censurata in sede di riesame.
2.2 Con il secondo motivo si contesta violazione di legge poiché, versandosi nell’ipotesi sequestro impeditivo, il tribunale non si è pronunciato sul tema della proporzionalità d strumento ablativo rispetto al fine perseguito.
2.3 Con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione di legge e l’erronea applicazi dell’articolo 321 comma 1 c.p.p. fondando la valutazione di sussistenza del fumus commissi delicti in relazione agli articoli 633 e 633 bis c.p. contestati provvisoriamente all’indagata s mera postulazione dell’esistenza del reato da parte del pubblico ministero.
2.4 Lamentando sempre violazione di legge si contesta infine (quarto motivo) la sussistenza del reato descritto nel capo di imputazione provvisoria poiché la indagata non ha realizzat alcuna arbitraria introduzione nei beni in sequestro, in quanto ivi convivente per pi vent’anni con la madre, legittima assegnataria dell’appartamento.
Con memoria inviata per PEC il AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto formula motivi ripetitivi, e quindi gen nonché manifestamente infondati.
Meramente ripetitivo, e quindi inidoneo a costituire una critica specifica alla decis contestata (Sez. 6, 20377/2009, rv. 243838; Sez. 528011/2013, rv. 255568; Sez. 2 11951/2014, rv. 259425), è il motivo inerente alla presenza, nel provvedimento genetico, di una motivazion per relationem.
Citando un passaggio della sentenza Sez.2, 42333 del 12 settembre 2019, Devona, Rv. 278001 – 01, il Tribunale faceva riferimento allo specifico onere gravante sul ricorrente, lamenti l’utilizzo del copy-paste nel provvedimento genetico, rispetto all’istanza cautelare, di indicare puntualmente gli aspetti della motivazione pregiudicati dalla tecnica referenzia esponendo altresì le ragioni in base alle quali la mancanza di valutazione, su un piano d autonomia rispetto alla prospettazione della parte pubblica, avrebbe avuto una incidenza sulle determinazioni cautelari, sì che, ove essa fosse stata compiuta, il risultato sarebbe st diverso. On si è confrontato, essendosi limitato in sostanza a ribadire una richiesta indistin generica di nullità che non ha fondamento.
Costituisce infatti principio consolidato che la nullità che la legge pone a presidio del co adempimento del dovere di valutazione critica (art.292 c.p.p.) non può essere relegata in una dimensione squisitamente formalistica, e non può quindi essere dedotta facendo leva esclusivamente sulla rilevazione di particolari tecniche di redazione che al più possono valer quali indici sintomatici ma non sono esse stesse ragioni del vizio.
La parte interessata deve invece indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai qu l’asserita accettazione acritica avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario e di ta rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate.
Per contro, con il primo motivo il ricorso si limita a far questione di rapporto (in ter numero di pagine) tra il documento (cioè l’ordinanza del G.i.p.) nel suo complesso e le pagine dedicate esclusivamente alla ricorrente, ed a confrontare l’approccio del documento giudiziale con quello assunto dalla Autorità amministrativa preposta alla soluzione del problema abitativo in Caivano, con una equivalenza di cui è difficile perfino comprendere la logica.
Sarebbe stato invece necessario, pena la genericità della doglianza, che venisse delineata la rilevanza causale dell’omissione denunciata. Ciò non è stato fatto nel caso in esame, sicché si rileva la genericità del motivo.
3. Il secondo motivo di ricorso, formulato per la prima volta in questa sede, non è consentit Del tema evocato (proporzionalità del sequestro) non vi è traccia nella elencazione dei moti sollevati avanti al Tribunale del riesame (pg.1, punto 2), né tale ricostruzione della processuale è in questa sede contestata.
La deduzione innanzi a questa Corte costituisce pertanto una violazione della catena devolutiva, in spregio al combinato disposto degli artt. 606 comma 3 e 609 comma 2 c.p.p. in forza del quale non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nella fase del merito, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre innanzi al giudice del riesame. Tal regola trova la ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione del provvedimento impugnato con riguardo ad un punto del ricorso non investito dal controllo del Tribunale del riesame, perché non segnalato con i motivi di gravame (Sez. 4 n. 10611 del 04/12/2012, COGNOME, Rv. 256631).
Peraltro, il motivo è manifestamente infondato ab origine e come tale dovrebbe pertanto essere dichiarato in questa sede, senza necessità di annullamento poiché l’omessa motivazione su un punto ab origine inammissibile non incide sulla validità del provvedimento impugnato e può essere rilevata anche in Cassazione. Pacifico è infatti che in tema d impugnazioni è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso l sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimen della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (tra le t Sez. 2, sentenza n. 10173 del 16/12/2014 – dep. 11/03/2015, Rv. 263157-01).
Ed in effetti, il motivo, come proposto in questa sede, è manifestamente infondato.
La tematica della proporzionalità, inserita nell’ambito del più ampio discorso sul periculum in mora, ha iniziato a trovare affermazione nella giurisprudenza di legittimità fin dal deco millennio, ad esempio in relazione al sequestro di beni di terzi non indagati/imputati, esprimere la necessità di un ‘giusto equilibrio’ tra le necessità dell’interesse generale salvaguardia dei diritti fondamentali. Nel nuovo Millennio, anche su impulso dell giurisprudenza costituzionale ed euro-convenzionale, si è giunti, per successive ‘espansioni’ basate sempre sull’esigenza di contemperare contrapposti interessi, a più generali statuizion del principio di proporzionalità come clausola implicita di (pressoché) ogni forma di sequestr da quello finalizzato alla successiva confisca fino, da ultimo, al sequestro c.d. impeditivo.
Naturalmente, il principio di proporzionalità va inteso in maniera differente a seconda d diversi meccanismi ablatori, che hanno finalità e strutture eterogenee.
Su tali aspetti e sulla diversa declinazione del principio, è utile la lettura della sentenz dalla stessa difesa (Sez. 5, n.17586 del 22 marzo 2021, COGNOME, Rv.281104).
Nel caso del sequestro preventivo c.d. impeditivo, in particolare, «il giudice deve motiva adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato ricorrendo ad altri meno invasivi strumenti cautelari ovvero modulando quello disposto – qualora ciò sia possibile
– in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto a vincolo anche oltre le effettive necessità dettate dall’esigenza cautelare che si intende arginare» (cfr. Sez. 5, n. 8382 del 2013, COGNOME).
In conclusione, in tema di sequestro preventivo c.d. impeditivo, il principio di proporzion impone al giudice cautelare di motivare sull’impossibilità di fronteggiare il perico aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di altri reati ricorrendo a misure cautelari meno invasive oppure limitand l’oggetto del sequestro o il vincolo posto dallo stesso in termini tali da ridurne l’inciden diritti del destinatario della misura reale. Con l’ulteriore precisazione che per parl ‘proporzionalità’ o di ‘proporzione’ è sempre necessario che vi siano due termini da comparare, perché l’azione ablativa non può trovare limiti laddove non vi sia alcunché da proteggere
Se questi sono i parametri concettuali entro i quali l’interprete deve muoversi, è del t evidente la ragione di manifesta infondatezza, e quindi di inammissibilità, in parte qua, motivo formulato.
Infatti, qual è il diritto che viene addotto per contrastare la pretesa pubblica al recuper legalità del bene, attraverso il sequestro dell’appartamento, se non un generico diri costituzionale alla abitazione, che si risolve, in definitiva, nell’invocazione dello necessità dell’indagata (art.54 c.p. – già escluso nell’ordinanza a pg.4) o, ancor genericamente, al rischio che “la concreta attuazione del decreto di sequestro condurrà per strada almeno cinquanta famiglie, dettaglio … che … non può non entrare nella valutazione giudice della cautela” (pg.15).
Perché si possa parlare di proporzionalità, tuttavia, è necessario, come detto sopra, che siano due contrapposti interessi, entrambi meritevoli di tutela, tra i quali si debba tro giusto equilibrio. Per contro, in assenza di uno stato di necessità (negato nel provvedimento comunque da escludersi in considerazione della durata pluridecennale della occupazione abusiva), non si può individuare un diritto all’abitazione che si (auto-)determini al di fuor procedure legittime di assegnazione degli alloggi popolari. Tanto più che la pretesa de recupero dell’immobile al circuito legale, rappresentata dall’iniziativa del sequestro impedit non è fine a se stessa ma è funzionale, attraverso la re-immissione dell’unità abitativa patrimonio dell’ente gestore, a soddisfare la legittima aspettativa alla abitazione di un ave diritto legittimamente selezionato (attraverso una procedura pubblica).
La giurisprudenza che ammette e configura come necessario il c.d. test di proporzionalità anche nell’ipotesi di sequestro c.d. impeditivo (ove la funzione ablatoria è diretta a preveni permanere o il ripetersi dell’illegalità) impone al giudice di verificare: «a) se l’aggravament protrazione delle conseguenze del reato possono essere evitati senza privare l’avente diritt della disponibilità della cosa; b) se il sequestro preventivo è sufficiente a garantir risultato; c) se tale risultato può essere conseguito con misure meno invasive» (Sez. 3, 12500 del 2011, dep. 2012, COGNOME, cit.).
Nel caso concreto, il predetto test trifasico non può sortire il risultato agognato dalla d giacché: a) l’occupazione abusiva non può che essere terminata con la sua cessazione tanto più che non vi è in radice un ‘avente diritto’; b) la misura è sufficiente al fine; c) caratteristiche dell’unita abitativa monofamiliare, non vi sono soluzioni meno invasive idonee ripristinare la legalità.
Il fallimento del test dimostra ancora una volta l’infondatezza del motivo.
Il terzo ed il quarto motivo possono essere trattati unitariamente, per esigenze semplificazione e di logica espositiva, trattandosi di motivi generici e manifestamente infond
In particolare, la contestazione di carenza del fumus commissi deliciti non si confronta con la ricostruzione del quadro indiziario della invasione ed illegittima occupazione posta in esse dalla Politelli nel corso degli anni che si trova a pg.2 del provvedimento del Tribunale ov spiegano, sulla base di emergenze sostanzialmente non contestate (ed anzi, ammesse, quanto meno di passaggio, a pg. 17 e 18 del ricorso), le ragioni per cui la presenza del donna nell’unità abitativa non possa essere equiparata ad una situazione possessoria né legittima né tutelabile.
Quanto poi alla vexata quaestio della sufficienza di una relazione non iure piuttosto che contra ius con il bene immobile abitato da parte dell’indagato, affinché sia integrato il re contestato, questo Collegio non può che richiamarsi alla recente pronuncia di questa stessa Sezione (n. 27041 del 24/03/2023 Buccino Rv. 284792 – 01) che in un caso del tutto sovrapponibile all’attuale, ha affermato che integra il reato di cui all’art. 633 cod. condotta di chi, ospitato in un immobile di edilizia residenziale pubblica in virtù del rappo parentela con il legittimo assegnatario, vi permanga anche dopo il decesso di quest’ultimo comportandosi come dominus o possessore poiché il termine ‘invasione’ va inteso nel senso di introduzione arbitraria non momentanea nell’edificio altrui allo scopo di occuparlo comunque, di trarne profitto, restando indifferenti i mezzi ed i modi con i quali essa avvie non essendo necessaria la ricorrenza del requisito della clandestinità e risultando irrileva che vi fosse stata la corresponsione dei canoni di locazione all’Istituto proprie dell’immobile.
Da quanto precede deriva l’inammissibilità del ricorso e da essa consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M. GLYPH
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spea processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deci o in Roma, 27 giugno 2024