Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29983 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29983 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/02/2024 del TRIBUNALE della LIBERTA’ di LECCE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
ricorso trattato con contraddittorio scritto ex art.23 co.8 d.l. 137/2020 e succes integrazioni e modificazioni.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Lecce, sezione del riesame, ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata ex art. 240 bis c.p.p. su beni intestati alla moglie dell’i e sul complesso di beni dell’RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, direttamente riconducibile a COGNOME, indagato per RAGIONE_SOCIALE per lo spaccio di stupefacenti e per numerosi episodi di acquisto, detenzione e spaccio di droga.
Con il ricorso viene formulato un unico motivo incentrato sulla carenza di motivazione sull’aspetto del periculum in mora nel provvedimento genetico. Se ne sostiene la necessità anche nel caso di sequestro finalizzato alla confisca ex art. 240 bis c.p., in forza dei pr stabiliti dalla sentenza delle Sezioni Unite “NOME“, e si contesta la possibilità da pa Tribunale del riesame di integrare la motivazione, come avvenuto nel presente caso.
Con memoria inviata per PEC, il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, la Corte prende atto che nessun rilievo viene mosso all’ordinanza impugnata in relazione alla delimitazione, ivi effettuata a pg. 7, del perimetro della decisio complesso dei beni di proprietà o comunque riferibili alla RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE con sede in Taranto, INDIRIZZO, destinato alla gestione di sale gioco e biliardi, essendo s ritenuto il riesame inammissibile in ordine ai beni ed ai compendi aziendali intestati ad soggetti (moglie e padre dell’indagato).
In sostanza, il thema decidendum assegnato dal ricorso alla Corte è circoscritto alla necessità di motivare il periculum in mora anche nel caso di sequestro diretto alla confisca ex art. 240 bis c.p. ed alla possibilità, per il Tribunale del riesame, di procedere alla integ della motivazione eventualmente carente dell’originario decreto di sequestro.
Le questioni proposte nel ricorso meritano entrambe risposta positiva.
In relazione al primo aspetto, occorre riconoscere che nella giurisprudenza di questa Corte sono sviluppati due orientamenti. Il primo indirizzo (in ordine cronologico), correttame sintetizzato nell’impugnata ordinanza, stabilisce che nel caso di sequestro finalizzato confisca allargata di cui all’art. 240-bis cod. pen. non vi sia necessità di una spe motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora “coincidendo esso con la confiscabilità del bene”. Tale indirizzo è stato enunciato per la prima volta nella pronun Sezioni Unite Montella (Sentenza n. 920 del 17/12/2003 Rv. 226492 – 01) ed è stato poi ribadito, tanto in epoca remota che recente, in pronunce (Sez. 1, n. 15908 del 19/01/2007 Cortellino Rv. 236430 – 01; Sez. 1, n. 1415 del 16/12/2003 Marzocchella Rv. 226640 – 01; Sez. 1, n. 16207 del 11/02/2010 Vendemini Rv. 247237 – 01; Sez. 6, n. 26832 del 24/03/2015 Simeoli Rv. 263931 – 01 e da ultimo Sez.4, n.25350 del 17/05/2023, Monteleone, n.m.) che, in verità, si sono limitate a riprendere l’affermazione di principio, secondo la quale a giustifi giudizio sul periculum sarebbe sufficiente la presenza di seri indizi di esistenza dell medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione de valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ci attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi.
A tale prima corrente ermeneutica se ne è andata di recente contrapponendo un’altra, ispirata dai principi formulati in tema di sequestro preventivo dalla sentenza delle Sezioni U `NOME‘ (sent. n. 36959 del 24/06/2021, Rv. 281848 – 01) ed in particolare dall’esigenza, ordine costituzionale e convenzionale, di dare adeguata attuazione al principio proporzionalità derivante dal combinato disposto degli artt. 3 e 42 Cost., in quanto rite canoni centrali del nostro ordinamento.
Si è così affermato (Sez. 5, n. 44221 del 29/09/2022, Poerio, Rv. 283810 – 01), andando anche oltre l’enunciato di NOME (che, è opportuno ricordare, si riferiva specificament sequestro preventivo di cui all’ad. 321 comma 2 c.p.p., finalizzato alla confisca di cui al 240 c.p.) che la pur concisa enunciazione delle specifiche ragioni che consentono di ravvisar un periculum nel ritardo tale da rendere necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo d
confisca rispetto alla definizione del giudizio, debba essere presente in ogni tipo di sequest e quindi anche in quello destinato alla successiva confisca, salvo si tratti di cose l fabbricazione, uso, porto, detenzione ed alienazione sia di per sé reato. Solo così, infat riesce a tenere separati concettualmente il piano della cautela dal giudizio di merito e si e che il sequestro, che dovrebbe avere funzione interinale e provvisoria, venga ad essere giustificato a priori dalla mera (successiva) assoggettabilità a confisca del bene, anche laddove non sia assolutamente necessario o proporzionale alle esigenze del caso concreto.
Questo Collegio ritiene di dover dare continuità al secondo filone ermeneutico, fondato su una visione più moderna e garantita dell’istituto piuttosto che sulla ripetizione di una for che appare tautologica e che, richiamando ai fini del periculum del sequestro i requisiti della confisca, rischia in sostanza di confondere i due piani, quello cautelare e quello del mer con una indebita anticipazione dell’effetto ablatorio.
Ciò detto, occorre valutare il secondo punto su cui si impernia il motivo del ricorso, rela alla possibilità o meno, per il Tribunale del Riesame, di integrare la motivazione carente ovve errata fornita dal giudice di primo grado con il provvedimento genetico.
Nell’originario decreto di sequestro, infatti, il giudice per le indagini preliminari del Trib Lecce, aderendo all’orientamento giurisprudenziale che in questa sede si ritiene superato (quello derivante dalla SU Montella, in sostanza) aveva ravvisato il periculum nell’accertata sussistenza dei presupposti che legittimano la confisca allargata di cui all’art.240 bis c. come riconosciuto anche nel provvedimento oggi impugnato (pg.7).
Sennonché, il Tribunale, con opportuno sforzo motivazionale, pur condividendo e convalidando la scelta ermeneutica predetta, si è cautelato (“Ad ogni buon conto…”, pg.9 facendo ricorso al potere di integrazione della motivazione ed evidenziando come le difficolt economiche della famiglia COGNOME giustificassero un concreto pericolo di dispersione dei beni, come desumibile dalla circostanza che nel luglio 2022 la consorte del ricorrente, NOME COGNOME, avesse già iniziato il processo di dismissione delle attività commerciali affittando i d’azienda di due pubblici esercizi a soggetti terzi, seppure collegati alla famiglia COGNOME.
In tale sforzo di sostituzione della motivazione originaria con un percorso argomentativ idoneo a soddisfare anche l’orientamento ermeneutico più esigente va sicuramente riconosciuto l’esercizio di un ius corrigendi inerente alla funzione superiore, in linea con il combinato disposto degli art.309 comma 9 e 324 comma 7 c.p.p., piuttosto che il tentativo di fornire una motivazione ad un provvedimento che ne fosse ab origine carente. È infatti solo la radicale mancanza di motivazione sul punto a causare la nullità dell’atto che, quale viz inerente alla forma dell’atto, non può essere emendato dal potere integrativo dell’organ superiore, nell’esercizio del proprio potere di controllo, secondo i principi generali (ex multis, Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019 Esposito Rv. 278509 – 01). Deve quindi trattarsi di una carenza radicale, tale da non consentire la verifica cui il riesame è deputato, condizione sicuramen non ricorrente nel caso di specie, ove il giudice genetico si è limitato a seguire orientamento giurisprudenziale, assolvendone l’onere motivazionale.
In base a quanto fin qui argomentato, la tesi difensiva risulta infondata. Ciò comporta rigetto del ricorso e, a mente dell’ari. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento de spese del procedimento.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il giorno 20 giugno 2024.