Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27130 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27130 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a PALERMO il 26/01/1996 NOMECOGNOME NOME nato a PALERMO il 05/01/1990 NOME COGNOME nato a PALERMO il 04/11/1968
avverso la sentenza del 01/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; lette le conclusioni scritte della parte civile, Ragusa NOME, che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata, depositando comparsa conclusionale e nota delle spese;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo, in esito a giudizio abbreviato, parzialmente riformando – limitatamente alla continuazione – la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Palermo, emessa il 15 marzo 2022, ha confermato la condanna dei ricorrenti alle pene di giustizia
ed al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili in relazione ai reati di rapina aggravata, porto, detenzione, ricettazione di armi clandestine e sequestro di persona contestati a COGNOME NOME e COGNOME NOME, nonché in ordine ai reati di detenzione illegale e ricettazione di arma comune da sparo contestati a COGNOME NOME.
Il Tribunale e la Corte di appello hanno ritenuto i ricorrenti COGNOME Francesco Paolo e COGNOME Manuel responsabili di una rapina a mano armata ad un furgone che trasportava un ingente quantitativo di tabacchi, che i rapinatori prelevavano trasferendolo su altro mezzo e tenendo in ostaggio le due guardie giurate che conducevano il furgone.
Nel corso delle indagini era stata accertata la detenzione illegale di una pistola calibro 38 da parte del ricorrente COGNOME.
Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro rispettivi difensori e con distinti atti.
3. De NOME Francesco Paolo.
3.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione di legge in ordine alla ritenuta responsabilità per il reato di sequestro di persona di cui al capo K.
La Corte non avrebbe adeguatamente valutato la circostanza che la privazione della libertà personale delle vittime era da ritenersi una modalità esecutiva del delitto di rapina ed in esso assorbita, dal momento che non si era protratta per un tempo ulteriore rispetto alla consumazione di quest’ultimo reato.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
4. NOME
4.1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata con argomenti sovrapponibili a quelli del ricorrente COGNOME Francesco Paolo a proposito dell’assorbimento del reato di sequestro di persona di cui al capo K in quello di rapina.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del ricorrente per tutti i reati ascrittigli, dal momento che non sarebbe stato sicuro il suo riconoscimento ad opera del personale di polizia giudiziaria che aveva visionato le videoregistrazioni e che si era basato su una incerta pregressa conoscenza dell’imputato.
5. COGNOME Salvatore.
5.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 649 cod. proc. pen., per non avere la Corte
ritenuto che il reato di cui al capo I) – detenzione illegale di una pistola calibro 38 – riguardasse lo stesso fatto precedentemente giudicato in altra sede, entrambi avendo avuto riguardo alla medesima arma, come dimostrato da una conversazione intercettata del 20 marzo 2016.
5.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione quanto al trattamento sanzionatorio, sia con riguardo alla pena base – che non avrebbe tenuto conto della riduzione per il rito abbreviato – sia in relazione agli aumenti di pena in continuazione, reputati eccessivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché proposti con motivi in parte generici ed, in parte, manifestamente infondati.
1. COGNOME Luca Francesco Paolo.
1.1. In ordine al primo motivo di ricorso – inerente al reato di sequestro di persona, rispetto al quale nulla viene dedotto dal ricorrente in ordine alla procedibilità – se ne deve rilevare la manifesta infondatezza al di là della piena ammissione di tutti gli addebiti contestatigli da parte dell’imputato.
In punto di diritto, deve ricordarsi il pacifico principio secondo il quale, il reato d sequestro di persona è assorbito in quello di rapina aggravata di cui all’art. 628, comma terzo, n. 2) cod. pen. solo quando la violenza usata per il sequestro si identifica e si esaurisce col mezzo immediato di esecuzione della rapina stessa, non quando invece ne preceda l’attuazione con carattere di reato assolutamente autonomo, anche se finalisticamente collegato alla rapina ancora da porre in esecuzione o ne segua l’attuazione per un tempo non strettamente necessario alla consumazione (in motivazione, la Corte ha precisato che è sufficiente che la privazione della libertà personale della vittima si sia protratta per un tempo successivo alla perpetrazione della rapina, essendo ininfluente il numero esatto dei minuti). (Sez. 2, n. 18913 del 28/04/2022, V., Rv. 283182-01; Sez. 2, n. 3604 del 08/01/2014, COGNOME, Rv. 258549-01; Sez. 2, n. 22096 del 19/05/2015, COGNOME, Rv. 263788).
Nel caso in esame, occorre fare riferimento congiunto alla motivazione della sentenza impugnata e di quella di primo grado, stante la conformità del giudizio di condanna dell’imputato.
I giudici di merito, attraverso riferimenti fattuali non rivedibili in questa sede hanno concordemente accertato che la privazione della libertà personale delle due guardie giurate si era protratta per un tempo maggiore rispetto a quello strettamente necessario alla consumazione della rapina, dal momento che il
furgone con la merce era stato preso in possesso dai rapinatori già all’atto dell’aggressione degli astanti in una pubblica piazza della città di Palermo, sicché l’ulteriore violenza esercitata sulle due guardie giurate – consistente nel fatto di averle recluse con minaccia di armi all’interno del furgone utilizzato dai rapinatori per la fuga fino al luogo in cui la merce era stata scaricata su altro mezzo costituisce una condotta ulteriore, non indispensabile e successiva alla consumazione del delitto contro il patrimonio (cfr. fg. 22 della sentenza di primo grado richiamata da quella di appello).
Per di più, come risulta dal resoconto delle dichiarazioni delle due persone offese fornito dal primo giudice (fgg. 9 e 10 della sentenza del GUP), risulta che le guardie giurate erano state ulteriormente costrette dai rapinatori, sia pure per pochi minuti, a rimanere all’interno del furgone anche dopo l’operazione di scarico della merce, all’evidente fine di non intralciarne la fuga.
Nel che, la corretta individuazione da parte dei giudici di merito di una ipotesi di concorso tra il reato di rapina aggravata e quello di sequestro di persona.
1.2. Il secondo motivo è generico in quanto il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha richiamato le gravi modalità del fatto ed i numerosi precedenti penali al fine di escludere il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Si deve rammentare che ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 2, n. 4790 del 16.1.1996, Romeo, rv. 204768).
2. NOME
2.1. Con riguardo al primo motivo di ricorso, possono valere, stante la sovrapponibilità delle censure, le considerazioni già espresse a proposito del ricorrente COGNOME Francesco Paolo quanto al mancato assorbimento del reato di sequestro di persona in quello di rapina.
2.2. In ordine al secondo motivo, se ne deve rilevare la genericità, dal momento che il ricorso sorvola del tutto sul fatto che gli operatori di polizia giudiziaria che avevano visionato le immagini delle telecamere poste sul luogo del delitto, avevano riconosciuto con certezza il ricorrente in uno dei rapinatori, avendone del medesimo una conoscenza diretta e pregressa in virtù di un precedente arresto effettuato nei suoi confronti.
Inoltre, la sentenza impugnata ha messo in luce, a conforto della sicurezza della individuazione, alcuni elementi, che il ricorso non richiama, quali l’obbiettiva identità della corporatura, delle altre fattezze fisiche e del portamento del rapinatore rispetto all’imputato, nonché la presenza di un particolare tatuaggio sulla mano sinistra tanto del rapinatore che del ricorrente.
3. COGNOME Salvatore.
3.1. In ordine al primo motivo di ricorso, deve rilevarsene la genericità rispetto alla motivazione della sentenza impugnata, che ha precisato, a fg. 14, come nessun certo elemento di prova fosse emerso alle indagini circa l’identità dell’arma detenuta dal ricorrente con quelle già in suo possesso che erano individuate nell’ambito di precedente processo a suo carico, in considerazione del fatto che il ricorrente era aduso a detenere una moltitudine di armi e nelle intercettazioni vi erano indicazioni specifiche inerenti alla diversità dell’arma di cui si discute in questo processo rispetto a quelle precedentemente detenute ed in relazione alle quali egli era stato condannato in altra sede.
3.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto la Corte di appello ha determinato la pena base tenendo conto della riduzione del rito abbreviato (da anni sei ad anni quattro di reclusione), giustificando la sanzione e l’aumento di pena in continuazione in ragione delle gravi modalità dei fatti e della negativa personalità del ricorrente in quanto inserito in contesti criminali (fg. 16 della sentenza impugnata).
Il ricorso sorvola del tutto su tali specificazioni, rivelandosi anche generico.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.
Deve, infine, essere respinta la richiesta di liquidazione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Ragusa Giuseppe, la cui comparsa conclusionale non ha apportato alcun elemento utile alla decisione, non confrontandosi con alcuna delle censure dedotte dai ricorrenti (da ultimo, Sez. 4, n. 10022 del 06/02/2025, Altese, Rv. 287766-01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Rigetta la richiesta di rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOMECOGNOME
Così deciso, il 15/05/2025.