Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20817 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20817 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/11/2023 del Tribunale per il riesame di PESCARA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; tette le conclusioni del PG , dott.ssa NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento
con rinvio del provvedimento impugnato.
1.11 Tribunale per il riesame di Pescara con ordinanza del 20-21 novembre 2023 ha rigettato la richiesta di riesame nei confronti del provvedimento con il quale il G.i.p. del Tribunale di Pescara il 23 ottobre 2023 ha convalidato il sequestro effettuato dalla polizia giudiziaria con oggetto somme di denaro e disposto il sequestro preventivo delle stesse.
Oggetto della apprensione cautelare sono 6.00 .0,00 euro in contanti rinvenuti nella materiale disponibilità di NOME COGNOME il 18 ottobre 2023 nel corso di perquisizione domiciliare della polizia giudiziaria, incaricata della esecuzione dell’ordinanza con cui il G.i.p. del Tribunale di Pescara il 9 ottobre 2023 ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere – anche – nei confronti di COGNOME NOME, indagato, tra l’altro, per numerosi episodi di cessione, anche in concorso con altri, di droga pesante (capi n. 121 e dal n. 123 al n. 142 dell’editto: violazione dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), fatti ipotizzati come commessi da gennaio a marzo 2023.
Il Tribunale per il riesame ha ritenuto essere stato legittimamente disposto dal G.i.p. il sequestro ai sensi del combinato disposto degli artt. 85-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 e 240-bis cod. pen., non essendo stato l’indagato (che – si riferisce – in sede di interrogatorio di garanzia ha ammesso gli addebiti) in grado di giustificare adeguatamente la provenienza del denaro trovato nella sua disponibilità, risultando, quale unica fonte di reddito nota di COGNOME, il reddit percepito nell’anno 2021 di meno di 3.800,00 euro quale corrispettivo di lavoro svolto alle dipendenze della ditta di RAGIONE_SOCIALE del genitore, mentre non sarebbero emerse, essendo state solo genericamente allegate, dazioni paterne a titolo di liberalità.
Ciò premesso, ricorre per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con cui lamenta più violazioni di legge, anche sotto il profilo della mancanza di motivazione (artt. 240 e 240-bis cod. pen., 73, comma 7, e 85-bis del d.P.R. n. 309 del 1990, 321, 324 e 125 cod. proc. pen.).
Premesso che il G.i.p. aveva ritenuto parte della complessiva somma, peraltro non precisata, da sequestrarsi ai sensi dell’art. 240 cod. pen. (in funzione di confisca “diretta”), essendo provento dell’attività di spaccio, ed altra parte, del pari non precisata, da sequestrarsi ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen. (in funzione di confisca “allargata”), non potendo l’indagato giustificare il denaro presente nella sua disponibilità in misura sproporzionata al reddito, e che il Tribunale per il riesame, invece, ha ritenuto l’intera somma correttamente posta
sotto cautela ai sensi dell’art. 240 -bis cod. pen., si sottopone a censura il provvedimento sotto i seguenti profili.
In primo luogo, per non avere risposto alla doglianza difensiva circa la provenienza del denaro dall’attività di spaccio e, dunque, circa il nesso di pertinenzialità, indispensabile ai sensi dell’art. 240 cod. pen., avendo il Tribunale, diversamente dal G.i.p., ritenuto, ma senza fornire spiegazione al riguardo, di dover fare applicazione per l’intero importo di denaro della disciplina di cui all’art. 240-bis cod. pen. Non avrebbe il Tribunale motivato sulla sussistenza del nesso di pertinenzialità tra le condotte ipotizzate, risalenti a dieci mesi addietro, e il denaro rinvenuto, non essendovi al riguardo riscontri specifici.
Inoltre, poiché, come precisato dalle Sezioni Unite (si richiama al riguardo Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 282037, secondo cui «La confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione»), la confisca del denaro, quale profitto di reato, deve sempre essere considerata come confisca diretta, e non già per equivalente, ne conseguirebbe – afferma la Difesa – che è sempre possibile dimostrarne la natura lecita. Sotto tale aspetto, si censura il provvedimento per avere totalmente trascurato (additandolo a “generica asserzione”, p. 3) il contenuto delle sommarie informazioni acquisite dal Difensore in data 16 novembre 2023 ed allegate già al Tribunale di Pescara ed ora accluse al ricorso, avendo il genitore dell’indagato, titolare di una ditta di RAGIONE_SOCIALE, dichiarato di corrispondere mille euro al mese al figlio, che inoltre – s assume – è in grado di guadagnare circa ulteriori ottocento euro al mese “in nero” svolgendo personalmente attività di manutenzione straordinaria presso i clienti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Mancherebbe, dunque, motivazione sulla ritenuta sproporzione tra il denaro rinvenuto, costituente comunque una somma non particolarmente rilevante (seimila euro e non già un bene di indubbio oggettivo valore quale potrebbe essere, ad esempio – si evidenzia nel ricorso – un’automobile di lusso), e le capacità di guadagno lecito dell’imputato.
Il Procuratore Generale della RAGIONE_SOCIALE nella requisitoria scritta del 18 gennaio 2024, ravvisando mancanza di motivazione, ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
In primo luogo, si osserva come, a ben vedere, nonostante si rinvenga qualche incertezza nella motivazione, il giudizio di sproporzione da parte del Tribunale ha investito l’intera somma sin dall’origine.
In ogni caso, il ricorso, a ben vedere, è concentrato non già su una violazione di legge, che è solo nominalisticamente evocata, ma su un preteso vizio di motivazione: sicchè deve farsi applicazione nel caso di specie del consolidato – e condiviso dal Collegio – principio di diritto della non ricorribili per vizio di motivazione dei provvedimenti in tema di sequestro. Infatti: «Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Conf. S. U., 29 maggio 2008 n. 25933, COGNOME, non massimata sul punto)» (così Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239592; conformi le Sezioni semplici successive, tra cui v. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e altro, Rv. 269656; sino alla recente pronunzia di Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608).
Infatti, il Tribunale (alle pp. 2-3 del provvedimento impugnato) ha ritenuto, anche con richiamo di pertinente giurisprudenza di legittimità (cioè Sez. 4, n. 20130 del 19/04/2022, NOME, Rv. 283248), essere stato legittimamente disposto il sequestro da parte del G.i.p. ai sensi del combinato disposto degli artt. 85-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 e 240-bis cod. pen., non essendo necessario nel caso di specie motivare circa il nesso di pertinenzialità etl A/o t. essendo stato COGNOME NOME, il quale è indagato per numerose cessioni di droga pesante (art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990), in grado di giustificare adeguatamente la provenienza del denaro trovato nella sua disponibilità, risultando, quale unica fonte di reddito per l’anno 2021 il corrispettivo di circa 3.800,00 euro per lavoro svolto alle dipendenze della ditta di RAGIONE_SOCIALE del padre, e non essendo emersa, ad avviso dei giudici di merito, sufficiente prova di altre lecite entrate, che vengono solo genericamente affermate.
Non essendo quindi la motivazione risultante dalla lettura congiunta dei provvedimenti del Tribunale per il riesame e del G.i.p. mancante né manifestamente irragionevole o incongrua, il ricorso risulta essere inammissibile.
Infine, non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima congrua e conforme a diritto, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2024.