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Sequestro di denaro: quando è sproporzionato?

Un individuo, trovato in possesso di stupefacenti e di una cospicua somma di denaro, ha presentato ricorso contro il sequestro preventivo dei suoi beni. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la misura era legittima. La decisione si fonda sul principio del sequestro di denaro sproporzionato, evidenziando come la somma sequestrata fosse incompatibile con i redditi leciti dichiarati dall’indagato. La Corte ha sottolineato che la semplice emissione di fatture non costituisce prova di un’entrata economica reale se non accompagnata da prove di effettivo pagamento, e che le giustificazioni generiche sulla condivisione delle spese familiari non sono sufficienti a dimostrare la liceità dei fondi.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro di Denaro Sproporzionato: La Cassazione Conferma la Misura Cautelare

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: il sequestro di denaro sproporzionato rispetto alle capacità reddituali di un indagato. Il caso in esame offre importanti spunti di riflessione sull’onere della prova riguardo alla provenienza lecita delle somme e sui criteri che guidano i giudici nella valutazione della coerenza tra patrimonio e redditi dichiarati.

I Fatti del Caso: Droga e Denaro Contante

La vicenda trae origine da un’indagine a carico di un soggetto trovato in possesso di un quantitativo significativo di sostanze stupefacenti (eroina e cocaina), oltre che di strumenti per la pesatura e il confezionamento. Durante la perquisizione, le forze dell’ordine rinvenivano e sequestravano una somma di 6.530 euro in contanti. L’indagato, pur ammettendo un’attività di spaccio da alcuni mesi, proponeva ricorso al Tribunale del Riesame per ottenere la restituzione del denaro, sostenendo che fosse di provenienza lecita e giustificato dalla sua attività lavorativa.

A sostegno della sua tesi, la difesa produceva documentazione fiscale, tra cui una dichiarazione dei redditi per l’anno precedente di circa 10.000 euro e fatture elettroniche emesse nell’anno in corso per un importo simile. Si argomentava inoltre che le spese di sostentamento erano in gran parte coperte dalla compagna.

La Valutazione del Sequestro di Denaro Sproporzionato

Il Tribunale del Riesame prima, e la Corte di Cassazione poi, hanno rigettato le argomentazioni difensive, confermando la legittimità del sequestro. La decisione si fonda su un’attenta analisi della sproporzione tra il denaro rinvenuto e le fonti di reddito lecite documentate.

L’Onere della Prova della Provenienza Lecita

I giudici hanno ritenuto la documentazione prodotta insufficiente a superare il quadro indiziario. In particolare, è stato osservato che:
1. I Redditi Dichiarati: A fronte di un reddito dichiarato di circa 10.000 euro nel 2023, l’indagato aveva sostenuto una spesa di pari importo per l’acquisto di un’autovettura, rendendo inverosimile la capacità di accumulare un risparmio di oltre 6.500 euro.
2. Le Fatture Elettroniche: La mera emissione di fatture per l’anno 2024 non è stata considerata prova di un’effettiva entrata economica, in assenza di documentazione che attestasse l’avvenuto pagamento delle stesse.
3. Il Sostentamento Familiare: L’affermazione secondo cui le spese correnti erano a carico della compagna è stata giudicata generica e non provata. L’analisi del conto corrente della donna, infatti, mostrava accrediti dall’INPS e non un flusso di reddito tale da giustificare il sostentamento dell’intero nucleo familiare.

La Sussistenza del “Periculum in Mora”

La Corte ha inoltre confermato la sussistenza del cosiddetto periculum in mora, ovvero il pericolo che la libera disponibilità del denaro potesse aggravare le conseguenze del reato. Poiché l’indagato aveva ammesso l’attività di spaccio, il denaro è stato considerato un potenziale strumento per il reinvestimento nell’attività illecita o, comunque, a rischio di dispersione, giustificando così la necessità della misura cautelare.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che le doglianze sollevate dalla difesa miravano a una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di legittimità. La motivazione del Tribunale del Riesame è stata giudicata ampia, coerente e priva di vizi logici. Il Tribunale aveva correttamente bilanciato le fonti di reddito certe (dichiarazione dei redditi) e quelle incerte (fatture non pagate), concludendo per un’evidente sproporzione rispetto alla somma sequestrata. La Corte ha ribadito che, in un contesto indiziario grave come quello di specie, spetta all’indagato fornire una prova rigorosa e positiva della provenienza lecita del denaro, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: di fronte a gravi indizi di colpevolezza per reati che generano profitto, la disponibilità di somme di denaro contante sproporzionate rispetto ai redditi leciti fa scattare una presunzione sulla loro provenienza illecita. Per vincere tale presunzione, non bastano affermazioni generiche o documentazione incompleta, ma è necessario fornire una prova concreta e plausibile della liceità dei fondi. La sentenza serve da monito sull’importanza di una contabilità trasparente e documentata, specialmente quando si opera in contesti che possono attirare l’attenzione delle autorità giudiziarie.

Quando una somma di denaro può essere considerata sproporzionata e quindi soggetta a sequestro?
Una somma di denaro è considerata sproporzionata quando il suo ammontare è palesemente incompatibile con le fonti di reddito lecite e documentate di una persona. La valutazione tiene conto del reddito dichiarato, delle spese sostenute (come l’acquisto di un’auto) e della capacità di risparmio realistica del soggetto.

È sufficiente presentare delle fatture per dimostrare la provenienza lecita del denaro?
No. Secondo la sentenza, la sola emissione di fatture non è sufficiente a dimostrare un’entrata economica reale. È necessario provare che a tali fatture sia seguito un effettivo pagamento, altrimenti vengono considerate fonti di reddito “incerte” e non idonee a giustificare la disponibilità di contante.

In cosa consiste il ‘periculum in mora’ che giustifica un sequestro preventivo di denaro?
Il ‘periculum in mora’ (pericolo nel ritardo) consiste nel rischio concreto che la libera disponibilità del denaro, ritenuto provento di reato, possa essere utilizzata per commettere altri reati (ad esempio, reinvestendolo nell’attività di spaccio) o possa essere dispersa, rendendo impossibile un’eventuale confisca futura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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